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Blu cancella i murales a Bologna. Lotta al sistema. “Il museo non mi avrà!”

Blu street artist - ArtsLife Gli attivisti mentre cancellano i murales bolognesi di Blu

Blu street artist - ArtsLife

Lo street artist Blu è perentorio. Inamovibile. “Il museo non mi avrà”. Titola così “la Repubblica” nelle sue pagine di cronaca bolognesi. Nel corso di una notte frenetica di vernice e spray, Blu, il “Banksy italiano”, ha cancellato i suoi celebri, splendidi graffiti dai muri di Bologna. Il motivo? Una potente istituzione culturale, Genus Bononiae, sostenuta dalla fondazione bancaria e presieduta dall’ex rettore Fabio Roversi Monaco, sta facendo staccare dai muri le opere dei writer più quotati per esibirli, in alcuni casi senza il consenso degli autori, in una mostra sulla street art che inaugurerà giovedì prossimo nell’austero e storico Palazzo Pepoli.

C’era da aspettarselo che Blu reagisse in questo modo. Lo aveva già fatto a Berlino nella notte tra l’11 e il 12 dicembre del 2014. I potentati e le istituzioni museali che ora a Bologna hanno tentato questa operazione non hanno capito nulla del suo linguaggio. Oppure se ne fregano. E’ un po’ la versione italiana della polemica relativa al tentativo di scoprire il nome segreto dell’anonimo street artist Banksy. L’attività artistica di questi autori è intimamente connessa alla polemica contro la società e il mercato. Leggete qui per comprendere meglio la cifra di questi straordinari lavori di Banksy. La “cifra” dell’arte e deegli interventi cittadini di Blu è sulla stessa onda. Chiunque tenti di incasellare questi maestri nel circuito istituzionale o del mercato viene automanticamente espulso.

Blu street artist - ArtsLife
Gli attivisti mentre cancellano i murales bolognesi di Blu

Aiutato da un gruppo di occupanti dei centri sociali XM24 e Crash, Blu -l’anonimo graffitista bolognese che nel 2011 il Guardian ha segnalato fra i dieci migliori artisti di strada del mondo- ha distrutto tutte le opere ancora visibili che ha realizzato nel corso di vent’anni nella città da cui è partita la sua fama ora internazionale, affidando agli amici scrittori del collettivo Wu Ming (Blu non concede interviste ai media) il compito di divulgare e commentare il gesto di protesta sul loro blog Giap:

“La mostra “Street Art” è il simbolo di una concezione della città che va combattuta, basata sull’accumulazione privata e sulla trasformazione della vita e della creatività di tutti a vantaggio di pochi. Di fronte alla tracotanza da landlord, o da governatore coloniale, di chi si sente libero di prendere perfino i disegni dai muri, non resta che fare sparire i disegni. Agire per sottrazione, rendere impossibile l’accaparramento. Non stupisce che ci sia l’ex-presidente della più potente Fondazione bancaria cittadina dietro l’ennesima privatizzazione di un pezzo di città. Questa mostra sdogana e imbelletta l’accaparramento dei disegni degli street artist, con grande gioia dei collezionisti senza scrupoli e dei commercianti di opere rubate alle strade. Non stupisce che sia l’amico del centrodestra e del centrosinistra a pretendere di ricomporre le contraddizioni di una città che da un lato criminalizza i graffiti, processa writer sedicenni, invoca il decoro urbano, mentre dall’altra si autocelebra come culla della street art e pretende di recuperarla per il mercato dell’arte”.

Così il gran bel pezzo di Michele Smargiassi, collega di “La Repubblica” non può far altro che limitarsi a una cronaca di questo scontro. Spiegando che il gesto di Blu è

