Print Friendly and PDF

Un tram che si chiama desiderio

Guaiti, sbraiti, litigi e botte per “Un tram che si chiama desiderio” di Antonio Latella, spettacolo che ha concluso il 24 marzo al Piccolo Teatro Grassi una lunga tournee e che ha riscosso pressoché inspiegabili successi e ovazioni tra pubblico e critica (Premio Hystrio e Premio Ubu alla regia, Premio Hystrio all’interpretazione e Premio Le Maschere del Teatro come miglior attrice protagonista a Laura Marinoni, premio Le Maschere del Teatro e Premio Ubu come miglior attrice non protagonista a Elisabetta Valgoi). Il quarantacinquenne Antonio Latella, giovane promessa (siamo in Italia) della regia teatrale, si forma allo Stabile di Torino e presso La Bottega Teatrale di Firenze, diretta da Vittorio Gassman, e ha già collezionato ruoli come attore in svariati spettacoli e firmato diverse regie.

Con questo spettacolo Latella vorrebbe stravolgere il capolavoro di Williams per cercare l’ interpretazione che porterebbe a rileggere e rivedere il testo in maniera completamente nuova (confermando l’ipotesi secondo la quale oggi spesso un regista si sente soddisfatto anzitutto se il risultato del suo lavoro appare, appunto, “nuovo”). La grande novità di Latella sta nel concentrarsi soprattutto su Blanche, Laura Marinoni, la sorella maggiore di Stella, Elisabetta Valgoi, e quindi rappresentare tutto lo spettacolo come se fosse filtrato dalla sua mente. Blanche, alta, bella, cresciuta nella ricchezza e negli agi, è ora una donna segnata da un trauma che l’ha fatta scivolare nel baratro dell’alcolismo e della ninfomania. Il suo orgoglio, già ridotto ai minimi termini, diventa pazzia nel momento in cui si rende conto di essere capitata in una situazione ancora più precaria e confusa della sua stessa vita: la sorella è sposata con Stanley,Vinicio Marchioni, giovane, burbero e violento polacco, da cui aspetta un figlio. Nella difficile gestione famigliare tra Stella e Stanley, però, fatta di urla, litigi, casa frequentata da amici ubriachi e continua reciproca mancanza di rispetto fra tutte le parti, i due coniugi si ritrovano e hanno un loro particolare equilibrio, da cui Blanche è completamente esclusa. Ed è questo che interessa a Latella, che costruisce un dramma in cui la violenza e le grida della vita di tutti i giorni si Stella e Stanley diventano proiezioni e echi della mente di Blanche, che quasi non si muove in una scena invece piena di oggetti e arredamenti che gli altri attori utilizzano e spostano: Blanche è sola, osserva e cerca di reagire ai suoi dolori e a trovare delle ragioni di vita in uno spazio che però è necessariamente ripiegato solo e unicamente s se stesso. Blanche cerca aiuto in luogo che si rivela però troppo autoreferenziale e chiuso per poterla soccorrere. Guaiti, sbraiti, litigi e botte tra persone che non hanno spazio per lei, e da cui lei non può ricevere che disinteresse. In un lavoro che alla fine risulta banale e auto compiaciuto: la distanza tra Blanche e il resto della chiassosa combriccola dovrebbe essere il motivo per cui la lettura registica di Latella risolve lo spettacolo e lo rende in modo originale e interessante.

SCHEDA TECNICA:

“Un tram che si chiamava desiderio”

Piccolo Teatro Grassi, Milano

5-24 marzo

Regia di Antonio Latella

Orari: martedì-sabato, ore 19.30. Mercoledì, giovedì,venerdì ore 20.30. Domenica ore 16. Lunedì riposo.

Durata: tre ore con intervallo.

Prezzi: platea 33 euro, balconata 26.

Info. 848800304, www. piccoloteatro.org

Commenta con Facebook

leave a reply