Sarah Moon. Il suono del suo nome sospinge come un’onda lunga verso la riva di un mondo etereo in cui lo sguardo è visione. Dove il tempo è afferrato rapido come una manciata di sabbia nel pugno di una mano. Si riesce a trattenere tra le dita soltanto qualche granello, l’immagine che testimonia quel momento fugace. Il resto scivola via, per sempre.
Sarah Moon, autrice di spicco della fotografia contemporanea, è protagonista fino al 21 febbraio presso la House of photography di Amburgo con la retrospettiva intitolata Sarah Moon – Now and Then. La mostra, inaugurata il 27 febbraio 2015, è composta da 350 fotografie e da 5 films attraverso i quali gli spettatori potranno ripercorrere la lunga carriera della fotografa francese e immergersi nel suo particolare mondo.
Marielle Hadengue, il suo vero nome, è nata in Francia nel 1941 da padre inglese e madre francese. Negli anni sessanta inizia a lavorare nel mondo della moda come modella, finché nel 1968 decide di dedicarsi alla fotografia con il nome d’arte Sarah Moon.
Diviene da subito la fotografa delle campagne pubblicitarie di Casharel, alle quali seguiranno quelle per Dior, Chanel, Valentino e le collaborazioni con le più influenti riviste di moda come Vogue, Elle, Harper’s Bazaar, Marie-Claire. Sempre per Cacharel realizza anche numerosi spot pubblicitari, uno dei quali si aggiudica nel 1979 il prestigioso Lion d’Or, films Publicitaires a Cannes.
Le sue fotografie inconfondibili nello stile, inizialmente caratterizzato dall’uso di colori pastello e di pellicole a grana grossa, raccolgono immediati consensi e nel 1972 Sarah Moon è la prima donna a firmare il Calendario Pirelli. Alla sua attività di fotografa affianca inoltre quella di regista diventando autrice di 150 film pubblicitari, lungometraggi e documentari.
Se è vero che Sarah Moon è e resterà, come lei stessa dice, una fotografa di moda, tuttavia sin dagli esordi ha dimostrato di sapersi emancipare dagli stilemi tipici di questo genere fotografico. Spinta dalla ricerca di qualcosa di più intimo rispetto all’atto meramente documentario di una donna che indossa un abito, la Moon rilegge la moda trasportandola in un universo tanto reale quanto immaginario.
Le modelle, colte in un gesto o in pose decadenti, sono immerse in una luce che sembra dilatarsi in uno spazio senza tempo. Per lei la moda è un ulteriore occasione per raccontare una storia, in cui la donna vive in un mondo fitto di emotività, di memorie che affiorano e restano aggrappate all’istante che l’immagine congela. Nel corso del tempo la sua narrazione fotografica si fa sempre più evocativa e visionaria, focalizzandosi su temi quali la fugacità della bellezza, il senso della perdita e del tempo che passa. In questa prospettiva, l’uso del colore e del bianco e nero acquisisce un particolare significato. Quando Sarah Moon affronta il colore lo destruttura, lo svuota della sua gradazione reale rendendolo astratto, come se volesse restituire l’impressione emotiva e visiva che lo stesso le ha trasmesso poco prima dello scatto.
Il bianco e nero invece è il colore dell’introspezione, l’essenza della fotografia come afferma l’autrice. Si tratta di una bicromia soffusa mai contrastata, che più che una tonalità è essa stessa espressione del sentimento, della solitudine e del ricordo che la fotografia rappresenta.
Il senso della perdita e della fugacità è inoltre indagato anche attraverso l’utilizzo del negativo polaroid. Questi scatti presentano graffi, abrasioni, sporcizia, occorsi durante il processo del distacco del negativo dalla pellicola. Tracce che se da un lato conferiscono maggior profondità all’immagine, dall’altro ne mettono a nudo la vulnerabilità testimoniando che la stessa pellicola è effimera quanto il tempo di uno scatto.La ricerca di una propria visione ha condotto Sarah Moon a percorrere una strada del tutto personale tanto nei lavori legati alla moda che in quelli più personali, riuscendo a mantenere tra gli stessi una rara coerenza nello stile e nello sguardo. Una fotografa unica e straordinaria, le cui immagini hanno il potere di trasportare l’osservatore in una dimensione intima ed emotiva dove gli elementi narrativi sembrano vibrare di quelle emozioni che affondano dentro, inesprimibili.