Ritorno alla vita (Every Thing Will Be Fine), il nuovo film di Wim Wenders -regista di Il sale della terra– è in arrivo nelle sale italiane il 24 settembre.
Trionfatore dell’ultimo Festival di Berlino, dove ha ricevuto l’Orso d’Oro alla carriera, Wim Wenders torna dietro la cinepresa con una storia d’amore, di colpa e redenzione, interpretata da un cast d’eccezione che riunisce James Franco, Charlotte Gainsbourg, Rachel McAdams e Marie-Josée Croze: Ritorno alla vita.
Ritorno alla vita (Every Thing Will Be Fine) – distribuito da Teodora Film – racconta dodici anni nella vita di Tomas, uno scrittore americano in piena crisi creativa: la sua relazione con Sara, una ragazza dolce e convenzionale che poco capisce del suo mondo interiore; quella con l’editrice Ann e sua figlia Mina; il difficile rapporto con la scrittura, il successo critico e il riconoscimento intellettuale; il legame misterioso e indissolubile con la bellissima Kate, giovane madre di due bambini che vive negli spazi sconfinati del lago Ontario.
In Ritorno alla vita (Every Thing Will Be Fine), dopo il grande successo di Pina, Wenders ha scelto di usare nuovamente il 3D in chiave esistenziale.
«Il 3D è completamente sottovalutato, male utilizzato – spiega il regista – e sento che le possibilità che offre non sono state ancora esplorate. Può essere uno strumento fantastico, capace di aprire una dimensione completamente nuova di partecipazione emotiva alla storia e ai personaggi».
Il 3D in questo caso però risulta decisamente superfluo, e nulla aggiunge alla resa formale della pellicola, costruita con stile ineccepibile che pecca semmai di un ritmo fin troppo blando. Siamo nel 2015 e ancora non abbiamo risolto l’effetto notte del cine 3D. Eliminare il 3D sarebbe una buona idea, ad esempio (caro Wim Wenders pensaci; per riuscire a distinguere James Franco dagli alberi credo ci sia venuta una congiuntivite).
Ritorno alla Vita è un film di forma, di un regista che sembra aver perso l’energia che da sempre lo contraddistingue, ripiegato un po’ su un freddo formalismo che fa sembrare la pellicola un Polanski minore – o assopito, più che altro- piuttosto che un Win Wenders convincente. Stilisticamente rigoroso, ma poco interessante.