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La fotografia racconta l’industria. Ecco la Biennale Foto Industria 2015 di Bologna

Neal Slavin La Black Dyke Mills Brass Band National Museum of Photography, Film & Television Bradford, Yorkshire © Neal Slavin Neal Slavin La Black Dyke Mills Brass Band National Museum of Photography, Film & Television Bradford, Yorkshire © Neal Slavin
Kathy Ryan 6/17/2013, 6:49 p.m., “ The New York Times” © Kathy Ryan
Kathy Ryan
6/17/2013, 6:49 p.m., “ The New York Times”
© Kathy Ryan

14 mostre, 12 sedi espositive per 12 luoghi simbolo della cultura della città: ecco la seconda edizione della BIENNALE FOTO INDUSTRIA 2015 di Bologna che si dispiega per la città felsinea da inizio ottobre a inizio novembre. Tema centrale: il mondo del lavoro in tutte le sue forme e in particolare la produzione industriale dalla creazione al riciclaggio.

Un appuntamento importante per la città, un evento di portata internazionale studiato per valorizzare la cultura industriale e del territorio. Fotografia d’autore che immortala temi e valori di un universo che domina fortemente il tessuto sociale ed economico dell’area metropolitana bolognese. Un modo di cogliere e offrire la rappresentazione dell’industria e del mondo del lavoro. La fotografia racconta l’industria.

Sguardi e visioni sul lavoro e la produzione nella cornice eccezionale del centro storico della città e nella riqualificata area periferica dove sorge il MAST – Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia – centro polifunzionale e spazio espositivo realizzato dalla omonima Fondazione MAST dell’imprenditrice e filantropa Isabella Seragnoli. Palazzi storici, cappelle barocche e musei spalancano le proprie porte, 5 macro sezioni celebrano la fotografia industriale: “Post-produzione”: David LaChapelle (New York, USA) e Hong Hao (Pechino, Cina). “Produzione”: Edward Burtynsky (Toronto, Canada), Winston Link (New York, USA) e Luca Campigotto (Milano, Italia). “Produttori”: Pierre Gonnord (Madrid, Spagna), Neal Slavin (New York, USA) e Gianni Berengo Gardin (Milano, Italia). “Pausa”: Kathy Ryan (New York, USA) e Jason Sangik Noh (Seoul, COrea del Sud). “Prodotti”: Hein Gorny (Berlino, Germania) e Léon Gimpel (Parigi, Francia).

La Pinacoteca Nazionale accoglie LANDSCAPE di David LaChapelle: una serie di lavori del fotografo statunitense nella quali esplora le infrastrutture della produzione e distibuzione del petrolio, illustradone l’impatto che hanno sulla società moderna: fotografate negli ampi deserti e lungo le coste della California, le Refineries sono
santuari del prodotto e dello stile di vita che esso rende possibile.

Il lato nascosto di questi affascinanti scenari – costituiti da sottoprodotti riciclati inondati da una luce eterea – offre una visione delle conseguenze tutt’altro che magiche del sistema dipendente dal petrolio. Nella serie Distributore di Benzina, le stazioni di rifornimento sono nascoste dalla lussureggiante vegetazione di Maui (Hawaii). La foresta pluviale funge da forza organica generativa e distruttiva al contempo; fonte di combustibili fossili, ha anche il potere di divorare di nuovo queste creazioni artificiali. La luce e la composizione irreali di queste immagini suggeriscono influenze di artisti che vanno da Edward Hopper a Ed Ruscha. David LaChapelle combina riferimenti popolari e storia dell’arte, sapere di strada e metafisica, per proiettare un’affascinante allegoria della cultura del XXI secolo.

David LaChapelle
David LaChapelle
Land Scape, Castle Rock, 2013
© David LaChapelle, Courtesy Galerie Daniel Templon Paris/ Brussels

Al MAMBO va in scena Hong Hao, maestro della fotografia, classe 1965 nato in Cina. Il progetto presentato a Bologna è LE MIE COSE, FONDI, lavoro iniziato nel 2001 scansionando oggetti, cercando tracce della vita di un individuo. 12 anni di sperimentazione nei quali giorno dopo giorno ha inserito oggetti consumati quotidianamente nello scanner, un pezzo dopo l’altro, come se tenesse un diario visivo.

