Presentato ieri il disegno di Legge per il riassetto di cinema e audiovisivo. Il commento di Francesco Bruni, sceneggiatore, regista, attuale presidente di 100autori
«E’ la migliore legge possibile nel migliore dei mondi possibili. Che però non è il nostro al momento».
Livornese, asciutto e concreto, Francesco Bruni, al ritorno dall’incontro che si è svolto al Nazareno per la presentazione della proposta di Legge per il riassetto del settore cinema e audiovisivo, ci sintetizza così la sua impressione da addetto ai lavori.
Attesa da anni, la nuova legge, nelle intenzioni della senatrice Rosa Maria Di Giorgi (PD) che l’ha presentata con il sostegno di altri 46 senatori, appartenenti in modo trasversale a diversi gruppi parlamentari, punta a riordinare il settore, valorizzandone le potenzialità, creando un coordinamento centrale e sostenendone lo sviluppo con una serie di provvedimenti in materia fiscale, in particolare l’adozione di un ‘prelievo di scopo’ da tutte quelle realtà che guadagnano dallo sfruttamento di prodotti audiovisivi: tv, siti web, compagnie telefoniche, esercenti di sale cinematografiche.
«Nel principio e nelle intenzioni di chi ha formulato questa nuova proposta di legge c’è una grande buona volontà e buoni propositi, ma forse si è usato un eccessivo ottimismo e direi idealismo».
Sceneggiatore, regista, attuale presidente dell’associazione 100autori, che da decenni è impegnata sul campo per la tutela della categoria e la promozione di iniziative a sostegno del cinema italiano, Francesco Bruni sottolinea che alcune delle idee contenute in questa nuova proposta di Legge sono le stesse che i 100autori caldeggiavano ormai diversi anni fa, ma che ora arrivano in un contesto profondamente diverso.
«Oggi la situazione degli esercenti delle sale cinematografiche è molto sofferente, anche i multiplex sono in affanno. Solo a Roma negli ultimi anni hanno chiuso 32 sale. Spero di sbagliarmi ma mi pare abbastanza difficile immaginare che possa essere utile imporre un prelievo di scopo agli esercenti. A meno che non venga associato un sistema di incentivi fiscali, molto consistenti. Come peraltro hanno fatto in Francia dove, quando hanno introdotto il prelievo di scopo hanno parallelamente ridotto significativamente l’IVA. Se non si procede in questo modo a mio parere si rischia di assestare il colpo mortale alle sale cinematografiche».
Proprio al sistema francese è ispirato l’impianto della proposta di Legge che ne ricalca il modello “adattandolo all’Italia”, aveva spiegato nei giorni scorsi il regista Francesco Martinotti. «Poco adattato all’Italia e molto copiato –commenta sornione Francesco Bruni– senza tenere conto che i due contesti non sono paragonabili».
Effettivamente il contesto culturale francese è lontanissimo dal nostro. Che si parli di cinema, musica, letteratura, pittura o danza non fa differenza. Basti pensare che il principio fondamentale a cui si ispirano i francesi è che le forme d’arte e gli artisti sono un bene inestimabile da tutelare per ogni società. E che ogni governo, di qualsiasi colore, ha un posto primario per la cultura nel suo programma.
Teatri, cinema, spazi culturali sono ovunque in Francia, con produzioni e spettacoli sostenuti dalla politica nazionale perchè possano essere fruiti dal più ampio numero di cittadini. Misure specifiche a sostegno, come appunto il tax credit, le agevolazioni fiscali, il prelievo di scopo, hanno contribuito a che la Francia riuscisse a investire circa il 2,5% del suo PIL per le attività culturali.
L’Italia, in Europa, è l’ultima in classifica per spesa culturale, persino la Grecia in piena crisi la supera e anzi, è proprio di questi ultimi giorni la notizia che Tsipras sull’orlo della sciagura ha indicato la spesa per la cultura, tra i tagli che non sarà mai disposto a fare, insieme a quelli sulle pensioni e sui medicinali.
«La mia sensazione –prosegue Francesco Bruni– è che si voglia far correre tante macchine in più, cioè tanti film in più, senza che però si sia prima creata l’autostrada. Credo che il problema andrebbe risolto a valle, cioè con le sale, perchè in questo Paese ancora nessuno ha avuto il coraggio di rivoluzionare il modello della sala cinematografica, nè di investire su un modello differente».