“Una risposta clamorosa che riaccende la battaglia fra artisti di strada e sistema culturale ufficiale. Alcune settimane fa, quando si diffuse la notizia che una squadra di tecnici stava “strappando” i graffiti più belli dai muri degli edifici sui quali erano stati (abusivamente, è ovvio) affrescati, esplose la polemica sulla legittimità giuridica e morale dell’operazione che trasforma in arte da museo l’arte di strada, nata in conflitto con il sistema dell’arte e con i poteri che gestiscono l’immagine urbana. La motivazione ufficiale: salvarli dal deperimento e dalle demolizioni, ossia “avviare una riflessione sulle modalità della salvaguardia, conservazione e musealizzazione di queste esperienze urbane”. Ma il degrado e la demolizione sono, per molti artisti di strada, messi in conto come parte della vita stessa dell’opera. Nel frattempo, mentre il potere museale si appropriava dei murales, il potere giudiziario punisce gli autori: ottocento euro di multa e condanna penale per AliCè, artista romana esposta in tutto il mondo, per avere “imbrattato” una mezza dozzina di muri degradati della città. Se alcuni writer hanno accettato la museificazione forzata delle proprie, altri l’hanno esplicitamente avversata: come il bellunese Ericailcane, che contro l’appropriazione ha diffuso in Rete il feroce disegno di un topo con la didascalia “Zona derattizzata. Area bonificata da tombaroli, ladri di beni comuni, sedicenti difensori della cultura, restauratori senza scrupoli e curatori prezzolati, massoni, sequestratori impuniti dell’altrui opera di intelletto, adepti del Dio danaro e loro sudditi”. Si attendeva la risposta di Blu, il più noto e sfuggente del gruppo. È arrivata. Ed era forse prevedibile: ha fatto come in Cuvrystrasse a Berlino, quartiere di Kreuzberg, dove un suo murale, pensato come riscatto artistico del degrado urbano del luogo, stava diventando un arredo di lusso in un progetto di ristrutturazione residenziale per ceti abbienti. Cancellato, per sempre. Bologna dunque perde, per volontà dell’autore, diverse opere che farebbero la felicità di molti musei. Via l’uomo con la mascherina antismog nel sottopassaggio di via Stalingrado, via il gigantesco murale (una scena surreale di scontri di piazza) su una facciata dell’ex macello comunale, occupato dal centro sociale XM24, per il cui mantenimento in loco si erano mobilitate negli scorsi anni raccolte di firme e appelli di intellettuali, via in tutto una mezza dozzina di opere segnalate nelle guide alternative, meta di pellegrinaggi degli appassionati. Per salvare da erbacce e muffe gli animali fantastici che aveva disegnato assieme ai bambini nel giardinetto di cemento di via del Guasto, affidandoli all’Accademia di Belle arti, la presidente del quartiere Milena Naldi aveva perfino lanciato una sottoscrizione popolare. Ora chi vorrà vedere i lavori di Blu (quelli autorizzati e quelli no) dovrà andare a Città del Messico, o a New York, o in Palestina, a Vienna, a Milano, a Praga, a Roma. Bologna, per aver voluto “salvare” l’arte di strada, ha finito per perderla. Dopo la condanna di AliCè, Roversi Monaco aveva mostrato di gradire che i graffitisti reagissero “con classe”, senza protestare. Ma a quanto pare, alcuni artisti di strada non vogliono farsi stritolare nella morsa fra museo e tribunale.

Forse a questo punto apparirà più chiaro a tutti quanto sta avvenendo. Dei nuclei di opposizione al sistema capitalista hanno ormai compreso che l’unica possibilità di un’opposizione concreta consiste nel rifiutare a tutti i costi qualsiasi contatto sia con i media che con le istituzioni, per non parlare del mercato. Insieme a frange di hacker questi artisti stanno creando in tutto il mondo un movimento undergorund nel quale la prima regola è: chiunque accetti un’intervista o qualsiasi intervento che lo inserisca nel sistema è assolutamente libero di farlo ma con ciò sceglie in automatico di autoespellersi dal progetto rivoluzionario. Ciò avviene poichè queste persone hanno capito che il capitalismo edonista ha uno strano potere fagocitante di ribaltare ogni critica trasformandola all’istante in una merce da esibire nel mass market museali o mercantili. ArtsLife -un giornale pubblico che si occupa anche di mercato dell’arte oltre che di cultura- è pienamente parte del sistema. Ma comprende e sostiene questi artisti e il loro movimento.

Lunga vita all’anonimato dell’arte e alla diffusione della bellezza!

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16 Commenti

  • voi avete un nome troppo bello, di cui mi accorsi solo dopo l’ultimo post, per non inviarvi qst.link dove spiego un pò il mio punto di vista.
    https://www.youtube.com/watch?v=XxQJkwv8TE0
    Buon lavoro a tutti

  • Cristiana, così non vale, mi costringi a tornare qui se stravolgi tutto (la mail che annuncia il tuo post mi arriva ugualmente, se ci faccio cmq.clic al volo per curiosità e leggo altri ribaltamenti, cose che non ho mai detto, ecc.). Io starei qua anche tanto tempo, ma credo abbiamo entrambi altro da fare, poi in effetti su qst.discorso forse non credo ci sia molto da dire, oppure bisognerebbe dire davvero troppo, praticamente tutto… E poi, con soli 6 livelli di risposta, non si andrebbe molto in là nel dialogo 🙂

    “Io non ho simili certezze, così come, ad esempio, non credo affatto che Blu sia una pecora diventata star.”
    Dimmi te se non mi costringi a ritornare se scrivi una cosa del genere? 🙂
    Quando mai avrei detto che Blu è una pecora? Oltrettutto nemmeno lo conosco. Io forse mi sarò espresso male, ma se rileggi quel che ho scritto:

    “Alla fine naturalmente potrebbe essere tutta una mossa di marketing. Benissimo. Le mosse di marketing riescono perchè le pecore si comportano da pecore.