Dopo aver scansionato gli oggetti originali, li ho salvati in formati digitali e ho classificato questi file in diverse cartelle sul mio computer, per poter successivamente creare un collage. Questo compito, come la pratica quotidiana di uno yogi, è diventato un’abitudine nella mia vita, nonché uno strumento per osservare la condizione umana nella moderna società consumista. Lo stesso atto della scansione, attraverso il quale si stabilisce una relazione intima fra oggetti ed esseri umani, esprime un’accurata oggettività, una riducibilità e un elemento di concretezza. Attraverso questa pratica, ho raccolto dati fondamentali della vita contemporanea e ho creato un inventario della fondamentale essenza sociale tramite l’esperienza personale, in modo da generare un atto di volontà retrospettivo e di auto-analisi. Il consumismo contemporaneo esprime un concetto di ideologia e una strategia di collusione politica ed economica.

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Hong Hao
Contabilità 07 B, 2008
© Hong Hao courtesy Pace Beijing

Palazzo Pepoli Campogrande accoglie il grande Edward Burtynsky e i suoi PAESAGGI INDUSTRIALIZZATI. Belli ma respingenti. Gli spazi analizzati fotograficamente dal fotografo canadese sono luoghi simbolici sospesi tra bellezza e inquietudine. Belli per le nuove geometri ricavate dall’uomo, respingenti per quel che evocano di irreversibile, squilibrato ed inquinato. La fotografia di Burtynsky abbraccia sistematicamente i grandi spazi anche quando si ferama a riprendere l’interno di una fabbrica cinese per prendere coscienza della necessità di guardare in modo diverso all’impatto industriale sull’ambiente.

I bianchi, rossi e verdi contribuiscono al forte impatto estetico dell’immagine e, al contempo, ci suggeriscono anche un senso di aggressività nel loro potere di evocare la devastazione in corso. La lotta di Edward Burtynsky non è in funzione anti-capitalista, anti-industriale o magari semplicemente nostalgica di un’epoca passata, bensì è una necessaria presa di coscienza che chiede il rispetto degli equilibri imprescindibili; in altri termini è una lotta per lo sviluppo sostenibile. Lo stile fotografico scelto è grandioso, frontale e predilige quei punti di vista che permettono di abbracciare spazi la cui immensità, profondità, ricomposizione, violenza fanno riflettere. Spesso si tratta di prospettive aeree o di accessi alle fabbriche concordati negoziando con le imprese, che ci consentono di vedere aspetti che altrimenti potremmo soltanto immaginare passandovi accanto, senza entrare.

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© Edward Burtynsky, courtesy Nicholas Metivier Gallery, Toronto/
Howard Greenberg Gallery/Bryce Wolkowitz Gallery, New York
Edward Burtynsky Acciaieria Baosteel n. 2, Shanghai, Cina, 2005 © Edward Burtynsky, courtesy Nicholas Metivier Gallery, Toronto / Howard Greenberg Gallery and Bryce Wolkowitz Gallery, New York
Edward Burtynsky
Acciaieria Baosteel n. 2, Shanghai, Cina, 2005
© Edward Burtynsky, courtesy Nicholas Metivier Gallery, Toronto / Howard Greenberg Gallery and Bryce Wolkowitz Gallery, New York

O. Winston Link, New York, USA
NORFOLK AND WESTERN RAILWAYS
Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, Casa Saraceni
Via Farini, 15
La passione per le locomotive a vapore è al centro del lavoro più conosciuto di Winston Link, ingegnere divenuto poi fotografo del mondo della comunicazione d’impresa. Dal 1955 al 1959 Link raccoglierà un corpus di immagini uniche, fotografando in notturna una delle ultime grandi linee ferroviarie di treni a vapore degli Stati Uniti, la Norfolk and Western Railway, poco prima dell’avvento delle locomotive a diesel. Per questo lavoro, realizzato per conto proprio e a sue spese, mentre continuava a collaborare regolarmente con diverse aziende, ricorre ad attrezzature tecniche imponenti, in particolare nel campo dell’illuminazione.

