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A Parigi Rodin e la luce dell’antico

Rodin tra le opere della sua colleizone di marmi anitchi

Da una piccola ciotola in terracotta del VI secolo a.C. spunta la silhouette di un nudo femminile di fine Ottocento, plasmato in gesso da Auguste Rodin (1840-1917). E’ un incredibile assemblaggio, come una premonizione delle bizzarrie di Marchel Duchamp, ma ovviamente privo di provocazioni “dada”, realizzato dal celebre scultore francese, ispirato da quel vaso greco acquistato per la propria collezione di antichità. Nel peristilio della sua villa des Brillantes a Meudon, poco fuori Parigi, comprata nel 1895 e oggi museo, Rodin espone per sé centinaia di pezzi d’arte classica. “Frammenti degli dei per la mia gioia”, scriverà, “la benedizione della mia vita”.

La collezione anitchità nel peristilio della villa di Meudon

Quella stranezza greco-ottocentesca non è l’unico esemplare che lascia a bocca aperti nella bellissima mostra che il Musée Rodin, il palazzetto chiamato hôtel Biron in rue de Varenne che era la sua dimora parigina, dedica al rapporto dello scultore con l’arte classica esponendo circa 250 opere. Molte già di proprietà dello scultore e normalmente custodite nei depositi del museo. S’intitola “Rodin la lumière dell’antique” e dopo una prima tappa al Musée Départemental di Arles da aprile a settembre si è spostata nella capitale, dove rimarrà fino al 16 febbraio.

Coppa greca e gesso di Rodin

La modernità di quell’insolito assemblaggio di un pezzo greco e un gesso moderno non sta solo nell’aver anticipato, per certi aspetti, il “ready-made” dei dadaisti o il collage dei cubisti, che avrebbero proposto, da lì a poco, l’ammissione di insignificanti oggetti d’uso nella sfera sacra dell’opera d’arte. Non vi è questo atteggiamento concettuale e di scommessa in Rodin, ma piuttosto il retaggio tutto romantico del gusto per il frammento, che insieme al recupero del “non finito” di Michelangelo, dichiaratamente il suo faro, lo guida istintivamente verso formule inaspettatamente moderne.

Ecco perché Rodin piace davvero a tutti. E ci seduce profondamente. Non vuole rompere con il passato né con l’arte del suo tempo, anche perché è lo scultore più acclamato in Francia nell’Ottocento, richiesto a compiere prestigiose opere pubbliche. Come un equilibrista, Rodin resta sul filo di passato e presente. Così connette antico e moderno. Così diviene il maestro di riferimento per le nuove generazioni e per quelle a venire, senza rinnegare nulla del passato.

Hotel Brion casa dell’artista e museo

Anzi attinge a piene mani nell’arte che lo ha preceduto e in particolare nell’antico, come la mostra riesce meravigliosamente a visualizzare con rimandi e confronti di grande stimolo. Per esempio tra il suo “Monumento a Victor-Hugo” e il celebre gruppo del Laocoonte. La Venere di Milo, il Fauno Barberini, il Torso del Belvedere, sono prototipi dell’antichità replicati infinite volte e ammiratissimi, che rivivono di vita nuova nei gessi e nei marmi di Rodin. E gli accostamenti in mostra non hanno nulla di banale né di pretenzioso o forzato, poiché, come si è visto, è lo stesso Rodin a giocare in più occasioni sugli accostamenti: assemblaggi, copie, rivisitazioni di modelli antichi. Fino all’assorbimento di canoni estetici e di una sensibilità che dalla mera citazione porta alla più profonda attualizzazione del passato. Lo aveva detto lui stesso, d’altronde: “Un’arte che abbia vita non riproduce il passato: lo continua”. Ecco perché, non appena il successo gli ha consentito di acquistare opere d’arte per sé, lo scultore si circonda di pezzi antichi greci, etruschi e romani; marmi, frammenti di colonne e di statue, anche minimi. Perché da quelle pietre lui sapeva ascoltare una voce, un richiamo forte, fonte di attrazione e linfa per la sua creatività. Sta in piedi, ore e ore, in mezzo a loro. In ammirazione. Inizia così un gioco di rimandi infiniti tra il modello o la modella, viventi, che posano per lui, immobili come marmo, e il marmo stesso, antico, che aveva rapito la vita per sempre. E da lì al nuovo marmo plasmato da Rodin. Nuova vita dalla pietra. Nuova luce, come la mostra ci fa capire.

 

 

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