    A me interessa che le pecore diventino le star, come dici tu di Blu. A me interessa vedere la star in ognuno e vedere in questo caso ognuno, divenuto star, girare i tacchi davanti a quello zoo.”

    forse capisci che io mi stavo riferendo alle persone comuni, quelle che, se si comportano da pecore appunto, fan si che le eventuali macchinazioni, anche le peggiori, abbiano successo, ma che invece, se diventano loro le vere star, se cioè sanno leggere, loro, da soli (visto che voi non li aiutate granchè…), con intelligenza, con autonomia di pensiero, le varie situazioni, e girano appunto i tacchi davanti a quella mostra, in questo caso allora, se anche fosse tutta una macchinazione pubblicitaria, la farebbero comunque fallire, perchè appunto quella non è una bella mostra…, non lo è per niente.

    Invece pare pendano tutti dalle labbra di curatori e addetti ai lavori vari come sempre, i quali, a parer mio, in tutti questi anni si sono autodelegittimati, han perso parecchia credibilità.

    Più pensiero autonomo da parte di ognuno, di ogni singola persona, di ogni potenziale visitatore di una mostra d’arte (ognuno “star” appunto, ognuno leader di se stesso, delle sue scelte su ciò che è o non è arte, visto che di questo poi qui si sta parlando e visto che si può insegnare la tecnica, ma non si può insegnare a scuola il sentire, che quindi chiunque può avere, anche se non è nel mondo dell’arte per mestiere), farebbe senz’altro bene a tutti, critici compresi secondo me, visto che costringerebbe a fare scelte di qualità.

    Ma visto che hai dichiarato apertamente, da persona del settore – anche se appunto nemmeno io ti conosco – che la mostra non la andrai a vedere, allora voglio crederci, voglio ancora sperare che l’arte si possa salvare (tu non ci andrai perchè “lo strappo è stato di chi ha progettato”, come scrivi, quindi non per la mostra in sé, e/o non ci andrai per altri motivi ancora, ma vabbè, mi accontento lo stesso e il fatto stesso che, da addetta, non vuoi vedere quella mostra, mi fa cmq. ben sperare, voglio crederci, voglio farmelo bastare 🙂 ).

    Ti saluto così:

    B U O N L A V O R O !!! 🙂

    • cmq.Cristiana io non mi riferivo a Vezzoli, visto che tu hai fatto il nome, e capisco in qst.caso naturalmente il perchè. No, io ne avevo in mente altri di lavori all’uncinetto o simili, non i suoi, se ne son visti altri e soprattutto, uncinetti o soprammobili o similia, era per esprimere la debolezza, a parer mio, di tanti lavori. Chi vuol capire capisce, anche senza precisare se era il punto catenella di Tizio o il punto croce di Caio… (come vedi mi avete fatto diventare esperto pure a me 🙂 No, in realtà non so se il punto croce è un punto da farsi all’uncinetto, però conosco la croce che l’arte è diventata a parer mio per la società e questa mostra lo conferma…).

  • Ti rispondo qui Cristiana visto che un sesto livello nelle risposte pare non sia consentito. Ultimo commento, così non spendiamo altro tempo, visto che mi dici che la mia posizione è già abbastanza chiara (anche se sinceramente dalle tue supposizioni non si direbbe…), nonostante abbia in tutto postato 3 commenti qui , con questo, e 4 o 5 in tutto su un solo altro sito (non ho nemmeno un profilo facebook, anche se c’è un Arsen Ale….).

    pertanto ti dico solo che non è più il tempo delle parole, Cristiana (oltrettutto hai fatto così tante supposizioni da sola…).

    Ormai è il tempo delle arti.

    Tutti devono fare la loro opera, tutti devono fare la loro magnifica e decisiva performance. questo è il vero gesto da star.

    La vera unica star oggi è colui che è capace di fare le sue scelte, di esprimere i suoi giudizi sull’arte in maniera davvero autonoma, e in quanto autonoma, dirompente.

