Yalla! New media and peace un documentario di Flaminia Lubin sul gruppo YaLa Young Leaders, che nel fermento della primavera araba ha scelto una via alternativa per esprimere le proprie pulsioni rivoluzionarie.Si vis pacem, para Facebook. Possono essere i media i veri responsabili del fallimento della pace?
Su questa premessa getta le basi del suo lavoro la regista Flaminia Lubin che, con il suo documentario “Yalla! New Media and Peace”, indaga il rapporto tra l’informazione mediata dai professionisti e il perpetuarsi della violenza religiosa e razziale in certe aree del mondo. “E’ questo il caso del conflitto arabo-israeliano?” – si è chiesta la Lubin – “In un mondo in cui l’informazione diventa sempre più partecipata i social media possono essere i fautori di una spinta rivoluzionaria? E, se sì, in che modo?”
Facendo partire l’indagine di Yalla! New media and peace dal 1993, anno in cui fu siglata la Dichiarazione dei Principi di Oslo tra il presidente dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina Yasser Arafat e il premier israeliano Shimon Peres, il documentario attraversa la crisi che si è tramutata in urgenza ai giorni nostri.
Dando voce ai più rispettabili studiosi dei mass-media, ai politici e a chi la guerra la vive sulla propria pelle, Flaminia Lubin mette in luce le problematiche legate alla spettacolarizzazione di questa lotta armata e, dunque, per traslato di ogni conflitto.
In un mondo in cui è la fascinazione del male e la recrudescenza della guerra a far vendere i giornali, “Yalla! New Media and Peace” mette sotto i riflettori un risvolto sconosciuto della crisi mediorientale. Stiamo parlando degli “YaLa Young Leaders”, un gruppo di giovani israeliani che nel maggio del 2011, nel bel mezzo del fermento della cosiddetta “primavera araba”, ha scelto una via alternativa per esprimere le proprie pulsioni rivoluzionarie.Capostipiti di una battaglia non violenta gli “YaLa Young Leaders” impugnano, invece di kalashnikov intrisi di odio razziale, Facebook e Twitter per diffondere messaggi di pace. Ma guai a definirli una ONG! Queste giovani menti, che pian piano si stanno guadagnando il loro posto nella società a colpi di like, sono organizzati come una grande famiglia virtuale che si riunisce, educa, dibatte e cerca soluzioni concrete.
Tra i suoi seguaci: ragazze e ragazzi di diverse estrazioni sociali, provenienti da Israele alla Palestina, dall’Iran alla Siria, dall’Europa agli Stati Uniti, accomunati dall’urgenza di comunicare la necessità di un dialogo pacifico. Se la priorità di un popolo in guerra è quella di pensare al nemico solamente come a “l’altra parte” disumanizzando la sua sofferenza, gli “YaLa Young Leaders”, attraverso storie di vita quotidiana di chi vede scorrere nei telegiornali di tutto il mondo il sangue del proprio sangue, ridà umanità al “nemico”. Ma gli “YaLa Young Leaders” non sono i soli a combattere questa battaglia, sulla stessa linea di pensiero muove i suoi passi anche la “Peace Factory” fondata dal web designer Ronny Edry. La sua mission? Rendere la pace in Medio Oriente una questione virale connettendo gli individui, dandogli una piattaforma per sfogare le proprie sofferenze ed aiutandoli così a comprendersi, minizzando le differenze.
Un bombardamento a colpi di poster pieni zeppi di cuori che si insinua tra i numerosi movimenti on-line che oggi inneggiano alla strategia del terrore. E se ormai è cosa nota che la guerra non si combatte più su un campo di battaglia con eserciti schierati pronti all’attacco, in un momento storico in cui il nemico è liquido e la strategia della tensione instauratasi in certe aree ha ripercussioni nella quotidianità di qualsiasi luogo, ogni like è una vittoria.
Per questa ragione: #shareit!
- Regia: Flaminia Lubin
Produzione: GLOBAL VISION GROUP
Produttore: Andrea De Marco
Produttore esecutivo: Raffaella Spizzichini, Beverly Moore Ben Lulu
Montaggio: Fabio Trebbi
Durata: 56′
Paese: Italia
Anno: 2015