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© The Estate of O. Winston Link, courtesy Robert Mann Gallery

Luca Campigotto, Milano, Italia
LA POESIA DEI GIGANTI
Spazio Carbonesi
Via de’ Carbonesi, 11
I dettagli sono enormi nella fotografia di Luca Campigotto. La prua di una barca occupa due terzi di un’immagine, il braccio di una gru taglia una foto in più segmenti, un cumulo di cavi è un’allusione a una nave di dimensioni gigantesche, i riflessi dei transatlantici in attesa dei loro passeggeri o le luci di un negozio fanno intuire le rispettive attività. L’orizzonte, distantissimo da questi primi piani incombenti, completa le informazioni sulla scena della fotografia.

Luca Campigotto
Luca Campigotto
Arsenale di Venezia, 2000
© Luca Campigotto

Pierre Gonnord, Madrid, Spagna
(ALTRI) LAVORATORI
Genus Bononiae, Santa Maria della Vita
Via Clavature, 8

Racconta Gonnord: «Cammino alla ricerca di incontri e di altre esperienze di vita. Il ritratto nasce da un’intimità fragile e silenziosa che tenta di lottare contro l’oblio. È la “cannibalizzazione” dell’altro, della sua differenza e della nostra parte comune di umanità. La fusione, l’appropriazione, la trasfigurazione di bellezza, grazia, dignità, che ci rende un po’ più simili. E anche un po’ più eterni. Prestami il tuo viso, lasciati contemplare, ammirare, possedere, lascia che prenda la tua anima per potervi accogliere tutti noi, come gli indiani d’America che credevano di abbandonare per sempre l’intimità profonda del loro essere rubata dall’obiettivo di Edward Curtis. Ciò che è cominciato qualche anno fa, timidamente e per caso, è oggi un vero e proprio modo di vivere. Dal mio laboratorio di Madrid, verso le case della periferia urbana e poi in questo studio ambulante sul ciglio delle strade e dei sentieri secondari. Ho scelto l’individuo solo e anonimo, membro però di un clan sociale ben definito, profondamente radicato in una cultura ancestrale. L’individuo consapevole della propria identità proprio quando la nostra si fa sempre più evanescente. Personaggi che vengono da tribù lontane dall’epicentro e dal benessere materiale, dal rumore uniforme della nostra società urbana. Visi che brillano di una luce diversa e di una straordinaria energia. Vorrei rompere il silenzio creato intorno a loro, ma preservarne il mistero. Esplorare quei margini (o meglio quegli “altrove”) è il mio modo di riconoscere l’importanza del silenzio costruito socialmente, ma soprattutto di rendere omaggio a quegli “Altri Noi” testimoni di un’esistenza che è loro propria e quanto mai unica. Detentori di una straordinaria forza vitale».

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Courtesy Pierre Gonnord/Gallery Juana de Aizpuru

Neal Slavin, New York, USA
RITRATTI DI GRUPPO
Spazio Carbonesi
Via de’ Carbonesi, 11
La fotografia di gruppo è un genere ampiamente praticato negli Stati Uniti da fotografi di quartiere che immortalano ogni genere di associazione umana, ma è anche molto convenzionale, poiché spesso si basa soltanto sul numero dei soggetti da ritrarre e sulla loro posizione all’interno del gruppo, come tante pedine inserite in un paesaggio spettacolare. Negli anni ottanta Neal Slavin ha conosciuto un grande successo rivoluzionando il genere. Il suo registro visivo, del tutto originale, è stato messo al servizio di rappresentazioni reali legate all’esercizio di professioni e mestieri, con una particolare attenzione ai personaggi, dando loro una presenza e un’identità e non soltanto una collocazione.