    E questo aiuterà la vera critica anche…

    Il Potere terrà aperta la mostra dei murales coi quali ha voluto dimostrare appunto tutto il suo attuale potere, anche se nessuno la vorrà spontaneamente visitare. Come le migliori azioni promozionali, pagherà magari anche falsi visitatori.

    Ma tu, tu che fai Cristiana? Vai o non vai allo Zoocirco dell’Arte a vedere da vicino le Opere-Animali? Dillo, esponiti.

    Se ti astieni dal fare sapere pubblicamente la tua posizione, se te ne lavi le mani, significa che avvalli (salva la tua dichiarazione su archive.org o altrove, perchè dichiarazioni postume non valgono granchè, lo sai meglio di me).

    Se ti astieni significa che dici di amare gli animali e poi vai allo zoo o ai circhi che ancora magari li tengono in gabbia, per mostrarli appunto a coloro che “li amano”… (se ce ne sono ancora di questi circhi e laddove magari non ce ne siano più, se ne creeranno appunto di nuovi, con nuovi animali…). Se ti astieni dal far sapere, così come se ci vai naturalmente, significa che ami l’arte di un ben strano amore…

    Alla fine naturalmente potrebbe essere tutta una mossa di marketing. Benissimo. Le mosse di marekting riescono perchè le pecore si comportano da pecore.

    A me interessa che le pecore diventino le star, come dici tu di Blu. A me interessa vedere la star in ognuno e vedere in questo caso ognuno, divenuto star, girare i tacchi davanti a quello zoo.

    E stai comunque attenta Claudia, perchè anche in gabbia, l’arte è sempre una brutta bestia…

    Soprattutto, in gabbia.

    E’ stato un piacere

    P.s. se c’è magari qlch.refuso, come ho vsito nel mio commento precedente, senz’altro lo apprezzerai, avendo l’arte nelle tue corde, sai senz’altro che non è mai perfetta (è arte anche qst., visto per cosa…opera).

    • “Alla fine naturalmente potrebbe essere tutta una mossa di marketing. Benissimo. Le mosse di marekting riescono perchè le pecore si comportano da pecore.

      A me interessa che le pecore diventino le star, come dici tu di Blu. A me interessa vedere la star in ognuno e vedere in questo caso ognuno, divenuto star, girare i tacchi davanti a quello zoo.”

      Ho dimenticato di aggiungere che i tacchi girati saranno un bene comunque, anche se lo zoo non dovesse esser tale e dovesse invece esser solo un altro circo, dove esibire opere create nell’immenso studio-galleria delle strade dell’intero pianeta, con soldi pubblici e gonfiate poi ad arte nel valore per esser magari rivendute per lucro privato…

      così l’opinione è più chiara (sorry per il Claudia anzichè Cristiana)

      • Caro Ale, l’unica certezza qui è che non ti conosco e che non devo supporre nulla. Ma, che tu lo voglia o no, a me pare evidente quello che pensi. Se credi che non sia palese allora è inutile che tu scriva. Per quanto mi riguarda ho già detto che lo strappo è stato di chi ha progettato la mostra, che non andrò a vedere, ma questo lo pensavo ben prima della distruzione di Blu, dato che ho anch’io un’opinione e abbastanza motivata, benché non sia così convinta di avere in tasca la verità. Così come non sono andata a vedere altre mostre che, in termini strettamente critici, non avevano per me alcuna consistenza e nessuna ragion d’essere. E che, fra l’altro, quelle sì, erano prodotte con soldi pubblici (mentre questa sulla street art a Bologna è prodotta da una Fondazione privata, gioverebbe ricordarlo, dato che sembra un leit-motiv pregnante).
        Aldilà di ciò, qui mi interrogo comunque sull’opportunità che un artista cancelli la propria opera, soprattutto se quella è stata (nelle sue intenzioni e nelle finalità) un regalo per la gente. E la gente non ha colore né odore, né appartenenza, né sesso… L’ho detto sin troppe volte a costo di annoiare.
        A te interessa il gesto che definisci artistico e interessa – da quello che scrivi, pertanto potrei senz’altro sbagliarmi – la presa di posizione di un autore nei confronti di un sistema percepito come male assoluto. Una posizione che tu abbracci senza se e senza ma, proponendo questa lettura come universale e – se ho capito bene – unica possibilità anche per una critica d’arte che oggi abbia un senso.
        Io non ho simili certezze, così come, ad esempio, non credo affatto che Blu sia una pecora diventata star. Un grande artista lo è sempre, non aspetta il momento di maggior esposizione per conoscere il proprio valore. C’è qualche star, nell’Italia dell’arte (secondo me, naturalmente), e penso ad esempio a fenomeni come Vezzoli che si è costruito passo passo una vera e propria carriera, ma davvero sono esempi che non quagliano con il caso che stiamo esaminando. Forse però è solo questione di parole…
        Comunque, di certo io non riesco a vedere i casi della vita (arte compresa) come un labirinto in cui esistono solo due scelte, o la A o la B, o è tutto bianco o è tutto nero. E’ certo che ci siano momenti in cui si deve scegliere e si deve aver il coraggio di scegliere, e sono straconvinta che Blu debba aver avuto un grandissimo coraggio a distruggere ciò che ha fatto in venti anni di lavoro per un ideale.
        Ma io non sono Blu e neppure un’artista, io sono una di quelle pecore che – lungi dal diventare una star – godeva di un regalo che ora non c’è più. E infatti i muri sono grigi, non sarà un caso.
        Anche per me è stato un piacere.

