In equilibrio tra innovazione e tradizione, tra artigianato e industria, tra qualità manuale e produzione seriale, Gio Ponti è a tutti gli effetti il padre della modernità. Colui che si definiva “un architetto fallito e un pittore mancato” è stato in realtà il primo designer della storia italiana. Un’eccellenza alla quale il Triennale Design Museum negli spazi del Belvedere della Villa Reale di Monza dedica una mostra-gioiello focalizzata sulla collaborazione di Gio Ponti con la Richard-Ginori avvenuta dal 1922 al 1933.
Curata da Livia Frescobaldi Malenchini e Olivia Rucellai e promossa dall’Associazione Amici del Museo di Doccia, “Gio Ponti e la Richard-Ginori: una corrispondenza inedita” (visitabile fino al 7 giugno) non solo vuole mettere l’accento sulla figura di Gio Ponti e sullo straordinario patrimonio italiano degli archivi, ma si pone anche come una mostra-denuncia. Il Museo Richard-Ginori a Sesto Fiorentino (FI) è infatti chiuso dal maggio 2014, senza previsioni di una riapertura nel prossimo futuro, e grazie a questa mostra si potrà fruire di una notevole collezione di ceramiche, lettere e appunti autografati da Gio Ponti, che altrimenti sarebbe chiusa al pubblico.
Sono in tutto una cinquantina le opere in mostra, esposte senza un preciso percorso di visita e corredate da un’eccezionale selezione di carteggi che illustra la dedizione di Ponti per il suo incarico – il primo importante della sua carriera – alla Richard-Ginori in qualità di direttore artistico.
La sua era una progettazione a 360°: non solo creava forme e decori, ma studiava e disegnava gli annunci pubblicitari, i cartelli delle réclame, le confezioni e le etichette per i prezzi da applicare agli oggetti, i marchi da apporvi, ed era lui stesso a valutare la commerciabilità del prodotto. Disegnava giorno e notte, dedicandosi a più progetti contemporaneamente, portando sempre più l’industria a relazionarsi con l’arte e l’artigianato e viceversa, portando in Italia il design, quando ancora nessuno ne parlava, e accompagnando alla modernità la Società Ceramica.
I pezzi esposti sono tra i meno noti della produzione di Gio Ponti: alcuni non sono nemmeno entrati nella produzione seriale, come per esempio Mano della fattucchiera, o il vaso Le mie donne e la cista con il Trionfo dell’amore e della morte. Altri sono invece stati realizzati su speciali committenze: è il caso del grande Vaso a potiche in maiolica blu e bronzo dorato, richiesto a Ponti dalla Casa di Risparmio delle Province Lombarde, e del Capriolo fra palme, parte di un importante trionfo da tavola commissionatogli dal Ministero degli Esteri per le Ambasciate d’Italia.
Da notare inoltre come Ponti sapesse circondarsi da ottimi collaboratori, come Vittorio Faggi, decoratore di maioliche, la giovane Elena Diana, decoratrice di porcellana, abilissima a segnare l’oro a punta d’agata. Tra gli altri anche gli scultori Italo Griselli, Libero Andreotti, Salvatore Saponaro. Gio Ponti – si legge nelle lettere – a tutti i suoi collaboratori dava indicazioni precise sul modo in cui voleva che si eseguissero forme e decori, nel rispetto della sua idea iniziale. Il compito di coordinare e di condurre a buon fine l’esecuzione dei campioni e degli ordini delle ceramiche d’arte spettava invece a Luigi Tazzini, braccio destro a Doccia e destinatario della maggior parte delle lettere di Gio Ponti in mostra.
“Con Gio Ponti e la Richard-Ginori: una corrispondenza inedita – spiega Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum – si porta a maturazione il progetto originario del Triennale Design Museum. Ovvero di affiancare agli spazi del Palazzo dell’Arte di Muzio, dove il Museo del Design sperimenta una forma mutante che ogni anno cambia punto di vista e prospettiva, anche uno spazio espositivo quale il Belvedere della Villa Reale, che accolga la Collezione Permanente del Design Italiano. A questo, con questa mostra, si affianca un ulteriore piccolo spazio, quello che accoglie ora Gio Ponti, destinato a valorizzare le eccellenze, gli archivi e i giacimenti disseminati nel territorio italiano”. E aggiunge: “Penso e sostengo da sempre che l’Italia sia una sorta di grande museo diffuso con una rete unica al mondo di collezioni, giacimenti, musei aziendali, capillarmente distribuiti sul territorio”.
E questa mostra va inoltre a risvegliare e consolidare lo stretto legame tra Triennale Design Museum e Monza: è proprio nella città brianzola che dal 1923 al 1930 si svolsero le prime quattro edizioni della Biennale delle Arti Decorative, trasformatasi dal 1933 nell’attuale Triennale. E come si legge dalle didascalie delle ceramiche esposte, la maggior parte di esse furono presentate in occasione di queste manifestazioni.
I temi sviluppati nei prodotti della Richard-Ginori, mettono in luce la personalità e gli interessi dell’architetto-designer: dal fascino per l’Oriente, al carattere ironico, dall’interesse per l’esoterismo, l’astrologia e il mistero, all’iconografia classica, fino alla devozione per Sebastiano Serlio – come si nota ad esempio nell’Urna Serliana.
Chiude la piccola mostra una teca dedicata all’interesse di Gio Ponti per la comunicazione. Il suo lavoro infatti andava oltre la l’idea, la progettazione, le indicazioni sulla realizzazione del prodotto, l’attenzione ai colori – uno su tutti il bleau Ponti da lui inventato – ma arrivava a curare la presentazione grafica e fotografica, la confezione del prodotto, nonché a coltivare le relazioni con i critici influenti – tra cui Margherita Sarfatti, Ugo Ojetti, Roberto Papini – e con clienti prestigiosi. Il talento per la scrittura lo portò infine a fondare e dirigere le riviste “Domus” dal 1928 al 1941 e poi dal 1948 al 1979 e “Stile” al 1941 al 1947, che assunsero un ruolo centrale nella promozione del design, dell’arredamento e dell’architettura moderna in Italia.
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INFORMAZIONI UTILI
Titolo: Gio Ponti e la Richard-Ginori – Una corrispondenza inedita
Date: 12 aprile – 7 giugno 2015
Sede: Villa Reale di Monza – Belvedere
Orari
Martedì – Domenica : 10.00 – 19.00
Venerdì: 10.00 – 22.00
La biglietteria chiude un’ora prima
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