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Assegnato a Emma Dante il 30° Premio Duse

emma dante

Il 15 dicembre 2015 si è svolto al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano la cerimonia di assegnazione della 30° edizione del Premio Teatrale Eleonora Duse assegnato a Emma Dante (Giuria composta da Renato Palazzi – Anna Bandettini – Maria Grazia Gregori e Magda Poli) in una sorta di omaggio ideale proprio a Mariangela Melato, l’unica attrice ad aver vinto per 2 volte il premio (1987 e 1999).

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Emma Dante si aggiunge alle attrici premiate nelle precedenti edizioni tra cui Mariangela Melato, Franca Valeri, Ilaria Occhini, Maddalena Crippa, Alida Valli, Anna Proclemer, Milena Vukotic, Rossella Falk, Elisabetta Pozzi, Laura Marinoni, Anna Bonaiuto, Maria Paiato Federica Fracassi, Galatea Ranzi, Ermanna Montanari e Sonia Bergamasco.

La menzione d’onore, quale migliore attrice emergente, è stata attribuita a Silvia Pernarella. La seconda edizione del “Premio Duse Social” ha avuta partecipazione di appassionati di teatro e ha visto vincitrice Candida Nieri.

La motivazione del Premio alla Dante:
Il premio Duse festeggia quest’anno il trentennale della sua attività, e la giuria si è interrogata sul modo migliore per celebrare questa ricorrenza: ci siamo chiesti a lungo quale potesse essere una figura di attrice in grado di incarnare oggi quel modello di assoluta signora del palcoscenico – insieme interprete di straordinario spicco e audace innovatrice del teatro – arrivando alla conclusione che nel nostro tempo una simile personalità non potrebbe esistere, non per mancanza di talenti, ma perché il teatro che si pratica attualmente non ne richiede la presenza. Non è migliore né peggiore di quello di ieri, passa semplicemente attraverso altri valori, altri codici espressivi.
Così, abbiamo deciso in questo caso di premiare non un’attrice in senso stretto, ma una creatrice di teatro a tutto campo, una protagonista della scena internazionale contemporanea: il premio Duse 2015 è stato quindi assegnato a Emma Dante, che di diverse sue proposte è stata anche attrice, come in Io, Nessuno e Polifemo, dello scorso anno, ma che è soprattutto autrice, regista teatrale e cinematografica con importanti sconfinamenti anche nel campo della lirica, direttrice della “Scuola dei mestieri dello spettacolo” al Teatro Biondo di Palermo e del “Ciclo di spettacoli classici” al Teatro Olimpico di Vicenza.
Emma Dante è una delle prime e delle più importanti voci di quel teatro del meridione che in questi anni ha mutato volto alla scena italiana. Il suo ingegno registico si è rivelato grazie a uno spettacolo che si intitolava, non a caso, mPalermu, vincitore nel 2001 del premio Scenario. Attraverso i concitati riti domestici di una famiglia palermitana che si prepara alla passeggiata domenicale, la Dante non rendeva soltanto omaggio alla sua città, ma trasformava il dialetto siciliano in una sorta di lingua franca della scena europea, faceva della sua terra uno spazio dell’anima, come la Brianza di Testori o la Polonia di Kantor, emblema di un Sud atavico, millenario, lacerato da squassanti contraddizioni, visto con sguardo insieme rabbioso e nostalgico.
Quel fortunato spettacolo d’esordio, nella sua poetica essenzialità, prefigurava in nuce tutte le componenti di quell’antropologia visionaria che ispira e caratterizza la drammaturgia della Dante, in primo luogo la famiglia, nucleo tribale di una società arcaica, feroce insieme di usanze e pregiudizi che dominano e schiacciano le individualità più deboli, come si coglie nell’atroce delitto d’onore di Carnezzeria, del 2002, nel desolato rapporto tra un padre intollerante e un figlio omosessuale in Mishelle di Sant’Oliva, del 2005, nella dolente solitudine del disabile mentale al centro del Festino, del 2007.
Un altro motivo ricorrente, nel teatro della Dante, è quello di una religione incombente, oppressiva, scandita dai riti di una sacralità barbarica in cui convivono devozione bigotta ed eccessi pagani: questi aspetti si imponevano con particolare evidenza negli acri paradossi metafisici de La scimia, del 2004, tratto da un racconto di Tommaso Landolfi, ma anche in quella sua Medea incentrata sull’ossessione della maternità, riallestita due volte, nel 2004 e nel 2012, nel Castello della Zisa, seconda parte della Trilogia degli occhiali, del 2001, e persino nell’efferato potere matriarcale posto alla guida della mafia in Cani di bancata del 2006.
E poi c’è il lutto, c’è l’oscuro interscambio fra vita e morte che attraversa in vario modo tutti gli spettacoli della Dante, e deflagra con forza inaudita nello straziante Vita mia, del 2004, una dei suoi risultati più alti, per poi tornare nel recente Le sorelle Macaluso. C’è la riflessione, attualissima, sull’identità di genere, affrontata con felice estro inventivo ne Le pulle e in Operetta burlesca. E c’è infine l’inquieta rilettura delle favole per bambini.
Per quanto riguarda l’opera, nel 2009 si celebra la sua consacrazione con la chiamata ad allestire la Carmen di Bizet, spettacolo inaugurale della stagione del Teatro alla Scala. Nel 2012 realizza La muta di Portici all’Opéra-Comique di Parigi, nel 2014 Feuersnot di Strauss al Teatro Massimo di Palermo, dove lo scorso gennaio mette in scena Gisela! di Henze.
Nel 2008 pubblica il romanzo Via Castellana Bandiera, da cui ricava tre anni fa l’omonimo film presentato alla settantesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Premio Eleonora Duse

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