  • Che l’arte di strada appartenga alla strada non può essere messo in dubbio,ma per dirla con Michele Serra dalla sua amaca di domenica la reazione di Blu va in culo al popolo;la bellezza creata per la gioia degli occhi di chi passa o vive lì,se cancellata condanna tutto di nuovo al più triste grigiore .non c’era altra soluzione ?

    • “..la reazione di Blu va in culo al popolo…”.

      Il popolo ce l’ha in culo comunque e da un bel pezzo………

      Alla fine qui si sa poco e niente, Blu è una “star”, che “dialoga” col sistema, non un writer qualsiasi, quindi, a maggior ragione, questa mancanza totale di informazione pesa, ecc.ecc., quel che è certo, è che si va per una cattiva strada.

      Considerando che quella attuale già fa…penare, diciamo così, da “pene”…(vedasi anche la frase citata di cui sopra…).

      • Gentile Ale, la tua posizione è chiara, anche altrove. E davvero comprensibile. Ma davvero la guerriglia è quella cosa che depaupera quelli che vorrebbe liberare?

        • Cara Cristiana, sai qual è la cosa bella del Sistema? Che è fatto per mettere in gabbia tutti prima o poi, ma proprio più o meno tutti, è solo una questione di tempo e son sicuro che anche tu lo sai. Prima o poi colpirà tutti uno per uno, singolarmente, te compresa, a meno che tu non appartenga ad una elite veramente molto, molto elevata, e nessuna guerriglia ti può oggi liberare.

          I tempi sono cambiati, non si può più stare a guardare aspettando che “arrivino i nostri”, lavarsene le mani, pensare che ci penseranno altri.

          Bisogna schierarsi, eh, troppo comoda se no. Astenersi, andare alla mostra/zoo/circo giusto per curiosità, equivale evidentemente ad avallare lo strappo, delegittimare la protesta, implicitamente condannarla o nella migliore delle ipotesi farla passare per un qualcosa di personale o di banale o di esagerato o di pretestuoso, ecc. ecc.

          E poi, ma dico, stiamo scherzando? Cosa hai perso? Un murales. Qualche murales. Belli sì, ma davvero nel mondo dell’arte s’è arrivati al punto che qlch. murales, per quanto belli possano essere, valgono un principio?

          Io non conosco Blu, che oltrettutto è una star appunto, pertanto non so troppe cose…, non c’entro nulla con l’arte di strada e nemmeno ne ho l’età… Ma l’anima dell’arte è una, il legame di un’artista con un’opera è lo stesso, la dignità da rispettare di un’opera e dell’artista è la stessa (parlo di artisti e di opere, non di ragazzini con l’iPhone in cerca di ispirazione, di un ennesimo particolare da macroingrandire perchè non hanno nessun sentire personale, nessun percorso da sviluppare e non parlo nemmeno di signorini/ine con cui si son riempite mostre, fiere e gallerie esponendo i loro ricamini all’uncinetto, i lavoretti a maglia, i soprammobili ed i quadrettini con i fiori secchi ecc.ecc. mentre la società là fuori, negli ultimi lustri, era sotto assedio: gente in tutti i modi moriva, tanti anche materialmente, per questa guerra che va avanti da lustri; gente che avrebbe avuto bisogno degli artisti, perchè se no chi altri avrebbero dovuto difenderla, la società? Non prendere pretestuosamente queste parole per favore come presuntuose o arroganti, tanti artisti si salvano, ma quanti sono sul totale? Qual è stato fino adesso il panorama reale?).

          Davvero si pensa che una volta che la si è pagata, ad esempio, di un’opera si possa poi fare sempre e comunque quello che ci pare, compreso offenderne la dignità?

