Il crowdfunding per Haiti 5 anni dopo. HAITI AFTERMATH
La cifra di18mila euro è tutt’altro che alta se si considera la nobiltà della causa e la professionalità del lavoro: un libro fotografico realizzato dal fotoreporter Riccardo Venturi, vincitore di numerosi premi, tra cui il World Press Photo (1997, 2011), per documentare Haiti cinque anni dopo il terribile terremoto di magnitudo 7.0 Mw che il 12 gennaio 2010 si abbatté sull’isola, causando centinaia di migliaia di vittime e le cui conseguenze sono tuttora visibili con 170mila sfollati, 600mila haitiani in condizioni di insicurezza alimentare e più di 50mila nuove infezioni di colera ogni anno.
I tempi però stringono perché si chiuderà il 14 gennaio 2015 la campagna di crowdfunding, ospitata dalla piattaforma internazionale KissKissBankBank e finora sono stati raccolti quasi 5mila euro.
“Haiti Aftermath”– questo il nome del progetto per il quale Riccardo Venturi ha già ricevuto vari premi tra i quali il World Press Photo 2011, primo premio “General news”, secondo premio Luis Vultena Award– servirà a raccogliere i fondi necessari per la realizzazione di un nuovo reportage nella capitale haitiana Port-au-Prince e un volume di 60 immagini in bianco e nero, scattate dai primi giorni del sisma a oggi, la cui stampa e distribuzione sarà curata daPeliti Associati, casa editrice fondata nel 1986 da Mario Peliti e specializzata nella fotografia d’autore.
Il libro avrà un formato 24×30 e sarà composto da circa 144 pagine, stampa a 4+4 + vernice a fondo, carta Tatami White da 150 gr/mq. La colletta servirà anche alla realizzazione di risguardi non stampati su carta Sirio da 140 gr/mq, confezione in cartonato cucito a filo refe, dorso quadro, capitelli, cartone 3 mm e rivestimento plancia di copertina stampa serigrafica a 2 colori, Tela Cialux.
Coloro che contribuiranno (donazione a partire da 5 euro) riceveranno come “ricompense”, oltre a una copia dell’opera con dedica, incontri con l’autore, letture portfolio, stampe e altro ancora.
Il crowdfunding è supportato, tra gli altri, da INTERSOS, organizzazione umanitaria senza fini di lucro fondata nel 1992 che opera a favore delle popolazioni in pericolo, vittime di calamità naturali e di conflitti armati e Shoot4Change, organizzazione no-profit internazionale formata da fotografi professionisti e amatoriali impegnati nella produzione di reportage fotografici a favore delle Ong e di altre organizzazioni.
«Haiti Aftermath nasce dalla volontà di andare oltre le stime ufficiali per documentare, monitorare e descrivere lo stato delle cose a cinque anni di distanza dalla catastrofe- dichiara Riccardo Venturi, romano classe 1966- per riaprire quel sipario chiuso troppo in fretta e mantenere viva l’attenzione sulla vicenda della popolazione haitiana, sulle sue condizioni di vita e sui suoi bisogni. Lavoravo a Roma quando sono arrivate in Italia le prime notizie del terribile terremoto di Haiti, il 12 Gennaio 2010.
Mentre leggevo i giornali mi sono ritrovato a pensare alla prima volta in cui avevo conosciuto la crudeltà della terra che trema. Era il 1989, in Irpinia, Campania ed ero lì a documentare lo scandalo dei fondi e la mancata ricostruzione delle zone colpite a dieci anni di distanza dalla catastrofe. Ho deciso così di partire e il progetto Haiti Aftermath è nato su due piedi e senza un assignment, ma dall’intima convinzione che fare il fotoreporter oggi, in un’epoca in cui tutto sembra già visibile e a portata di mano, significa offrire un servizio di mediazione culturale, traducendo atmosfere, sensazioni e urgenze in immagini».
Venturi racconta di essere arrivato a Port-au-Prince quattro giorni dopo il terremoto e di aver trovato un paese capovolto e in preda al caos, di aver dormito in tenda nel giardino di un amico, ma di essersi sentito sempre a casa e comunque desideroso di approfondire con il suo obiettivo fotografico la tragica realtà cui assisteva.
«Io ero lì, al centro dell’Inferno, mentre il mondo intero piangeva le 250.000 vittime, faceva i conti con 3 milioni di persone coinvolte e aspettava di conoscere l’entità dei danni materiali». «Dopo quel terribile gennaio sono tornato ad Haiti in diverse occasioni perché non mi bastava raccontare soltanto il momento tragico del terremoto, volevo capire come questo evento avesse afflitto la vita quotidiana delle persone» aggiunge il fotoreporter che chiede un pubblico supporto «per poter realizzare un lavoro fotografico che merita di vedere la luce, per dare voce a una popolazione che è stata tristemente dimenticata». «Dai miei progetti sono già nati diversi libri in passato: “Sette minuti” (2000), “Afghanistan Il Nodo del Tempo” (2004), “NO, Contro gli incidenti sul lavoro” (2008) e “De Istambul a El Cairo”(2009). Questa volta però vorrei provarci in maniera diversa, coinvolgendo il maggior numero di persone possibili, in modo che questo volume possa acquisire forza e diventare un progetto corale, espressione di una volontà comune».
Note biografiche:
Riccardo Venturi intraprende la carriera di fotogiornalista alla fine degli anni Ottanta, documentando le problematiche sociali italiane ed europee come l’immigrazione clandestina, il sorgere dei movimenti neonazisti in Germania o i primi anni della democrazia in Albania.
In particolare la sua inchiesta-dossier sullo scandalo dei fondi per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto in Irpinia gli procura le prime importanti pubblicazioni sui quotidiani e settimanali italiani.
Dalla metà degli anni Novanta si concentra sui conflitti in atto in vari Paesi, innanzitutto l’Afghanistan, reportage con il quale nel 1997 ha conseguito il prestigioso premio “World Press Photo”, e poi la cronaca della guerra del Kosovo, lavoro che ottiene nel 1999 la Leica Honorable Mention. Da allora fino a oggi ha continuato a seguire e a viaggiare attraverso innumerevoli Paesi in guerra, soprattutto in Africa.
Nel corso degli ultimi anni Riccardo Venturi segue e documenta la rivolta di Gezi Park a Istanbul. Ha lavorato con le più importanti agenzie umanitarie mondiali, dall’UNICEF all’UNHCR, dal WHO a MSF e SAVE THE CHILDREN con cui, recentemente ha realizzato un importante lavoro sullo stato dell’infanzia dei bambini italiani.