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Posh: questi i ragazzi nel futuro della destra britannica?

Esce il 19 marzo sul mercato home video – in edizione DVD e Blu-ray – Posh, ultimo lungometraggio di Lone Scherfig. Il film è la trasposizione cinematografica della pièce teatrale della giovane e brillante drammaturga inglese Laura Wade, qui autrice della sceneggiatura.

Posh mette in scena il confronto in odor di tragedia (shakespeariana, neanche a dirlo) fra due giovani matricole di Oxford, ammesse a far parte dell’esclusivo Riot Club: Miles “Milo” Richards (Max Irons, figlio di Jeremy) e Alistair Ryle (il Sam Claflin della saga Hunger Games, in uno dei ruoli chiave della sua carriera).

Posh-ScherfigLa regista danese che ci ha dato il delizioso An Education elabora il materiale che Laura Wade le mette a disposizione per realizzare una visione tensiva e arguta, punteggiata di sfizioso umorismo e ironia, nutrito da sapidi riferimenti alla cultura pop (da Le Iene a Gary Barlow). Una visione in cui lo scontro fra le personalità di Alistair e Milo diventa – all’interno delle dinamiche scellerate del Riot Club – lucido, violento e soprattutto politico.

A ben vedere Posh nell’acuirsi della tensione diventa una delle più interessanti riflessioni politiche passate sul grande schermo. L’umbratile e mellifluo Alistair è la voce delle più pericolose ed estreme tendenze della destra giovanile. Il giovane Iago politico le sibila all’orecchio dei suoi compagni di club per fomentarli all’azione più bieca e distruttiva, in una sorta di lotta di classe portata all’estremo. In Milo ritroviamo invece le fiacche e imbolsite risposte di una sinistra già sedotta dal potere finanziario e da questo fagocitata.

Se il Riot Club era nato alla fine del Settecento per celebrare il connubio fra edonismo e intelligenza, oggi è il covo scellerato in cui dieci (e sempre dieci) studenti fra i migliori – in realtà appartenenti o a famiglie dell’agiata nobiltà inglese o nuovi ricchi nati nella bolla finanziaria del 2008 – hanno ormai corrotto l’ideale originario, snaturandolo nella vacuità distruttiva, legittimata dalla condizione superiore cui i membri ritengono di appartenere.

Max-Irons-Miles-Posh-Scherfig

Se la prima parte ci introduce alla cultura giovanile di Oxford – comprese le battute sulla rivalità di Eton, Westminster e Harrow – e all’idea che il Riot Club altro non è che la trasposizione cinematografica del Bullingdon Club oxfordiano, la seconda parte e l’agghiacciante epilogo mettono in scena la deriva violenta della lotta di classe all’interno di un delizioso pub «The Bull’s head» nella provincia inglese.

Il confronto è fra le tranquille aspettative della provincia – incarnarti dal proprietario del pub, dalla splendida cameriera e figlia del proprietario Rachel (la stupenda Jessica Brown Findlay di Downton Abbey), persino dall’escort di provincia Charlie (Natalie Dormer) – e il disgustoso e distruttivo atteggiamento dei membri del club, tutti tratteggiati benissimo dalla penna di Laura Wade e interpretati da un gruppo di giovani attori inglesi da tenere d’occhio.

Saranno le venefiche parole di Alistair – in un moto incontrollabile di aggressività passiva nei confronti di Milo – a condurre i giovani e scellerati membri del Riot Club verso l’irrimediabile tragedia.

Posh-Scherfig-Sam-Claflin--The-Riot-Club-UMI

Interessante come i riferimenti alla cultura conservatrice attuale che scivolano fra i dialoghi dei membri del club durante la cena al centro della vicenda non facciano la differenza nella rappresentazione del confronto politico. Sebbene il partito conservatore abbia letto nel film un attacco alle figure preminenti della scena politica attuale – in primis a David Cameron, che del Bullingdon Club fece parte ai tempi del suo passaggio a Oxford – gli intenti di Scherfig e Wade sono più ecumenici e superano le questioni interne della scena politica britannica per rappresentare istanze, intenti e volontà della cultura politica giovanile.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=FSnhY4unIXQ[/youtube]

Infine fa piacere vedere che per una volta il titolo con cui il film è arrivato sul mercato italiano sia migliore di quello scelto dalla produzione. Da noi il film è uscito come Posh stesso titolo della pièce teatrale di Laura Wade – e non come The Riot Club, che vuole stuzzicare la fantasia del pubblico alludendo alle scellerate azioni del club.

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