Il 17 febbraio 1600 a Roma a Campo de’ Fiori fu arso vivo il filosofo e frate domenicano Giordano Bruno, condannato dalla Santa Inquisizione per le concezioni considerate eretiche presenti nei suoi scritti (“ Cena de le ceneri”, “De la causa, principio et uno”, “De l’infinito, universo e mondi”, “Spaccio de la bestia trionfante” etc).
I capi d’accusa che vennero mossi a Giordano Bruno, nel corso dei due processi a cui fu sottoposto prima a Venezia e poi a Roma, furono complessivamente 20:
avere opinioni contrarie alla fede cattolica;
avere opinioni eretiche sulla trinità, la divinità e l’incarnazione di Cristo;
avere opinioni eretiche su Cristo;
avere opinioni eretiche sull’eucarestia e la messa;
credere nell’esistenza e nell’eternità di più mondi;
credere nella metempsicosi;
praticare la divinazione e la magia;
non credere nella verginità di Maria;
essere lussurioso;
vivere al modo degli eretici protestanti;
opinioni eretiche su Cristo;
opinioni eretiche sull’inferno;
opinioni eretiche su Caino e Abele;
opinioni eretiche su Mosè;
opinioni eretiche sui profeti;
negazione dei dogmi della Chiesa;
riprovazione del culto dei santi;
disprezzo del breviario;
blasfemia;
intenzioni sovversive contro l’Ordine domenicano;
disprezzo delle reliquie dei santi;
negazione del culto delle immagini.
Giordano Bruno si rifiutò fino alla fine di abiurare ai principi fondamentali del suo pensiero ed al giudice che gli lesse la sentenza di morte rispose: “Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla”. Nel 1888 a Campo de’ Fiori venne realizzato un monumento bronzeo per ricordare la nobile figura del filosofo “qui dove il rogo arse”.