Si intitola Milano Vienna Berlino la mostra che allo Spazio Oberdan di Milano cerca di affrontare il complesso problema di Giovanni Testori talent scout e critico militante negli anni ottanta. Il fermento creativo che si aggirava in Europa intorno a un’onda neo-espressionista affascina lo scrittore di Novate, tanto da essere un vero protagonista di quella stagione. La mostra è divisa in quattro sezioni: Austria ,Germania , Svizzera, Italia. Testori sente il polso di quella storia a contatto diretto e lo testimoniano i libri, i cataloghi, e gli innumerevoli articoli sul Corriere della Sera. Mimmo di Marzio è il curatore di questo progetto, che in tempi duri riesce a stringere i denti per arrivare a costruire con pochissimi mezzi una mostra importante. Anch’io sono stato invitato insieme ad altri tre artisti italiani nella sezione finale che riguarda evidentemente l’Italia. Una visita rapida nelle sale dello Spazio Oberdan mi ha riportato a quel periodo in qualche modo glorioso e per tante ragioni per me indimenticabile. Milano è stata di questa storia una delle vere capitali. E va un pensiero obbligato al mitico Bar Fossati di Corso Garibaldi che molti ricorderanno come il centro della vita notturna ma anche diurna di quel periodo altamente etilico. Frequentato da un mondo assurdo degno di Balzac quasi tutti gli artisti che qui potete vedere ci sono certamente passati. Ma rivedendo nell’insieme queste opere si avverte chiara la sensazione che, malgrado le debolezze che ci possono essere, i richiami e le citazioni, si sente potente la necessità di fare pittura in grande, di andare diretti al cuore della faccenda , senza girarci intorno. Non c’era in quel momento lo spazio per confondere l’arte col design come avverrà nel decennio successivo. Un clima particolare e ispirato. E’ accaduto altre volte nel passato che artisti, che poi potremmo giudicare comprimari, hanno assorbito quell’energia momentanea per cui nessun quadro risulta essere sbagliato. Se andiamo a vedere questo è successo all’inizio del secolo scorso col Futurismo e più o meno negli stessi anni col Die Brucke. La tensione è nell’aria. La febbre trascina quest’onda. Ma è difficile che situazioni così siano più lunghe dell’arco di un decennio. Tanto è vero che gli equilibri cambiano, e molti non troveranno più quella magia. Comunque si respira una temperatura profondamente nordica. Rispetto a quello che il cosidetto neoespressionismo aveva prodotto in Italia col fenomeno cruciale della Transavangurdia l’atmosfera è meno trasognata ma più cruda e ostile. Testori è stato sempre attratto per la sua storia personale e forse di tutta la sua generazione da Parigi, ma capisce al volo che l’asse si è spostato velocemente su Berlino. Allora tutto il suo amore per le Germania che partiva da Grunewald passando per Otto Dix, Schad e tutta la Nuova Oggettività trova subito un terreno fertile per il suo DNA.. Qui i brani scelti dello scrittore lombardo che accompagnano la mostra e il catalogo Skira sono qua e là dei pezzi di vera letteratura . Lo stile cambia di continuo. Sempre ispirato. E nel giro di pochissimi anni. A volte in alcuni testi si percepisce la sua necessità di indagine per capire poniamo il problema del ritratto quando parla di Josef Kern, per poi passare così senza avviso a veri e propri brani poetici dedicati al mito e all’Italia quando ci descrive l’opera di Enzo Cucchi. Così come i testi e le poesie per Rainer Fetting sono partecipate emotivamente e quasi amorose. Ma se avete voglia andate a rileggere il testo per la mostra della Rotonda della Besana, come descrive il lavoro incessante e schizzofrenico di Willy Varlin nello studio di Bondo, il grande artista svizzero che in questa mostra è rappresentato da una tela che non si dimentica ispirata alla Quinta del Sordo di Goya, il cui vero nome era Guggheneim, ma che ha scelto di farsi chiamare Varlin in omaggio a un anarchico morto durante la Comune di Parigi.
splendida mostra visitata sabato scorso, ci tornerò.