Fondere l’arte e la vita nella sofferenza del marmo. Infondere la vitalità della carne negli spasmi della materia. La poetica di Adolfo Wildt si impone per la Galleria d’Arte Moderna di Milano, dove la luce intrappolata nella panna delle pareti avvolge i suoi tormenti scolpiti, alternandosi a sfondi completamente neri dove emergono tensioni plastiche scavate nel dolore dei volti. Riflessi d’anima. Se a Palazzo della Ragione ha trovato casa la fotografia e Palazzo Reale mantiene la rituale vocazione espositiva internazionale, la scultura domina magistralmente Villa Reale da poco più di un annetto, quando la direttrice Paola Zatti ha dato il via ad un progetto encomiabile di valorizzazione delle collezioni interne associato ad una politica espositiva di piccole mostre gioiello mirate e di qualità.
Dopo i bronzi filiformi esistenziali di Giacometti e gli scherzi di luce imprigionati nella cera di Medardo, i lucidi tormenti artistico-esistenziali di Wildt si liberano nella materia – e per il piano terra della GAM – fino al prossimo 14 febbraio, celebrandosi in sette sezioni. Un percorso che idealmente comincia e prosegue per gli anfratti della città, punteggiata dai virtuosismi plastici dello scultore milanese. Due giri d’angolo dalla corte d’onore e si ascolta il bronzo dell’orecchio (1927), con ciocca di capelli annessa, appollaiato negli stilemi liberty della cosiddetta (non a caso) Ca’ dell’Ureggia, primo citofono della storia (vedere per credere: Via Serbelloni 10). Un salto dietro ai giardini nascosti della villa e tra una papera e un tempietto romantico all’inglese si svela la Trilogia in marmo di Candoglia (1912): Santo, Giovane e Saggio, attorno alla fontana dell’acqua della Vita dettano torsioni di materia sorda che sembra gridare. Corpi e volti smunti e consumati che si dimenano nella riluttanza del marmo.
Una costante della cifra wildtiana, in cui ogni frammento della carne è capace di esprimere un sentimento. La Maschera prende a suon di scalpello il sopravvento, calzando come assunto prescelto il marmo. Si fa Dolore (1909), Carattere (1912), Anima (1916), Idiota (1918). Solo la dolcezza mistica della Maternità (1918) in bassorilievo si staglia e salva, eletta e santa, nella selva di ansie e passioni, materiche e spirituali. Una tensione intima e profondamente sincera che si scioglie tra l’ellisse delle forme arcaiche impostate nell’essenza della linea, e l’abbandono ad eccessi espressionistici e disincarnati delle estreme deformazioni anatomiche. Nella stremante purezza levigata di entrambi i tormenti, si accarezza la matrice comune: scavare, torcere la materia lucida e dura per farne schizzare fuori l’anima. Scolpire lo spirito, l’eterno nella misura del tempo.
Asceta del marmo. La mostra ricostruisce in toto la parabola di Wildt: gli esordi accademici, la poesia del chiaroscuro, la famiglia mistica, l’architettura delle forme e la Milano degli amici e degli allievi. Si tracciano le molteplici fonti stilistiche e iconografiche: da quelle gotiche, nordiche e germaniche a quelle quattro-cinquecentesche italiane. Il tutto miscelato ad una padronanza totale della classicità contaminata da espressionismi, simbolismi e secessioni del tempo. Un filo d’oro che lega anime, peccati e fede nell’arabesco gentile e sintetico. Pochi anni e le dorature viennesi lasciarono il posto alle oscure cavità oculari di un certo Benito Mussolini. Nerissime, proiezione di morte: solchi maledetti che lo seppelliranno nell’oblio per almeno mezzo secolo. Il suo magistero, però, continuò a propagarsi: l’espressività tormentata, l’epurazione delle forme, la forza della linea: utilizzata dall’allievo Melotti per giungere a un’astrazione dalle corrispondenze musicali. E poi, il valore del vuoto. Quello degli occhi del Duce e della potenza cava delle Maschere. Il vuoto come spazio di senso. L’allievo Lucio Fontana ne assorbì in fretta i dettami: “concettare le opere con la mente” alla ricerca di una nuova dimensione. Concetto Spaziale.
La mostra di Wildt non si circoscrive alla semplice esposizione appena descritta. Il progetto complessivo include un percorso storico-artistico allargato alla città, valorizzando tutte le testimonianze wildtiane ancora esistenti attraverso un itinerario tematico diffuso (“Wildt a Milano“), accompagnato a visite guidate e materiale divulgativo, nonché un ciclo di conferenze e una serie di Servizi Educativi per scuole e gruppi e Atelier per bambini. Un lavoro di ampia portata quantitativa e qualitativa che si snoda tra conoscenza, valorizzazione e didattica.
Incontriamo la prima artefice dell’operazione Wildt a Milano: Paola Zatti, Conservatrice Responsabile della Galleria d’Arte Moderna.
L.Z.: Giacometti, Medardo e ora Wildt. La GAM si consacra casa della scultura milanese e lo fa nella maniera migliore: partendo dai protagonisti della collezione permanente.
