13 maggio 2015, New York
Una statua in acciaio inox, luccicante e dall’appeal settecentesco, e un ironico autoritratto realizzato ad olio su tela. Due opere che a prima vista sembrano non avere niente in comune, firmate da due artisti che allo stesso modo appaiono lontani anni luce tra loro. Parliamo di Jeff Koons e di Martin Kippenberger, protagonisti sulla scena newyorkese in occasione delle prossime aste di Arte Contemporanea da Christie’s.
L’appuntamento tra i grattacieli della Grande Mela è per il prossimo 13 maggio e dopo i recenti record per questi due artisti l’attesa tra gli appassionati è molta. Non sono infatti passate molte lune da quando il Balloon dog (Orange) è stato venduto per $58,4 milioni e Koons è diventato l’artista vivente più caro al mondo, e lo stesso vale per Kippenberger che lo scorso novembre ha segnato il suo nuovo record pari a $22,5 milioni con un Untitled del 1988.
Rispettivamente leader della scena artistica newyorkese e di Colonia, i due artisti, entrambi ambiziosi e controversi, si incontrarono per la prima volta nella città tedesca nel 1986, scoprendo di nutrire una grande stima reciproca e un doveroso rispetto l’uno per l’altro nonostante le differenze.
Nato a York in Pennsylvania Koons è un uomo che presta grande cura sia per il suo aspetto sia nella sua ordinata produzione artistica che conta pezzi di alto valore artigianale e caratterizzati da una perfezione incontaminata. Al contrario Martin Kippenberger, prematuramente deceduto nel 1997, era un irrequieto bohemièn tedesco, nato a Dortmund, un bon viveur, spesso ubriaco e sempre in movimento nella scena berlinese degli anni ’70. Le sue opere sono creazioni istintive di grande spontaneità, vere come era vero lui nell’esprimere il proprio pensiero, grossolano o scortese, in nome della verità. Un atteggiamento che nella vita gli costò molte più inimicizie che ammiratori, ma che nell’arte ispirò un’infinita gamma di lavori segnati da un capriccioso e quasi disperato bisogno di urgenza.
E’ tuttavia la grande capacità di stare al passo con i tempi ad accomunare i due artisti. La capacità di capire la rapida evoluzione a partire dagli anni ’80 del mondo dell’arte nel panorama economico, assumendo un ruolo imprenditoriale, accanto a quello del semplice artista. Due enfant terribles, uno dall’America, uno dalla Germania che hanno saputo sfruttare le strategie del business per emergere.
Le due opere che andranno all’asta da Christie’s il prossimo 13 maggio appartengono alla collezione dell’editore Benedikt Taschen che intervistato da Brett Gorvy, Presidente e capo internazionale del dipartimento di Post-War & Contemporary Art da Christie’s, ha affermato di considerare Martin Kippenberger e Jeff Koons tra i suoi eroi personali e aggiungendo: “Sono stato molto, molto fortunato ad essere nel posto giusto al momento giusto, e sono estremamente grato a questa generazione di artisti che è diventata una parte molto importante della mia vita”.
Sarà quindi una grande occasione per i buyers di tutto il mondo aggiudicarsi due pezzi provenienti dalla collezione del magnate dell’editoria. In particolare l’“Untitled” di Martin Kippenberger realizzata nel 1988 è l’opera più famosa della sua acclamata serie di autoritratti, tanto che con una stima di $15-20 milioni si pensa che possa scalfire il vecchio record dell’artista e diventare il suo nuovo risultato più alto mai realizzato in una vendita pubblica. Ad aumentare il prestigio dell’opera si aggiunge il fatto che prima di appartenere a Taschen, questo “Untitled” è stato di proprietà di Jeff Koons.
Nell’opera Kippenberger non si ritrae come un artista importante e potente, nonostante il suo appena acquisito riconoscimento internazionale ottenuto dall’ammissione all’edizione del 1988 di Documenta. Appare invece come l’antieroe, mettendo in risalto la sua imperfezione umana e artistica, la sua vulnerabilità e la sua paura del fallimento. E lo fa strizzando l’occhio ad una fotografia di Pablo Picasso scattata nel 1962 dal fotoreporter David Douglas Duncan. Di quel corpo picassiano, spiccatamente virile, Kippenberger fa una parodia, ritraendosi grasso e coperto da un paio di mutandoni rosa. L’opera supera il concetto dell’artista trionfante e mette in mostra le sue emozioni private rappresentandosi come un eroe caduto.
Di Jeff Koons andrà invece all’incanto la scultura “Luigi XIV” realizzata nel 1986. E’ un’imponente ed emozionante scultura dalla superficie scintillante che ne accentua i tratti barocchi, dalle ciocche di capelli che accarezzano le spalle, alle incisioni floreali sulla corazza, al pizzo del foulard. Koons guarda al barocco rappresentando il cosiddetto Re Sole, ma realizza un capolavoro contemporaneo, un emblema del post-modernismo, al punto che i tre calchi e prove d’artista realizzati per quest’opera appartengono alla Joannou Dakis Foundation e al Nasher Sculpture Center di Dallas e sono stati esposti in una mostra organizzata proprio alla Reggia di Versailles, la residenza di Re Sole vicino a Parigi. L’acciaio rende la scultura abbagliante creando molteplici effetti visivi che spaziano dalla levigatezza dell’armatura, alle forme ondulate del volto che contrastano con le finiture strutturate dei capelli. Un mix perfetto che da vita ad un altro esempio del leggendario perfezionismo di Jeff Koons.
Apparentemente tanto diverse, le due opere riflettono lo stato di confusione intenzionale tra l’artista e il soggetto dell’opera, nonché la natura speculativa del mercato dell’arte negli anni ’80. Ma mentre la scultura di Koons gioca con l’idea dell’artista visto come dittatore del gusto, associandolo all’immagine di Re Sole, Kippenberger si autoritrae direttamente mettendo in scena il fallimento dell’artista, in una parodia autoironica che omaggia, emula e ambisce alla grandezza del genio del ‘900 quale è stato Pablo Picasso, al tempo stesso desacralizzando la sua figura.
Dall’entusiasmo del mercato degli anni ’80 a quello dei giorni nostri costellato di cifre milionarie e continui record d’artista. Non resta che aspettare il 13 maggio per avere conferma della grande vitalità dell’art system.
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