“Da Raffaello a Cézanne” con un’algida faccina ammiccante e sensuale (quanto spietata) della Salomé di Cranach (e appena lì sotto al cartellone immaginiamo scorrere fiumi di catene dorate e sangue di testa decollata del Battista). Incidenti, tamponamenti a catena, sterzate clamorose. Goldin è a Milano?!?! Chi non è sobbalzato dal sedile della macchina o dal sellino della bicicletta stramazzando a terra al sol pensiero? Altro che le chiappe ammiccanti di Belen che fecero tanto scalpore in Buenos Aires e qualche “ops, ti son andato in culo”, sbattendo il cofano contro l’automobilista davanti, intenti a guardare la sudamericana al muro. Qui sono migliaia di faccini perfidi della bella e tremenda principessa giudaica – sfrattata per qualche tempo da casa sua, il Museo di Belle Arti di Budapest in restyling completo fino a fine 2017, e immigrata in giro per il mondo pagante (nessuna prostituzione magiara) con la compagine museale – dipinta da un “vecchio” bavarese, con tanto di fatidica scritta ancora più ammiccante e spregiudicata che recita “Da Raffaello a Cézanne” appunto.
Giurano comunque di non aver utilizzato il generatore automatico di titoli trash di Goldin gli organizzatori. Fatto sta che il titolo fa schifo ed è il più classico acchiappa masse della storia, apoteosi del marketing facile a risultato immediato. Tranquilli allora, pericolo scampato (ne ha appena evitato il ritorno anche Brescia settimana scorsa), rimettetevi sereni in moto e partite tranquilli per le vacanze: niente revival goldiniani da chillo a chill’altro con “palate di emozione”, ma il classico e consueto “chiude il grande museo temporaneamente e ne approfitto a buon ragione e a buon rendere per portarmi capolavori di tutte le età a casa” (vedi il recente super Picasso dei record di qualche anno fa sempre a Palazzo Reale – 560 mila ingressi in 4 mesi, quando il picassiano appunto museo parigino chiuse e sguinzagliò in giro le collezioni per mesi).
Zavorra di titolazioni maldestramente volute a parte, la mostra si preannuncia come una delle grandi expo della Milano settembrina in chiusura di Expo Universale. Pezzi di altissima qualità e un’occasione unica per vedere insieme giganti come Raffaello (ritorna la Madonna Esterházi appena passata in visita natalizia, opera intima che l’artista ha sempre voluto tenere con sè, non del tutto compiuta e con uno “spacco” nel mezzo “frutto” del maldestro furto del 1983 al museo ungherese ad opera di un gruppo di ladri italiani commissionati da un magnate greco), Tintoretto (Cena in Emmaus), Durer (Ritratto di giovane), Velazquez (Il pranzo), Rubens, Goya, Murillo, Canaletto (Molo a Dolo), Manet, Gauguin, Rodin, Schiele (Due donne che si abbracciano) e tanti altri grandi artisti con opere straordinarie tra cui la ampiamente citata Salomé “teutonica” di Lucas Cranach, Giaele e Sisara di Artemisia Gentileschi, le Sirene di Rodin e i Tre pescherecci di Monet. Senza dimenticarci della Maddalena Penitente di El Greco, il Paesaggio di Lorrain, la Coppia di sposi di Van Dyck, il San Giacomo di Tiepolo e le nature morte (Il Buffet) di Cézanne (insomma “da Raffaello a Cézanne” tanto per capirci…), riuniti insieme in trasferta nell’unica data italiana, all’ombra della Madonnina, suddivisi cronologicamente per Palazzo Reale. Un nucleo importante di opere, 76 per l’esattezza, che vanno dal Rinascimento alle Avanguardie novecentesche passando in rassegna svariati generi e temi della storia dell’arte, che sbarcheranno a Milano dal 17 settembre 2015 al 7 febbraio 2016. Il tutto sotto lo sguardo attento di Stefano Zuffi, a mettere faccia e curatela nel progetto. Andiamo in vacanza più tranquilli.
LE OPERE IN MOSTRA
INFORMAZIONI UTILI
Da Raffaello a Cézanne. Dal Museo di Belle Arti di Budapest
Milano, Palazzo Reale
17 settembre 2015 – 7 febbraio 2016
La mostra promossa dal Comune di Milano – Cultura è prodotta e organizzata da Palazzo Reale di Milano, Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, in collaborazione con il Museo di Belle Arti di Budapest e il Museo Nazionale Ungherese, ed è curata da Stefano Zuffi.