P.Z.:Quello che dal principio ci siamo prefissati è destinare questi spazi ad approfondimenti sulla scultura moderna e contemporanea. Medardo e Wildt sono la storia della Galleria d’Arte Moderna. Sono due dei protagonisti delle nostre collezioni e c’eravamo dati proprio come obbiettivo quello di consolidare il quanto più possibile l’identità del nostro museo, attraverso la valorizzazione degli artisti più importanti. L’abbiamo fatto in primavera con Medardo Rosso e ora aggiungiamo un pezzetto in più con la figura di Adolfo Wildt.
Milanesissimo con quel cognome gotico che si riflesse nel marmo tutta la vita. Wildt torna nella sua città. Ci voleva.
Era necessaria. Si aspettava una mostra a Milano. Un occasione da non perdere, un appuntamento da non mancare. Wildt è stato rivalutato recentemente da bellissime esposizioni come quella di Forlì di qualche anno fa e ora lo facciamo anche noi nella sua città, solo in maniera poco più ridotta per esigenze di spazio.
Ridotta ma esaustiva.
C’è tutto. Lui c’è e c’è ogni tappa del suo percorso stilistico. Ci sono gli esordi, il passaggio attraverso questo anatomismo un po’ folle un po’ visionario. Ci sono tutte le influenze che ha avuto, dall’Espressionismo, il Simbolismo e la Secessione, fino agli ambienti monacensi e gli echi michelangioleschi. Ci sono i temi mistici, religiosi. C’è la famiglia e ci sono i protagonisti di quella che è stata la sua fortuna e la sua sfortuna.
Due nomi a caso: Margherita Sarfatti e Benito Mussolini.
I ritratti del Duce lo hanno condannato a decenni di oblio e lo hanno tenuto lontano dai musei.
Naturale che finisca così. Dopo la sbornia col duce, il declino.
Lui ha dichiarato proprio “il mio grande Duce”. Non è che dubbi ce ne fossero. Si è condannato per gli anni a venire. Nell’Italia postbellica era inconcepibile esporre Wildt.
E si arriva a fine anni Ottanta dove comincia una lenta riscoperta di Wildt.
Sì, con la mostra a Ca’ Pesaro a Venezia ha iniziato la rivalutazione storico-artistica.
Tanto che – tornando alle sue ultime celebrazioni espositive – l’Orangerie gli ha dedicato la prima retrospettiva in terra francese “Adolfo Wildt (1868-1931), ultimo simbolista”. Da Parigi con amore…
L’Orsay ha pure acquistato un’opera in bronzo di Wildt l’anno scorso molto importante. Mentre l’Orangerie gli ha dedicato un’antologica molto ricca e particolareggiata, con la volontà di raccontare un artista italiano praticamente sconosciuto ai francesi. A Parigi si sono concentrati su degli aspetti che noi abbiamo deliberatamente tralasciato che per noi non erano essenziali.
E l’avete portata qua plasmata nel contesto Gam / Milano.
Visti i rapporti scientifici che intercorrono tra noi e il museo, abbiamo appunto deciso insieme anche a loro di rielaborare la mostra, tenendo come nucleo di partenza il loro ma di adattare il tutto su Milano, perchè la città aveva bisogno di un’altra cosa che noi abbiamo associato alla mostra: un percorso articolato in città attraverso i luoghi wildtiani che sono affascinantissimi.
Wildt è marmo: lucida levigatura della superficie e dolore intrinseco alla materia.
È una materia che soffre.
E lui la scolpisce con una durezza e una potenza allucinante.
Fino ad ottenere effetti inimmaginabili.
Che calzano perfettamente nelle Maschere: Dolore, Carattere, Anima e quella dell’Idiota…
La Maschera dell’Idiota che noi presentiamo in tre versioni è inquietantissima. La maschera è un tema arcaico e in questo caso sembra addirittura di rifarsi a certe maschere del teatro giapponese.
Al marmo si accompagna una selezione di opere grafiche dal sapore Secessione / Ver Sacrum…
I disegni non potevano mancare. Abbiamo fatto una selezione di circa una decina di opere grafiche, perchè questa ha due aspetti straordinari da poter mettere a confronto: il linearismo e le associazioni con l’oro, con determinati tipi di trasparenze. Effetti che poi si ritrovano anche nella scultura.
Nella scultura di Wildt, come in quella dei suoi allievi.. Lucio Fontana e Fausto Melotti tanto per fare due nomi a caso.
Wildt fondò una scuola nel 1931, la Scuola del Marmo, attraverso cui passò tutta la generazione successiva – in particolare assolutamente loro, Lucio Fontana e Fausto Melotti – che noi abbiamo voluto rappresentare con le opere che più ci sembrava documentassero in maniera più stringente il legame con l’opera di Wildt. Quindi un fondo oro, un Concetto Spaziale dorato che associato al filo d’oro fa capire quello che Fontana conserva dal suo magistero.
E la predilezione per la linea contagiò Melotti.
Certo, questo linearismo e queste forme allungate ma perfettissime di Melotti appartengono alla lezione di Wildt.
“Lezione” a cui si era ammessi con la prova dell’uovo.