          Davvero si pensa che il detto “l’arte non ha prezzo” (che in altre parole significa anche che, alla fin fine, l’arte non è nemmeno mai al 100% davvero in vendita) sia un detto e basta?

          Questo è quel che il sistema ha creato…

          E guarda caso, questa azione pretestuosamente salvifica (come al solito la scusa è sempre quella di salvare qlcs.o qlcn.naturalmente) viene da una persona che presiede o ha recentemente presieduto la più importante fondazione bancaria della città e non solo, l’Accademia di Belle Arti, l’Ente Fiera di Bologna, ecc.ecc., solo per citare alcune cariche. Cioè praticamente l’arte in questi anni il sig.Roversi Monaco se l’è di fatto ideata, realizzata, organizzata, criticata, venduta… E poi uno si meraviglia della sua piattezza e debolezza?!? Ahahah, se non fosse una tragedia sarebbe davvero una comica.

          Cmq., per tornare alla tua domanda, che se mi permetti vorrei riscrivere così “cosa è meglio fare?”, a me non piace fare citazioni, le faccio solo quando le sento davvero mie, ma in questo caso citare Einstein mi va 🙂 :

          “The world is a dangerous place to live; not because of the people who are evil, but because of the people who don’t do anything about it”.

          Io credo che suggerire alla gente di astenersi dall’andare allo zoo, dall’andare al circo a vedere i fenomeni sociali, i casi da studiare, le ultime ex belve libere ora ammansite e umiliate, potrebbe essere proprio un bel modo per recuperare credibilità da parte degli addetti del mondo dell’arte. Poi se uno ritiene invece in tutta onestà che sia giusto andarci, benissimo, rispetto la sua opinione, ma si dimostrasse alemeno uno straccio di “artistica sincerità”, per una volta… (di nuovo, si è sempre costretti a parlare in generale evidentemente, qualcuno senz’altro si salva, ma il panorama, qual è?).

          E cmq.la guerriglia è finita. Prima era guerriglia: la società toglie sempre più libertà e qualcuno in un modo o nell’altro aveva ancora il coraggio di dissentire con forme di guerriglia. Scaramucce, guerriglia appunto.

          Lo strappo è una dichiarazione di guerra ufficiale, è un’azione di forza.

          E soprattutto, ancora, riguardo alla tua domanda:

          “Ma davvero la guerriglia è quella cosa che depaupera quelli che vorrebbe liberare?”

          penso proprio che la guerriglia, ora diventata guerra, non voglia da tempo più liberare nessuno, per il semplice motivo CHE NON PUO’ PIU’ FARLO. OGNUNO SI DEVE LIBERARE DA SOLO, schierandosi appunto, andando o non andando a quel circo, a quello zoo, ad esempio. E così facendo, ciascuno contribuirà a “liberare” anche gli altri… I nostri non arriveranno piu’, siamo noi, ciascuno di noi.

          O non saremo più.

          Naturalmente questo comporta un rischio, uno dei motivi per i quali l’arte non si può insegnare a tavolino…

          Per fortuna non ho dovuto metter tutto in 140 caratteri…

          • Caro Ale, la tua posizione è accorata e – come già avevo detto – assolutamente comprensibile: il grande “strappo” (metaforico oltre che letterale) è stato quello di voler irreggimentare un genere artistico che per sua natura non ha altra possibilità che rimanere “border line”, ai confini di un sistema che comunque occhieggia. In effetti, e bene lo intuisci, Blu è una star, ed è una star perché è maledettamente bravo (un artista, direi). E di certo è ben più dirompente il gesto di una star rispetto a quello di un writer meno noto. Tutto corretto, se mi si passa il termine. Io non sono attirata da una mostra che snatura l’oggetto del suo studio aldilà di ogni altra implicazione politico-sociale che questo implichi.
            Ma c’è un punto soltanto che vorrei riproporre come questione orse fondante.
            Sia io che te, che potrei dire siamo su posizioni vicine concettualmente ma antitetiche nel risultato dell’ “azione di forza” (benché io sia ancora incerta), conveniamo sull’artisticità delle opere di Blu.
            Invece, parlando con mio figlio diciottenne, che senza alcun dubbio plaude alla distruzione di giorni fa, emerge un dato che non avevo preso in considerazione. Per lui (e credo per molti di noi, in realtà) i murales di Blu non sono affatto arte, ma “solo” un modo di esprimere una protesta. In quanto non artistici, nel momento in cui perdono il valore originario e, direi, sostanziale, i murales vanno distrutti. E vanno distrutti solo da chi li ha eseguiti.
            Questo non troppo sottile distinguo pone l’opera di Blu sotto una luce molto diversa. E sotto questa luce, anche a me paiono improponibili i miei dubbi e le mie perplessità.
            Ma è una posizione altrettanto artificiale per non dire artificiosa.
            Siamo disposti a perdere una forma d’arte per poter giustificare la distruzione di un’opera? E’ sufficiente affermare con convinzione che siccome non è arte ma un simbolo, l’autore può avere il diritto di distruggere quel simbolo se ritiene non sia più pertinente con la sua lotta/il suo pensiero?
            Ma allora Blu deve distruggere ogni suo intervento in Italia e all’estero, anche perché – stai certo – le sue “quotazioni” (presunte o reali) sono certamente aumentate dopo l’iconoclastia bolognese.
            Speriamo non mi senta…