Neal Slavin La Black Dyke Mills Brass Band National Museum of Photography, Film & Television Bradford, Yorkshire © Neal Slavin
Neal Slavin
La Black Dyke Mills Brass Band
National Museum of Photography, Film & Television
Bradford, Yorkshire
© Neal Slavin

Gianni Berengo Gardin, Milano, Italia
L’UOMO, IL LAVORO, LA MACCHINA
Fondazione del Monte. Palazzo Paltroni
Via delle Donzelle, 2
L’uomo, il lavoro, la macchina. Esattamente in quest’ordine. Incurante di possibili assonanze con indagini analoghe firmate, anni fa, da Henri Cartier-Bresson (Henri Cartier-Bresson, L’uomo e la macchina, IBM France, 1969). Perché è solo con questa precisa sequenza di sostantivi che Berengo definisce la sua lunga frequentazione con fabbriche, aziende, laboratori che, dalla fine degli anni sessanta a oggi, sono uno dei suoi terreni di indagine d’elezione. Perché Gianni Berengo Gardin, in tutta la sua lunga carriera, ha sempre dedicato la sua attenzione agli esseri umani, alle loro attività, ai loro sentimenti, agli eventi dei quali sono protagonisti. La fabbrica e il lavoro sono lo scenario e la ragione per i quali molti attori delle sue immagini agiscono.

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© Gianni Berengo Gardin/Contrasto TRIESTE 1977 – CANTIERI NAVALI.
SHIPYARDS.PIPE

Kathy Ryan, New York, USA
OFFICE ROMANCE
Istituzione Bologna Musei
Museo Internazionale e Biblioteca della Musica
Strada Maggiore, 34
«Tutto è cominciato un pomeriggio quando ho visto una saetta di luce lungo le scale del “New York Times Magazine”. Allora, ho preso il mio iPhone e ho scattato una foto. E poi ho cominciato a vedere immagini di continuo, il mio ufficio era pieno di incredibile bellezza e poesia. (…) La mia postazione è orientata verso est e di primo mattino è inondata di luce, una luce particolare e intensa.(…) In realtà non vi avevo fatto molto caso all’inizio quando ci siamo trasferiti nella nuova sede progettata da Renzo Piano. Sono una creatura abitudinaria e amavo il vecchio e scabro palazzo del Times e tutta quella confusione. (…) Il nuovo edificio mi sembrava troppo nuovo, troppo pulito ed essenziale. Ma da quando mi sono messa a fotografarlo, me ne sono innamorata perdutamente».

Jason Sangik Noh, Seoul, Corea del Sud
BIOGRAFIA DEL CANCRO
Istituzione Bologna Musei
Villa delle Rose
Via Saragozza, 228/230
Jason Sangik Noh è un chirurgo specializzato in oncologia, lavora principalmente a Seoul, ma presta la sua opera anche all’estero, in particolare in Vietnam. Il presente lavoro comprende referti scritti a mano, risultati di analisi, grafici e fotografie e coniuga l’approccio scientifico al paziente con una considerazione per l’aspetto umano attraverso uno sguardo attento alla sua vita quotidiana e alle sue passioni. L’insieme prende forma in composizioni visive di un genere assolutamente inedito, un autentico diario medico in cui la freddezza e il rigore scientifico si mescolano all’empatia e alla sensibilità nei confronti del malato.

Hein Gorny, Berlino, Germania
NUOVA OGGETTIVITÀ E INDUSTRIA
COLLECTION REGARD
Genus Bononiae, Museo della Storia di Bologna
Via Castiglione, 8
Prodotti industriali ed elaborazione dell’immagine negli anni 1920-1930 in Germania Hein Gorny è stato un fotografo industriale e commerciale molto apprezzato in Germania. Numerosi tra i suoi committenti in ambito industriale, come Pelikan (fondata nel 1839 per la produzione di oggetti di cartoleria), Bahlsen (azienda di biscotteria creata nel 1889) e Rogo (produttrice di nylon, fondata nel 1886), attribuivano grande valore alla modernità, all’estetica e al design, non solo in riferimento all’architettura delle strutture produttive e al design dei prodotti, ma anche in relazione alla loro rappresentazione visiva e fotografica.

