Capire il senso della propria libertà è così difficile che non può bastare una canzone per raccontarlo. Anche se Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, ha provato più di una volta a dire la verità nelle parole delle sue musiche: «Sono finto quanto te, sono falso quanto te, sono l’ultimo degli stronzi e il primo degli ipocriti».
Sarà per questo, forse, che il rapper più famoso d’Italia ha finito per litigare a suon di insulti e grida nell’alba chiara di Milano, davanti a una discoteca, con i fans e la polizia, perché si sente uno così uguale al popolo dei suoi ammiratori da potersi permettere di rifiutare un semplice selfie, come avrebbe fatto chiunque di loro.
Il problema è che Federico Leonardo Lucia è diventato Fedez e non appartiene più agli esclusi e ai miseri delle sue canzoni:
«Anche se non siamo realmente dietro le sbarre, questo mondo è una prigione con la cella un po’ più grande e prendere frasi fatte e ficcarcele dentro un testo è il modo più intelligente per dire ciò che non penso».
Chissà se quello che pensa davvero, invece, sono gli insulti e le polemiche che sparge un po’ con tutti appena ha un attimo libero nel mare turbolento e malmostoso del web. In fondo, Fedez, l’altra mattina, a Milano, molto probabilmente è rimasto solo vittima di se stesso.
I fatti sono noti. Alle prime luci dell’alba, fuori dalla discoteca Just Cavalli, alcuni giovani gli chiedono un selfie. Lui non ne ha voglia e dice di no, ma quelli insistono, perché si fa così, e un selfie è la perfetta fotografia della finzione trasferita alla realtà, il diritto del popolo degli anonimi a essere uguale ai suoi idoli.
Fedez perde le staffe e fa per andarsene mentre scoppia una rissa fra i buttafuori e i ragazzi in cui rimane ferita una ragazza. Solo che quando arriva la polizia, chiamata proprio dal rapper, scoppia un altro alterco, sempre lui contro tutti, come gli eroi delle sue canzoni.
Viene denunciato per oltraggio. Comunque sia andata – e non è ancora ben chiaro -, in un modo o nell’altro, Fedez ha finito per pagare il ruolo e la figura che si è costruito nell’immaginario popolare, con le sue canzoni e con le sue liti continue.
Anche con i poliziotti aveva già avuto un contenzioso mica da poco con un sindacato di polizia, il Coisp, dopo il corteo e i disordini dei No Expo a Milano che lui aveva pensato bene di difendere, suscitando già subito un primo vespaio di botte e insulti con alcuni giornalisti, fra cui Filippo Facci, di Libero, conosciuto anche come il mesciato di Travaglio, querelato immediatamente dal rapper.
Pochi giorni dopo quando la polizia aveva caricato dei manifestanti a Bologna, Fedez non aveva perso l’occasione su twitter:
«A MIlano i Black Block in totale libertà di agire, oggi a Bologna donne precarie caricate dalla polizia. Invertito gli ordini?». Risposta Coisp, come se fossero dei rapper anche loro: «Senti da che pulpito! Di invertito c’è solo qualcos’altro». Fedez: «Specifichi. Sarei io l’invertito? Siete lo stesso sindacatio di polizia che ha difeso gli assassini di Aldrovandi, giusto?». Coisp: «Assassini chi? Informati prima di scimmiottare». Fedez: «Il Coisp mi definisce invertito. Sarebbe bello avere chiarimenti».
Nel tripudio della parola fine a se stessa e dell’insulto, nella sua impunità virtuale, si può attaccare anche chi solo si permette di discutere. Così se Jovanotti replica al leader della Lega Matteo Salvini in tono morbido («E’ bello avere idee e orizzonti diversi, ti rispetto e ti trovo forte nella esposizione delle tue idee. Che le idee danzino bene»), lui si sente in dovere di rimproverarlo: «Quando dici forte nell’esposizione che cosa intendi? Gli insulti razzisti e la xenofobia? Forti sono forti eh, danzarci anche no».
E’ molto più facile dialogare con lo stesso Salvini che usa benissimo il linguaggio dell’offesa. Leggendo gli insulti può replicare felice:
«Non sarebbe nmeglio andare in Tanzania a cercare i 40 milioni di euro di rimborsi elettorali che avete fatto sparire?»
C’è anche chi non sembra usare le stesse armi come il dj Facchinetti, ma si va avanti lo stesso, perché in fondo è come un gioco. Fedez illustra il suo pensiero sul web:
«Se guardo Alessandro Catellan, vedo talento e perseveranza. Con Facchinetti vedo solo suo padre. La sua carriera in tv non è stata meritata». Il povero Facchinetti si dilunga in una lunga risposta per chiedere soltanto di essere lasciato in pace, ricordando che pure in una canzone l’aveva attaccato: «Il mio paese chiama Facchinetti figlio d’arte, come andare al McDonald’s e dire vado al ristorante».
Risposta di Fedez: «Dai Facchinetti, hai preso più spinte nella vita che sopra l’altalena, easy!». Fa rissa verbale con Maurizio Gasparri, che gli assomiglia pure moltissimo per la facilità gioiosa dell’insulto via web e che lo definisce «quel coso dipinto: uno che tratta così il suo corpo chissà come ha trattato il cervello», e sorvola invece su Selvaggia Lucarelli – con grande rammarico suo – che lo aveva bollato semplicemente come uno sopravvalutato.
Può darsi che faccia solo parte del suo ruolo, questa fenomenologia dello scandalo, che un altro artista, come Morgan, aveva elevato alla confessione choc sulla cocaina.
O può darsi che abbia ragione lui, quando, servendosi di facebook questa volta, dice che il personaggio che stanno tentando di cucirgli addosso «è molto lontano dalla realtà. Ma purtroppo è una lotta di Davide contro Golia».
Sincero e sfrontato, furbo e aggressivo, Federico Leonardo Lucia ha costruito Fedez anche e soprattutto sul suo personaggio. Come quegli eroi dei fumetti che escono dalle nuvole, però, occhio!, che si può cadere facilmente, perché la realtà ha tante facce diverse.
E bisogna accettarle, è la regola del gioco. Ricordando bene, come recita una sua canzone, che «se il mondo ti esclude ti chiudi nel tuo universo/ ma nulla ti gira intorno se giri attorno a te stesso»