“Quello che vorrei dipingere è la luce del sole sulla parete di una casa”. Edward Hopper.
“La luce è una cosa che non può essere riprodotta ma deve essere rappresentata attraverso un’altra cosa, attraverso il colore. Sono stato contento di me, quando ho scoperto questo”. Paul Cézanne.
“In natura, la luce crea il colore. Nella pittura, il colore crea la luce”. Hans Hofmann
“La sostanza della pittura è la luce”. André Derain.
Potrebbero continuare all’infinito gli aforismi dedicati dal mondo dell’arte alla luce. Da Caravaggio che ne diede una resa teatrale, a Turner che realizzò veri e propri quadri di luce; dai tocchi di colore che sulla facciata di Notre Dame di Monet scandivano le ore del giorno, alle più contemporanee installazioni luminose, da Fontana a James Turrell.
In questo filone si inserisce anche il giovane artista livornese Christian Balzano. Molti lo ricorderanno per il suo toro dorato a gambe all’aria che una manciata di anni fa era stato posto a Milano in Largo La Foppa (zona Moscova), ma oggi, con due Biennali di Venezia, una Biennale di Mosca e una serie di mostre internazionali alle spalle, torna a Milano co-protagonista di una mostra interamente dedicata alla luce.
“I flood myself with light of the immense”, ovvero “m’illumino d’immenso”. Questo il titolo della mostra allestita a Milano presso lo showroom di Lolli e Memmoli (via Fratelli Vivarini 7). L’esposizione prende in prestito la poesia di Ungaretti e mette in dialogo le splendide lampade in cristallo degli architetti Ivan Lolli e Mario Memmoli con le opere di Christian Balzano.
E se i primi vantano una carriera interamente dedicata alla luce, con i loro lampadari realizzati a mano in cristallo colorato e caratterizzati da un design fortemente contemporaneo, si può dire che Balzano la luce la dipinga. La imprime sulla tela proprio ispirandosi a quel verso di Ungaretti che lo ha sempre colpito per il forte contrasto tra le sue parole e il periodo di guerra durante il quale fu scritto. “La luce è un’idea di rinascita per contrastare momenti di difficoltà” – afferma. “E la luce è anche il passaggio del tempo. Un modo per dire agisci! Cogli l’attimo!”
Il lampadario, racconta, è sempre stato uno degli elementi prediletti nella sua pittura, ma in questa speciale occasione Balzano è stato invitato a guardare alle lampade di Lolli e Memmoli per dare vita a straordinari capolavori e ad una mostra unica che celebra il connubio tra arte e design.
La resa lascia senza parole. La leggerezza del cristallo di Boemia con cui Lolli e Memmoli hanno saputo traghettare a nuova vita una tipologia di illuminazione legata al passato, conferendole un design moderno, si riflette nelle opere di Balzano.
L’artista utilizza tecniche miste su svariati supporti: bellissimi ed eterei i lavori su tele non intelaiate, e altrettanto incantevoli quelle su cartone che oltrepassano la bidimensionalità. In ognuna di esse vivono le creazioni dei due architetti milanesi.
Da Ugolino circular, una lampada a sospensione di forma circolare, in cui i singoli cristalli sono intrecciati tra loro a formare una morbida maglia che contiene la sorgente luminosa, a Ugolino system square, un lampadario di grandi dimensioni con l’aspetto di una cornice quadrata costituita dal’intreccio di migliaia di cristalli nelle varie tonalità del marrone labrarodite.
E poi ancora Ariel – che si riflette in “mi guardo allo specchio” di Balzano – dallo scheletro di metallo invisibile, una linea che tratteggia nel vuoto una geometria primordiale. E Caifa, dove la luca attraversa lo smaterializzarsi della massa, trascinandosi verso il basso, goccia dopo goccia, fino a disegnare una stalattite, ripresa in “scelgo chi frequentare!”.
“Puntiamo alla leggerezza dell’oggetto” – spiega Memmoli. “Queste lampade non hanno strutture interne, ma sono composte da maglie morbide e appunto leggere. E’ lo stesso cristallo a costruire il lampadario”. Un perfetto equilibrio fra tradizione e contemporaneità che rende il prodotto vincente e apprezzato in tutto il mondo. Non mancano rivisitazioni da lampade storiche, come per esempio la Falkland di Bruno Munari realizzata in cristallo e ribattezzata Taut da Lolli e Memmoli.
“Spesso, quasi sempre, l’ispirazione ci viene dal mondo dell’arte” – raccontano gli architetti che rivelano di essere anche collezionisti. “Lo sguardo sull’arte orientale ci ha portato a disegnare linee curve, per esempio. Ma non solo. Abbiamo realizzato il modello Phebo in sei versione, ognuna ispirata ad una celebre opera d’arte”. Si va da una decostruzione cromatica di un dipinto di Ninfee di Monet reso come fosse un mosaico, ad altri studi ispirati a Mondrian e a Vasarely. La luce flou di Holzer ritorna nei bordi della lampada; un altro modello si ispira a Damien Hirst e ancora le opere di Anish Kapoor fanno riflettere gli architetti sul concetto di profondità.
Ancora una dimostrazione di quanto i due mondi, quello dell’arte e quello del design, viaggino sulla stessa lunghezza d’onda.
La mostra “I flood myself with light of the immense” è visitabile presso lo showroom Lolli e Memmoli in via Fratelli Vivarini 7 a Milano fino al prossimo 30 ottobre 2015.