Hein Gorny Calze Rogo,1935 ca. © Hein Gorny Collection Regard
Hein Gorny Calze Rogo,1935 ca. © Hein Gorny Collection Regard

 

Léon Gimpel, Parigi, Francia
LUCI E LUMINARIE, PARIGI, 1925
SOCIÉTÉ FRANÇAISE DE PHOTOGRAPHIE
Museo di Palazzo Poggi
SMA – Sistema Museale d’Ateneo
Via Zamboni, 33
Scrivere con la luce: fotografie notturne di Léon Gimpel.
Parigi, dicembre 1921. È la vigilia di Natale, un elefante aspira l’acqua da una cascata e innaffia un gruppo di scimmie nascoste tra le palme. La scena si svolge a Parigi, in rue de Rivoli. È un trionfo di neon colorati, opera dell’ingegnere fiorentino Jacopozzi. L’uomo che contribuì a trasformare la Parigi degli anni venti nella Ville Lumière si era fatto conoscere per il suo progetto di illuminazione della “finta Parigi”, commissionato dallo Stato Maggiore francese durante la Prima guerra mondiale.
Le esperienze luminose di questo mago della luce seducono il fotografo francese Léon Gimpel. Appassionato di luminarie, Gimpel utilizza l’autocromia, ossia il primo procedimento di fotografia a colori brevettato e commercializzato dai fratelli Lumière. La sua tecnica consiste nel sovrapporre due scatti diversi, uno effettuato al crepuscolo e l’altro in piena notte allo scopo di restituire l’atmosfera e l’illuminazione notturna in tutta la loro potenza. Dall’insegna colorata alla pubblicità decorativa, l’industria dei giochi di luce prende le mosse dalle ricerche del chimico francese Georges Claude, inventore nel 1910 del tubo luminescente ad alto voltaggio (néon).

biennale foto industria
Léon Gimpel, Courtesy Collection Société française de photographie (SFP)

MAST Gallery (Via Speranza 42)

FINALISTI CONCORSO GD4PHOTOART 2015
MARC ROIG BLESA
RAPHAËL DALLAPORTA
MADHUBAN MITRA & MANAS BHATTACHARYA
ÓSCAR MONZÓN

Óscar Monzón MAYA 009: Senza titolo, dalla serie MAYA, 2015
Óscar Monzón
MAYA 009: Senza titolo, dalla serie MAYA, 2015

DALL’ALBUM AL LIBRO FOTOGRAFICO
L’INDUSTRIA ITALIANA IN 120 VOLUMI
COLLEZIONE SAVINA PALMIERI

Prima è venuto l’album, poi l’opuscolo, infine il libro: nel corso degli ultimi cento anni, le industrie hanno fatto sempre ricorso alla stampa per sostenere e promuovere la propria attività, sia sotto forma di album, sia come dépliant e opuscolo pubblicitario o anniversary book. I 50, 100 o 150 anni di vita di un’azienda venivano spesso celebrati con sfarzose pubblicazioni rilegate sulla propria storia. Immagini e testo erano i garanti dei risultati ottenuti, del successo e della prosperità di un’impresa. Con i suoi 120 libri pubblicati da varie industrie italiane, la mostra illustra l’uso della fotografia nelle opere a stampa e, contemporaneamente, offre una panoramica sulla fotografia industriale italiana e la storia dell’industria in Italia.. Le molteplici videoproiezioni delle pubblicazioni consentono inoltre al pubblico di sfogliare i libri virtualmente. Le opere esposte provengono dalla collezione milanese di Savina Palmieri. L’esposizione è corredata di un testo critico introduttivo a cura di Cesare Colombo.

INFORMAZIONI UTILI

BIENNALE FOTO/INDUSTRIA 2015 di Bologna
Quattordici esposizioni in 12 luoghi simbolo della cultura in città
Sede MAST dal 2 ottobre fino al 10 gennaio 2016
Sedi Centro Storico dal 2 ottobre al 1° novembre 2015
Ingresso alle mostre gratuito
Ufficio Stampa
press@fondazionemast.org
lucia@luciacrespi.it
cristiano.zecchi@comune.bologna.it

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