Terzo ed ultimo appuntamento a cura di Sisalpay (clicca qui e qui* per i precedenti) al Museo del Novecento: dopo le visite guidate da altri ospiti d’eccezione quali Vittorio Sgarbi e Philippe Daverio, tocca ora a Luca Beatrice chiudere questo ciclo, illustrando – oltre alle nuove collezioni pervenute – un percorso lungo il museo tutto.
Vittorio Sgarbi / Museo del Novecento / SisalPay
Philippe Daverio / Museo del Novecento / SisalPay
Come nelle precedenti occasioni, anche a lui abbiamo rivolto alcune domande.
Nelle precedenti occasioni, prima con Vittorio Sgarbi e poi con Philippe Daverio, ho avuto modo di chiedere un’opinione riguardo all’apporto dei privati – collezionisti come i Bertolini, che offrono il proprio patrimonio artistico, o società come SisalPay che supportano i costi di un’operazione come questa – nei confronti della realtà museale italiana. Il solo fatto che questo debba diventare argomento di discussione è indice di qualcosa, senza dubbio. E la prima cosa che può venire in mente è la scarsa presenza delle istituzioni…
Non sono d’accordo: in realtà, da questo punto di vista, l’Italia è assolutamente un paese di grandi istituzioni. Da noi la cultura è stata, fino a non molto tempo fa, totalmente a carico del pubblico, e quindi dei contribuenti. La sensibilità di avvicinare i privati a questa realtà è un fenomeno recente, simile per certi versi a quanto già in voga negli Stati Uniti, ma su cui da noi c’è certamente ancora molto da lavorare. Però non dimentichiamoci del fatto che se in Italia si può parlare di cultura è perchè esiste davvero una fortissima struttura pubblica, che è stata finora la forza del nostro paese. Vedremo se i privati saranno in grado di intervenire in modo massiccio con operazioni qualitativamente e quantitativamente di livello.
Questa iniziativa di SisalPay è molto positiva, perché l’azienda – come capita anche per alcune altre – si pone, in relazione all’arte, in maniera diversa e superiore rispetto alla figura del classico mecenate, permettendo così uno sviluppo dinamico della cultura che fino ad oggi era stato un po’ sacrificato.
Per un totale profano del 2015 credi sia più importante ed utile un primo approccio all’arte qui, al Museo del Novecento, o piuttosto in un’altra sede, al cospetto dei grandi Classici, magari rinascimentali?
Io penso che le occasioni possano essere molteplici. Non credo ci sia un posto giusto per andare a imparare l’arte. Certo è che se ci fosse da parte del pubblico una più spiccata abitudine a recarsi in luoghi come il Museo del Novecento, o come le grandi collezioni di arte contemporanea, si svilupperebbe probabilmente una mentalità meno conservatrice che non debba sempre rivolgersi al paracadute del Classico.
Ma per chi proprio non si è mai avvicinato all’arte, non è forse più semplice vedere un quadro agli Uffizi che non capire un’opera di Koons? Oppure, al contrario, l’arte contemporanea è più segno dei tempi, e quindi più vicina al nostro sentire?
Io penso che l’iPhone sia lo strumento elettronico più facile da utilizzare: non ha neanche il libretto di istruzioni. Invece il vecchio Nokia conteneva un libro di quaranta pagine, nonostante fosse un oggetto apparentemente più semplice.
Se tu potessi allestire un “Museo del Duemila”, porresti un concetto al centro del museo, ed eventualmente quale?
Io non credo che in questo momento ci sia bisogno di un museo del 2000. Credo però che ci sarebbe bisogno di dare più spazio all’arte contemporanea in collezioni del Novecento, perchè secondo me spesso si fermano un po’ troppo presto. Per quanto riguarda il fatto di creare altri musei direi di no, credo ce ne siano già abbastanza, almeno in Italia. E comunque a Roma abbiamo il MAXXI, che a tutti gli effetti è il museo del XXI secolo… anche se non mantiene la promessa, di fatto lo è.
L’EXPO finisce domani. Nel nome di EXPO sono state varate diverse iniziative, tra cui questa, che apparentemente hanno poco a che vedere con il concetto del “nutrire il pianeta”. Come pensi che questo evento possa relazionarsi con EXPO, o col suo slogan?
Mi pare che tutto si possa collegare soltanto ipoteticamente al fatto che Milano in questi ultimi sei mesi si sia dimostrata il cuore pulsante dell’Italia, il motore trainante di iniziative e di energia. Venire a Milano in questo momento permette di respirare una boccata di ossigeno rispetto ad altre città italiane magari un po’ più tradizionali. Credo che si sia messo in moto un meccanismo di ripartenza fondamentale del Paese nei cui confronti io sono estremamente fiducioso.