L’Hotel Costazzurra Museum & Spa di Agrigento apre le proprie porte alla Collezione La Gaipa, una raccolta di reperti archeologici risalenti prevalentemente al V e IV Secolo avanti Cristo che per la prima volta viene esposta al pubblico in forma permanente.
I reperti archeologici sono perlopiù originari della Magna Grecia, ma se ne trovano anche altri di provenienza egizia, romana e bizantina. La collezione Gaipa è stata interamente acquisita all’estero portando avanti il progetto di riappropriazione delle opere.
Giovani archeologi aprono quotidianamente le teche consentendo ai visitatori l’ opportunità di toccar con mano un pezzo di Storia.
Si segnalano fra i pezzi un Lekythos attico a figure nere raffigurante una tauromachia, Dioniso sul trono ed un’altra divinità assisa attribuibile al pittore di Haimon databile attorno al 480 a.C., un Oinochoe trilobata a vernice nera, un “fuoco greco” cioè una granata a mano incendiaria appartenente alla ceramica da guerra. Quest’ultimo è un pezzo particolarmente pregiato perché particolarmente decorato e rinvenuto intatto ed inutilizzato.
Il Costazzurra si trova a ridosso della Valle dei Templi di Agrigento, il parco archeologico più grande del mondo, Patrimonio dell’Umanità, tutelato dall’Unesco, a poche centinaia di metri dal luogo in cui sorgeva l’Emporium, il porto dell’antica Akragas.
LA STORIA DI AKRAGAS
I territorio agrigentino è stato abitato fin dalla preistoria, come dimostrano le testimonianze riferibili all’età del rame e del bronzo, individuate nelle immediate vicinanze della città attuale.
La nascita della polis è legata allo sviluppo della polis Gela, infatti la città fu fondata nel 581 a.C. da alcuni abitanti di Gela, a sua volta fondata anticamente da coloni provenienti dalle isole di Rodi e di Creta, col nome di Ἀκράγας (Akragas), dall’omonimo fiume che bagna il territorio. La fondazione di questa polis nasce dalla necessità che avvertirono i Geloi (antichi gelesi), circa cinquant’anni dopo la fondazione della colonia megarese di Selinunte, di arginare l’espansione di questa verso est; scelsero perciò di collocare la città tra i fiumi Himeras e Halykos, e le diedero il nome del fiume presso il quale sorse il centro urbano, al quale la collocazione tra i due fiumi e a circa 4 chilometri dal mare dava “tutti i vantaggi di una città marittima” (Polibio). La fondazione di Akragas, isolata su una costa non così visitata da Greci come quella orientale, presuppone una larga frequentazione di quell’area, abitata da Sicani, da parte di navigatori egei ed una favorevole disposizione dei potenti sicani verso i Greci. Lo sviluppo di Gela e di Akragas, colonie di Greci dotati di lunga esperienza marittima, è dipeso soprattutto dalla ricca produzione agricola, specialmente cerealicola, di un territorio le cui estese pianure favorivano anche l’allevamento dei cavalli; ed il nerbo dei loro eserciti era di fatti la cavalleria, specialità militare tipica delle aristocrazie greche. Ma la prossimità a grandi vie marine era per loro un’esigenza vitale, come per tutte le colonie greche, a cui la navigazione assicurava la continuità dei contatti con la madrepatria e l’incremento degli scambi commerciali, ed equilibrava la sproporzione numerica dei coloni con le popolazioni autoctone tra le quali essi vivevano.
Il periodo greco durò circa 370 anni, durante i quali Akragas acquistò grande potenza e splendore, tanto da essere soprannominata da Pindaro “la più bella città dei mortali”, come testimonia la meravigliosa Valle dei Templi. Inizialmente si instaurò la tirannide di Falaride (570-554 a.C.) che fu caratterizzata da una politica di espansione verso l’interno, dalla fortificazione delle mura e dall’abbellimento della città. Tuttavia Falaride fu meglio conosciuto per la sua crudeltà e spietatezza e per l’uso del toro di bronzo come strumento di tortura per le vittime sacrificali. Il condannato veniva posto al suo interno e del fuoco riscaldava continuamente il toro finché egli non moriva ustionato. Durante l’agonia la vittima emetteva dei lamenti che, come dei muggiti, fuoriuscivano dalla bocca del toro. Il suo ideatore, Perillo, fu il primo a provarne gli effetti. Odiato dal popolo, Falaride morì lapidato e, poiché egli amava vestirsi di azzurro, vennero proibite le vesti di quel colore.
Il massimo sviluppo si raggiunse con Terone (488-471 a.C.). Durante la sua tirannide la città contava circa 300.000 abitanti e il suo territorio si espandeva fino alle coste settentrionali della Sicilia. Divenuta grande potenza militare, Akragas riuscì a sconfiggere più di una volta Cartagine nella guerra per il controllo del Canale di Sicilia. Dopo la morte di Terone iniziò un regime democratico (471-406 a.C.) instaurato dal filosofo Empedocle, il quale rifiutò il potere offertogli dal popolo stesso. È in questo periodo che si assiste alla costruzione di numerosi templi e ad una grande prosperità economica, al punto da far dire al filosofo:
« L’opulenza e lo splendore della città sono tali, gli akragantini costruiscono case e templi come se non dovessero morire mai e mangiano come se dovessero morire l’indomani. »
(Empedocle)
Nonostante questo, nel 406 a.C. i Cartaginesi invasero la città distruggendola quasi completamente.
Nel 339 a.C., grazie al corinzio Timoleonte la città, soggetta all’influenza di Siracusa, venne ricostruita e ripopolata. Nel 282 a.C., Finzia, tiranno di Akragas, approfittando dell’attacco di Gela da parte dei Mamertini, distrusse definitivamente Gela e ne deportò la popolazione a Licata, che ricostruì in puro stile greco con mura, agorà e templi. Due anni dopo Siracusa attaccò e sconfisse Akragas. Nel 210 a.C., con la seconda guerra punica, Akragas passò sotto il controllo di Roma col nome latinizzato di Agrigentum, derivato dalla corruzione fonetica del genitivo greco AKRAGANTOS.
INFORMAZIONE UTILI:
Hotel Costazzurra Museum & Spa
Via delle Viole, 2 Agrigento