La sindrome di Peter Pan
Spettacolarizzazione del divertimento, fascino del pericolo e partecipazione attiva del pubblico. Entrare in un museo oggi può rivelarsi una vera e propria sorpresa se gli artisti chiamati a esporre sono Tomás Saraceno e Carsten Höller. Il rapporto con il futuro e una visione utopistica è il filo conduttore che accomuna entrambi, oltre al fatto che la loro opera ha un senso solo se viene fruita dai visitatori.
“One Space Time Foam” realizzata da Tomás Saraceno nello spazio dell’Hangar Bicocca di Milano ha richiesto mesi di progettazione e sperimentazione coinvolgendo un team congiunto di architetti e ingegneri. Lo spazio si genera con l’ingresso delle persone, si moltiplica con il loro peso, su tre livelli diversi di pellicole trasparenti sospese. Chi ha provato l’esperienza ha galleggiato spinto dall’aria e dallo spostamento provocato dalle altre persone che interagivano entrando e modificando le membrane, sperimentando una sincronicità dei movimenti. Ma l’artista ha esposto il progetto anche per portare la gente a ragionare sui temi delle nuove emergenze globali, sulla crisi ambientale e sulle nuove ipotesi di coesione sociale: dall’ecologia allo sviluppo sostenibile. E’ un gioco in cui Saraceno si diverte a mettere in crisi la stabilità estetica ed emotiva dello spettatore. L’artista sembra suggerire che paura e piacere sono termini che non devono mai più essere disgiunti.
La sensazione di pericolo è stata la causa principale del grande impatto suscitato dall’installazione “Test Site” di Carsten Höller allestita nella Turbine Hall del Tate Modern di Londra. Lo spazio è stato completamente trasformato da cinque scivoli di plexiglass e acciaio, il più lungo dei quali della misura di 60 metri, organizzati sui cinque livelli del museo. I visitatori hanno avuto accesso liberamente, il biglietto era gratuito, ma non prima di aver firmato una serie di liberatorie.
In una discesa che dura fino a 12 secondi l’atterraggio pare, non è sempre morbido, tanto che la stampa aveva messo seriamente in dubbio le condizioni di sicurezza. Per l’artista l’esperienza di scivolare è quella che concede un momento di fuga, mentale e fisico, dalla realtà e dal luogo, per raggiungere uno stato di delizia e ansia, una dimensione più lontana, emotivamente e visivamente più intensa. La combinazione di più elementi da sperimentare sensorialmente è alla base della mostra “Experience”, allestita da Carsten Höller al New Museum di New York, il “contenitore” d’arte contemporanea più controcorrente della City.
Oltre allo scivolo turbo disposto su tre piani c’è una vasca di deprivazione sensoriale in cui immergersi, una giostra di specchi e luci su cui ruotare e una stanza di funghi giganti dall’aspetto psichedelico. In questo parco giochi a prova d’artista per amplificare la normale pulsione e la percezione dello spazio si indossano anche occhiali speciali. L’effetto è quello di modificare la percezione dello spazio generando una visione rallentata della realtà.
L’opera di Carsten Höller dà senso compiuto all’onirico, al sogno, alla catalizzazione delle esperienze e dei luoghi che si vivono in un’atmosfera sospesa di attesa e di incanto. E’ da dubitare che l’arte sia sufficiente a riscattarci dalla bruttezza del mondo e dalla sua invivibilità ma se il mondo è diventato una brutta copia di se stesso, al quale non crediamo più, l’arte non potrebbe contribuire a ridarci delle ragioni per credere in una percezione diversa? In una sua diversa fruizione? E’ una dimostrazione da cui entrambi gli artisti sembrano inevitabilmente ripartire per cercare di comprendere come i nostri sensi, pur rimanendo ciò che sono, possono diventare il trampolino di lancio di una forma di conoscenza molto più intensa di quella cui di regola siamo rassegnati. Tomás Saraceno e Carsten Höller sapranno sempre in qualche modo coinvolgerci a partire dal basso, cioè dal sentirsi vivere e dallo scoprire che il sentirsi vivere è anche esplorare l’ambiente e cominciare ad accedere a diversi significati che lo travalicano e lo riformulano ad un tempo.