“Ci vuole coraggio per essere un artista, e la maggior parte delle persone non considera questo aspetto” – afferma. “Questo è un periodo in cui tutti sono interessati solo all’intrattenimento. E’ una situazione molto triste perché ci sono molte cose che dobbiamo fare se vogliamo sopravvivere”.
Ed entra in campo l’attivismo: “L’arte per me è un modo di mostrare alle persone modi di pensare. Alcuni credono che l’arte sia come una bella carta da parati da vendere, ma io ho sempre pensato che l’arte abbia a che fare con l’attivismo“.
Inizialmente derisa, l’espressione artistica di Yoko Ono e la sua lotta per la pace furono compresi molto tardi. Il suo era infatti un lavoro diverso da quello di molti altri artisti, un lavoro che lei dice fortemente influenzato dalla cultura giapponese, dalla cerimonia del tè, alla disposizione dei fiori, all’educazione militare, fino allo scoppio della bomba atomica su Hiroshima. “Non voglio vedere che accada di nuovo” – dichiara ricordando che in quel periodo si trovava proprio in Giappone.
L’attivismo può assumere molte forme, spiega, e sposare molte cause, come la pace nel mondo, la tutela dell’ambiente, il controllo delle armi, le questioni sociali, dal femminismo ai matrimoni tra persone dello stesso sesso. Lottare per queste cause può essere un utopia, un sogno. Ma se un sogno lo si sogna tutti insieme, può diventare realtà – scriveva nela so libro del 1962.
E se ne 1971 sognare una sua mostra al MoMA appariva ridicolo, oggi che il desiderio si è avverato, Yoko Ono afferma: “Se si decide di fare qualcosa, si farà, anche se potrebbe volerci molto tempo”. E tornando sul tema della pace conclude: “Non mi piace usare la parola ‘ottimista’, perché suona falsa, ma penso che siamo davvero sulla strada della pace nel mondo”.
La mostra al MoMA sarà visitabile fino al 7 settembre.