L’idea di Francesco Bruni, che guarda alla realtà attuale italiana con preoccupazione e un certo disincanto, pur senza perdere la speranza e la disponibilità a lavorare per rinnovare, sostenuto dal suo naturale istinto di pacata mediazione, è quella di trasformare le attuali sale in multisale urbane, una sorta di nuove piazze multimediali dove i giovani possano incontrarsi. Un luogo di ritrovo identitario, che non sia per forza destinato solo al consumo di cinema.
«Se vuoi, un esempio può essere quello dell’ex-cinema America a Roma, dove, fin quando hanno potuto e senza sostegni se non quello degli autori che si sono resi disponibili, i ragazzi hanno gestito quello spazio con attività di ogni genere: corsi, incontri, proiezioni, laboratori, sale studio. Insomma uno spazio multifunzionale gestito da loro, che dal mio punto di vista può essere un ottimo modello per il futuro, di cui in Europa esistono già diversi esempi. Il problema è che in una situazione di crisi come quella attuale è difficile trovare qualcuno disposto a investire in un progetto simile. A meno che non ci siano politiche di agevolazioni fiscali e incentivi allettanti, ma anche significative semplificazioni del sistema burocratico italiano che scoraggia anche gli investitori stranieri».
Certamente la sofferenza del cinema italiano non è solo quella della distribuzione ma ne è una componente fondamentale.
«Purtroppo abbiamo poche sale e in quelle che ci sono i nostri film e i film di qualità in generale, vengono proposti per pochissimi giorni a favore di produzioni di grande richiamo che assicurino i grandi incassi. Ormai i film si giocano tutto nel primo weekend di uscita e con le poche sale a disposizione, quelle che danno spazio al cinema di qualità sono ancora meno. Esistono straordinari esercenti in tutta Italia, che continuano a fare scelte coraggiose e di grande valore culturale, ma è il sistema complessivo che andrebbe ripensato».
Se è vero che l’industria cinematografica in tutto il mondo, segna la difficoltà di investire risorse nella produzione, in Italia si va affermando anche una strana e inquietante tendenza.
«Molti film vengono realizzati con una sorta di sfiducia a priori e confezionati come se dovessero essere visti solo nel circuito dei Festival internazionali, senza aspirazione ad essere distribuiti nelle sale e visti dal pubblico. La mia opinione personale è che molti film attualmente vengono confezionati quasi su misura di festival, con una certa aura gravosa che li contraddistingue, forse perchè si suppone che quello è il genere notoriamente selezionato dai festival di cinema. Se ci fai caso in molti festival e potrei citare Berlino, come Cannes, come molti altri, le commedie ad esempio, non vengono quasi mai selezionate in concorso. Trovo che sia una tendenza anche pericolosa perchè si rischia di fare film tanto per farli. ».
In questo difficile contesto per la nuova generazione di autori e sceneggiatori la situazione è veramente difficile nonostante il talento espresso.
«Ci sono tanti autori interessanti che purtroppo non sono popolari. Da Cupellini a Johnson, De Angelis, Chiarini, Oleotto, Rohrwacher e tanti altri. C’è un movimento di giovani autori e sceneggiatori di grande rilievo che però in questo momento vivono come in una sorta di riserva indiana perchè i film che realizzano escono in sole 50 copie e vengono smontati nel giro di uno o due weekend».
Il percorso della proposta di Legge per il riassetto del cinema e dell’audiovisivo passerà ora attraverso una serie di confronti, anche con i diretti interessati, ovvero coloro che in questo settore lavorano da sempre, finora non coinvolti, per poter apportare quelle modifiche e aggiustamenti necessari.
I promotori vorrebbero riuscire a farla approvare dal Parlamento entro il prossimo dicembre, dunque i tempi sono piuttosto ristretti e nel leggerne il dettaglio, anche alla luce di questa riflessione con Francesco Bruni, ci resta l’impressione che probabilmente non è da questo riassetto che i giovani autori vedranno miglioramenti, ma probabilmente anche nel cinema, alimentare una visione europea sarebbe di grande utilità.
«Sulla falsa riga di “Schermi di qualità”, uno strumento già previsto dal Ministero che assegna incentivi dai 1500 ai 9000 euro annui alle sale che distribuiscono film europei di qualità, si potrebbe immaginare di trovare altri incentivi per favorire le co-produzioni europee. Siamo ormai sempre di più una realtà connessa e forse dovremmo iniziare a immaginare storie che parlino ad un pubblico internazionale, con film girati in diversi paesi europei con cast formati da attori spagnoli, italiani, francesi…».