Nato nel 1977 e laureato in Scienze Politiche a Siena, la fotografie di Federico Pacini si trovano in collezioni pubbliche e private come quella degli Alinari di Firenze, del Musée de la Photographie di Charleroi e di Fabio Castelli a Milano.
Federico Pacini ha ottenuto una menzione speciale per l’ultimo lavoro pubblicato dalla Quinlan Editrice nel 2013. Il premio Hemingway 2014 vinto da Guido Guidi per Cinque paesaggi 1983-1993, a cura di Antonello Frongia e Laura Moro (Istituto centrale per il catalogo e la documentazione – Postcard, 2013), ha consegnato anche due menzioni speciali: la prima a Franco Fontana per Full Color, a cura di Denis Curti (Marsilio, 2013), e la seconda a Federico Pacini per Purtroppo ti amo, testi di Elio Grazioli e Burk Uzzle (Quinlan, 2013).
Il libro fotografico vuole raccontare il rapporto dell’autore con la propria città mostrando scorci al di fuori degli stereotipi comuni e più legati alla quotidianità e all’idea di educare gli sguardi ad avere una propria autonomia.
“Purtroppo ti amo è nato da più di mille scatti realizzati dal 2008 al 2013 – spiega Federico Pacini – Ha trovato l’interesse dell’editore Roberto Maggiori, che mi ha aiutato nella scelta finale del progetto. Poi ci sono stati i testi di Elio Grazioli e Burk Uzzle e la pubblicazione è stata presentata per la prima volta ad Artissima nel 2013. Il libro Purtroppo ti amo è un racconto fotografico di Siena dove ho provato a rompere con lo stereotipo di Siena da cartolina per spostare il punto di vista dal centro al non visto. Ho provato ad educare lo sguardo a vedere laddove lo stereotipo si ferma”.
Infatti, racconta Pacini: “Ho utilizzato nella mia ricerca più macchine fotografiche da analogiche a digitali, passando dalla Leica alla Hasselblad, dalla Canon fino ad utilizzare la fotocamera del telefonino – racconta l’autore -. Questo cambiare strumento di ripresa mi ha aiutato a decostruire alcune abitudini in letteratura fotografica, soprattutto mi ha aperto nuovi margini per inserire con più forza la mia idea su Purtroppo ti amo. È stato sicuramente motivante riuscire ad accostare più immagini realizzate con strumenti diversi nel libro. Questa apparente divergenza ha fatto nascere con maggiore forza un’idea sul colore che piano piano, con il realizzare immagini e stamparle (farle diventare fotografie), si è concretizzata”.
Poi, l’autore continua sul concetto di decostruzione: “Ho deviato da alcune abitudini della letteratura fotografica dove si mettono insieme progetti utilizzando sempre lo stesso strumento di ripresa, stessa macchina fotografica per intenderci. Nel mio progetto ho totalmente cambiato registro e questo cambiare strumento porta sulla carta ad avere risultati apparentemente disomogenei, cioè che non corrispondono ad una continuità formale classica. Con questa apparenza spiazzante, spero di portare l’osservatore a concentrarsi sul punto di vista e non sulla forma”.
Infine conclude: “In questo modo nasce anche un nuovo studio sul colore. Intendo fisicamente nuove tonalità del colore, utilizzo di cromie nelle fotografie. Analizzare le fotografie attraverso il colore che hanno riprodotto nella serie del libro. Il colore può essere studiato in maniera isolata, quindi avendo utilizzato una moltitudine di macchine da ripresa con un risultato fotografico apparentemente disomogeneo, svelo una volontà di novità”.
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