La prima prova che lui faceva fare agli artisti quando entravano nella sua scuola era proprio quella di levigare un uovo. Li selezionava così. Per la mostra abbiamo trovato un uovo originale nello studio degli eredi Pellini, ed è stato molto bello poterlo esporre a testimonianza di questa levigatura che lui pretendeva come prova di ammissione.
Articolo scritto a quattro mani da Sofia Bersanelli (autrice di tutte le fotografie) e Luca Zuccala ©
INFORMAZIONI UTILI
Adolfo Wildt (1868-1931). L’ultimo simbolista
Galleria d’Arte Moderna di Milano – via Palestro 16
27 novembre 2015 – 14 febbraio 2016
ORARI DI APERTURA
martedì – domenica 9.00 – 17.30
(ultimo accesso 30 minuti prima dell’orario di chiusura)
lunedì chiuso.
giovedì apertura prolungata alle 22.30 in occasione di conferenze, visite guidate e iniziative.
BIGLIETTI
Incluso nel biglietto d’ingresso alla GAM (intero 5 euro – ridotto 3 euro)
Abbonamenti
Museocard consente ingressi illimitati a tutti i musei civici di Milano e ha
validità annuale a partire dalla data di emissione. La MuseoCard è in vendita
online (senza costi di prevendita) e nelle biglietterie dei musei civici a 35,00
euro.
Biglietto cumulativo offre l’ingresso libero a tutti i Musei Civici per tre giorni
(un ingresso in ogni museo) ed è in vendita online (senza costi di prevendita)
e nelle biglietterie a 12.00 euro.
www.gam-milano.com
c.gam@comune.milano.it
+39 02 88445947
+39 02 88445951
Direzione della mostra Paola Zatti, conservatrice responsabile della Galleria d’Arte Moderna
Comitato scientifico Beatrice Avanzi, conservatrice della sezione pittura al Musée d’Orsay
Ferdinando Mazzocca, storico dell’arte
Ophélie Ferlier, conservatrice della sezione scultura al Musée d’Orsay
con la collaborazione di Omar Cucciniello e Alessandro Oldani
“Il primo dovere d’ogni artista generoso è di aggiungere qualcosa ogni giorno al suo io profondo” (A.Wildt)
Didascalie immagini
1) “Adolfo Wildt. L’ultimo simbolista”. Foto: Sofia Bersanelli ©
2) Adolfo Wildt – Parlatori, 1905-1909. Foto: Sofia Bersanelli ©
3) Adolfo Wildt – Madre (dalla Famiglia), 1922. Foto: Sofia Bersanelli ©4) Adolfo Wildt – Trilogia: Il Santo, il Giovane, il Saggio, 1912. Foto: Sofia Bersanelli ©
5) Adolfo Wildt – L’Orecchio, 1927. Foto: Sofia Bersanelli ©6) Adolfo Wildt – Vir Temporis Acti, 1911. Foto: Sofia Bersanelli ©
7) Adolfo Wildt – Maria dà Luce ai pargoli cristiani, 1918. Foto: Sofia Bersanelli ©8) Adolfo Wildt – Vedova, 1892. Foto: Sofia Bersanelli ©
9) Adolfo Wildt – Vir Temporis Acti, 1911. Foto: Sofia Bersanelli ©
10) Adolfo Wildt – Il Prigione, 1915. Foto: Sofia Bersanelli ©
11) Adolfo Wildt – Santa Lucia, 1926. Foto: Sofia Bersanelli ©12) Scultura di Fausto Melotti. Foto: Sofia Bersanelli ©
13) Concetto Spaziale di Lucio Fontana. Foto: Sofia Bersanelli ©14) Adolfo Wildt – Arturo Ferrarin, 1929. Foto: Sofia Bersanelli ©
15) Triplice busto di Wildt. Sulla dx: Benito Mussolini, 1923. Foto: Sofia Bersanelli ©
16) Adolfo Wildt – Maschera dell’Idiota, 1918. Foto: Sofia Bersanelli ©
17) Adolfo Wildt – Serie di busti degli esordi. In primo piano: Martire, 1894. Foto: Sofia Bersanelli ©
18) Adolfo Wildt – Vir Temporis Acti, 1911. Foto: Sofia Bersanelli ©
19) Adolfo Wildt – Vir Temporis Acti, 1911. Foto: Sofia Bersanelli ©
20a,b,c) Melotti / Wildt – Musica e Poesia, 1920 / Fontana. Foto: Sofia Bersanelli ©
21) Adolfo Wildt – Acquasantiera, 1921. Foto: Sofia Bersanelli ©
22) Adolfo Wildt – Figlio (dalla Famiglia), 1922 (con soggetto fotografante). Foto: Sofia Bersanelli ©23) Adolfo Wildt – Maria dà Luce ai pargoli cristiani, 1918. Foto: Sofia Bersanelli ©
24) Adolfo Wildt – La Vittoria, 1918-1919. Foto: Sofia Bersanelli ©
25) Adolfo Wildt – La Vittoria, 1918-1919. Foto: Sofia Bersanelli ©
Artslife giornale davvero unico. I miei più sentiti complimenti