  • Io non so se Blu abbia fatto bene o no. Ho soltanto spiegato il “senso” per cui lo ha fatto. Ossia questo sistema del capitalismo edonista ha in sé un mostruoso meccanismo per cui chi si permette di avviare una critica radicale viene immediatamente narcotizzato mettendo la critica stessa sul podio della celebrità e del mercato. Così è accaduto (postumo) con Che Guevara o con Ezra Pound. Bene i giovani e non giovani che lavorano in questo tipo di controcultura undergorund (artisti, scrittori, hacker ecc) non lo fanno soltanto per lasciare ai posteri dei “magnifici murales” in grado di rendere più respirabile i quartieri periferici di Bologna – come scrivi tu – ma perché denunciano la corruzione di una civiltà consumistica ed egocentrica che loro combattono. Mica vogliono lavorare all’assessorato comunale contro il degrado! Voglio scardinare il pensiero, la bassezza morale ed etica e quindi estetica di una società intossicata dall’avidità e dall’egocentrismo. Per queste ragioni la loro arte non può essere separata dalla loro battaglia. Chiunque, liberamente, sceglie di riaffiorare nella melma disgustosa del mercato edonista, automaticamente preme sul pulsante di autoespulsione e abbandona il gruppo. E’ l’unica possibilità per difendere un progetto di rivoluzione culturale. E’ giusto? E’ sbagliato? Che ne so. Ma devi metterti il cuore in pace Cristiana cara: è così! Noi di ArtsLife, che navighiamo a vista sul fiume melmoso di un’epoca a un passo dalla sua fine, conosciamo bene questo linguaggio. E, a dire il vero… 😉

    • Caro Direttore, che tu pensi sia stato “giusto” agire così è – invece – indubitabile e l’hai enunciato molto chiaramente nel tuo intervento prendendo con decisione le parti dell’artista. Del resto avevo capito il senso del gesto di Blu. Mi permetto di dire, anche senza la tua spiegazione, così accorata ed entusiasta, di cui ti sono grata e che ti fa onore. E non c’è dubbio che – in quest’ottica – la distruzione appare l’unica scelta.
      Ma vorrei essere così sicura come te dell’opportunità di quell’iconoclastia. So per certo che a Bologna sono tutti più tristi. Ti invito a leggere questo notevole post di Simone Sbarbati che abita a pochi passi dal murale del XM24 e che ha seguito con sentimenti contrastanti la distruzione di un simbolo per la sua gente e per il suo quartiere. http://www.frizzifrizzi.it/2016/03/12/perche-blu-sta-cancellando-suoi-murales-bologna/
      Non ho mai pensato però che Blu fosse interessato a partecipare alle attività dell’ “assessorato comunale contro il degrado” quanto piuttosto ad accendere di bellezza e speranza un’intera area e la gente che vi abita. Io non sarei così convinta che la scomparsa di un’opera così importante possa essere compresa con la “ragion politica”. Siamo così sicuri che “scardinare il pensiero, la bassezza morale ed etica e quindi estetica di una società intossicata dall’avidità”, dopo aver comunque omaggiato quella stessa società con una tua opera, sia questione assolutamente personale? Qualcuno disse bene da qualche parte: Roversi Monaco, alla fine, non è Bologna.
      Comunque in realtà io sono combattuta fra il comprendere la linearità (e onestà) del comportamento del writer e il non voler ammettere che una parte della bellezza di una città sia svanita nel nulla per opera di una decisione che, se vista in altro modo, sa di arbitrio.
      Qualsiasi opera dell’ingegno umano (libri, opere d’arte, monumenti) quando viene distrutta lascia un vuoto terribile dietro di sé.
      Non riesco a mettermi il cuore in pace, purtroppo, ma certo me ne farò una ragione…
      Grazie per la tua risposta.

