Delusione italiana al Festival di Cannes 2015. Il primo ad essere escluso dai premi, nelle voci di corridoio poi realizzatesi, è Paolo Sorrentino. Il suo «Youth» non ha convinto nessun membro della giuria. Qualcuno sperava ancora in un premio per Michael Cane, ma invece il Premio per il miglior interprete maschile è andato a a Vincent Lindon per La Loi du Marché.
Nanni Moretti, il regista di «Mia madre», era partito dalla Costa Azzurra insieme alla sua attrice Margherita Buy. Ma una volta arrivati all’Italian Pavillon dell’hotel Majestic avevano capito di essere stati esclusi dai premi.
Secondo il cronista de “La Stampa” “il mondo del cinema made in Italy è sul piede di guerra, si ripassano a memoria i nomi dei giurati per capire chi è responsabile del terribile flop”.
Dopo dieci giorni di consensi e celebrazioni, quindi, il cinema italiano torna sulla terra, anzi, sotto terra. Alla fine la giuria presieduta da Joel e Ethan Coen ha ignorato Mia Madre di Nanni Moretti, amato da critica e pubblico francese, Youth, il bel film di Sorrentino e Tale of Tales di Matteo Garrone.
Senza premi anche anche Mountains May Depart di Jia Zhang-ke. Mentre Son of Saul di László Nemes forse l’unico vero sussulto di intensa originalità del concorso ottiene il Grand Prix speciale della giuria . Quasi a secco Carol di Todd Haynes, che a sorpresa vede premiata soltanto Rooney Mara come miglior attrice. Nessun riconoscimento per il Sicario di Villeneuve.
Ecco i premi:
Premio per la miglior sceneggiatura: consegnato da Valeria Bruni Tedeschi, il premio va al regista e sceneggiatore messicano Michel Franco per Chronic, con Tim Roth. Film gelido e non totalmente riuscito, è la prima sorpresa della serata.
Premio per la migliore attrice: consegnato da Tahar Rahim, è la seconda sorpresa consecutiva. Tutti si aspettavano la Cate Blanchett di Carol, invece il riconoscimento va alla sua partner nel film di Todd Haynes, Rononey Mara. Non è finita qui: il premio è un ex aequo e a condividerlo con la bella attrice americana è Emmanuelle Bercot (tra l’altro regista del film che ha aperto il festival) per il discutibile Mon Roidi Maiwenn
Premio della giuria: a consegnarlo è una splendida Laetitia Casta, che sfoggia una nuova e sorprendente acconciatura. Va a The Lobster di Yorgos Lanthimos, film intelligente e rigoroso, in effetti molto vicino alla sensibilità dei fratelli Coen.
Premio per il miglior attore: Michelle Rodriguez assegna il premio a Vincent Lindon per La loi du Marché. Meritato e nelle previsioni, porta alla Francia il primo riconoscimento di questa edizione. A sorpresa, non sarà l’ultimo. Lindon aveva dei competitor importanti, ma va riconosciuto che è assolutamente eccezionale nei panni di Thierry, un disoccupato di mezza età che sperimenta sulla sua pelle le dure leggi del nuovo mondo del lavoro ed è costretto ad accettare lo sgradevole compito di sorvegliante (dell’altrui disperazione) in un supermercato.
Premio per la miglior regia: lo consegna Valeria Golino, emozionata ed elegante. Anche qui, poco da dire: Hou Hsiao-Hsien, maestro taiwanese, vince meritatamente per lo straordinario The Assassin, unwuxiapian (film di cappa e spada) strepitoso, intenso e raffinatissimo.
Grand Prix speciale della giuria: Max Michelsen consegna il premio ad un film straordinario come Son of Saul di Laszlo Nemes. Opera prima, forse l’unico vero film innovativo, originale, “nuovo” anche sul piano teorico che si sia visto in concorso. Lo ricordiamo, film sull’olocausto che fa una scelta di sguardo unica: tiene, in un 4:3 claustrofobico, la sua camera puntata sul volto del suo protagonista, amplifica l’orrore tenendolo fuori campo, sullo sfondo o fuori fuoco e lo recupera attraverso il “corpo” del suo straordinario attore principale, Géza Röhrig.
Palma d’oro: è la giuria, direttamente, a consegnare a Dheepan di Jacques Audiard, ed è una sorpresa assoluta. Il film è, a nostro giudizio, bellissimo, non è il miglior film che Audiard abbia girato. Storia di immigrazione e di banlieue vista attraverso lo sguardo di Dheepan, un guerrigliero cingalese che scopre, suo malgrado che alle periferie di Parigi la vita non è poi tanto diversa dalle zone di guerra del suo paese.