      • Grazie a te Cristiana… per la tua di risposta! Come sempre accorata, gentile e preziosa. Che dire in più?… Che la tristezza -per la perdita delle magistrali opere di Blu- possa quanto meno illuminarci…!

  • Caro Direttore, la tua posizione è condivisa dai più.
    Al grido: “l’arte di strada appartiene alla strada e non può essere musealizzata/commercializzata/monetizzata” (con il quale, peraltro, sono in piena sintonia) la brigata degli iconoclasti ha sottratto opere importanti alla collettività. Ovvero ha privato coloro per cui quell’opera era stata concepita dell’illusione di possedere davvero un frammento di storia dell’arte (ben più di come avviene quando un Ente pubblico commissiona ad un artista, per esempio, una statua da installare in una piazza), in una sorta di godimento comune di un bene che proprio perché non istituzionalizzato aveva il carattere del dono più bello. E del resto la funzione di quei magnifici murales era quella di istituire un rapporto intimo e diretto con la gente che vive in quella precisa zona munificata dall’artista di strada, oltre quella di rivitalizzare un’area eventualmente degradata.
    Il gesto furibondo della cancellazione è eroico, disperato (e non egocentrico, come ho letto altrove) e in linea con la propria idea di arte pubblica. Ma è giusto che l’artista proceda con questa libertà così estrema e definitiva? E’ giusto che la gente per cui quell’opera è stata concepita venga privata di un bene che non è solo del creatore ma anche del pubblico? E’ giusto che adesso Bologna sia un poco più brutta di prima, per dirla in termini piani e comprensibili? Non c’era un’alternativa a questa protesta estrema?
    In sostanza, è giusto che l’artista ritenga la propria opera come una prosecuzione intima del proprio arbitrio? Se ti creo allora ti posso anche distruggere? E se così facessimo con i nostri figli quando ritenessimo opportuno difenderli dalle violenze altrui, saremmo tutti potenziali Medee? Il senso di appartenenza dell’autore nei confronti della propria opera, fra l’altro tutelato da ben precise norme giuridiche, non costituisce forse un malcelato senso di appropriazione?
    Non sono sicura che Blu non abbia ragione, e in certo modo anch’io plaudo al gesto che cerca di ricostruire un equilibrio allorquando l’atto musealizzante aveva rotto arrogantemente un incantesimo, ma non riesco a non pensare al patrimonio perduto, alla bellezza scomparsa, alla generosità cancellata dal gesto distruttivo e apocalittico.
    Non sono certa che l’artista abbia davvero ogni diritto sulla propria opera. E non solo in questo caso. Qui non c’è stata selezione qualitativa (l’artista non ha distrutto una sua creazione perché non più in sintonia poetica e stilistica con questa) ma senz’altro una selezione c’è stata: Blu ha distrutto le opere bolognesi e non le altre (grazie al cielo) in altre città, tranne nel caso dell’episodio berlinese che tutti ricordano.
    L’amara ironia è che di Blu, a Bologna, rimarranno solo i piccoli strappi che – potendo passare dalle porte di palazzo Pepoli – saranno infine esposti nella mostra tanto esecrata di Roversi Monaco.
    Quindi, alla fine, di certo involontariamente, Blu avrà favorito gli organizzatori della mostra e – chissà – anche i tanto vituperati mercanti che tentano la fortuna speculando su un genere artistico, che per propria natura non potrebbe certamente dichiararsi borghese, attraverso la nota equazione “più è raro, più vale”.
    Davvero non c’era un modo differente per opporsi all’operazione espositiva? Morandi gettò un anatema assoluto nei confronti di chiunque (dopo il 1957) avesse voluto progettare mostre con sue opere d’arte nello Stivale, polemizzando bizzosamente con il suo critico più appassionato, Arcangeli, che non si riprese mai più dallo sconforto. E così fu. Non ci furono più mostre monografiche di Morandi in Italia sino alla sua morte. Non è qui il caso di spiegare il perché, ma il veto funzionò. Veto che però fu sciolto alla scomparsa dell’artista, fortunatamente.
    E se a qualcuno venisse il dubbio che “Morandi è Morandi e Blu è Blu” obietterò che Morandi, ai suoi tempi, non aveva una tale popolarità quanto oggi Blu ha, considerato com’è fra i dieci migliori artisti di strada al mondo.
    Io non ho una risposta univoca, e sono dubbiosa: ma davvero Blu aveva il diritto di negarci la sua opera?

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