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Intervista a Vincenzo Trione. Nuovo progetto formativo IULM. Un Bauhaus contemporaneo

Vincenzo Trione Vincenzo Trione, Preside
Vincenzo Trione
Vincenzo Trione, Preside della Facoltà di Arti, turismo e mercati dell’Università IULM di Milano

È nato un nuovo Corso di laurea Triennale e Magistrale all’Università IULM di Milano. Abbiamo incontrato Vincenzo Trione -Preside della Facoltà di Arti, turismo e mercati- per conoscere gli aspetti innovativi di questa nuova proposta. E non solo. Quest’anno la facoltà propone due percorsi di laurea: Triennale in Arti, design e spettacolo; Magistrale in Arti, patrimoni e mercati. Quello che accomuna i due corsi è l’obiettivo di strutturare professionisti capaci di operare nel sistema culturale nei settori delle arti e del turismo.

Università IULM di Milano
Università IULM di Milano

Vincenzo Trione insegna Arte e media e collabora col Corriere della Sera. Nel 2003 è stato Commissario della XIV Quadriennale di Roma ed è stato Direttore generale di Valencia 09-Confines. Passajes de las artes contemporaneas. È stato curatore del Padiglione Italia della 56^ Biennale di Venezia – arti visive nel 2015. Ha curato mostre in musei italiani e stranieri e ha pubblicato numerosi saggi su differenti tematiche come sui protagonisti dell’arte del Novecento e il libro Effetto città. Arte cinema modernità (Bompiani, 2014). È stato nominato nel 2014 nel comitato scientifico dell’Enciclopedia Italiana Treccani e dirige il Dipartimento di ricerca del museo MADRE di Napoli. La nuova proposta formativa dell’università IULM riflette il punto di vista di Trione verso il mondo come un’enorme risorsa da sfruttare e la concezione dell’arte come realtà dinamica che è al passo con la realtà contemporanea.

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A cosa si deve la nascita di una proposta formativa così specifica? Cos’è che manca nelle figure professionali attive nel mondo dell’arte e cosa invece offre IULM?

Sicuramente il mondo dell’arte è tra i mondi più attrattivi per l’università, ma tra i meno affrontati con gli strumenti contemporanei. Esiste una vasta gamma di nuove professioni che il mondo dell’arte richiede, ma l’università non è preparata ad offrire. L’idea della proposta della laurea Triennale e Magistrale dello IULM nasce da questo: soddisfare questa esigenza concependo i due Corsi in un’accezione diversa uno da l’altro. È una proposta che lavora sul piano della formazione e della praticità. Idealmente il nostro modello è una sorta di Bauhaus contemporaneo, in cui ci sono anche delle discipline di carattere teorico formativo, che devono dare le basi senza le quali non si può fare assolutamente niente.

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Quanto è importante il confronto con i professionisti del settore?

L’aspetto pratico e operativo è fondamentale per maturare delle professionalità sulle quali l’università italiana non è attenta. In IULM, per esempio, abbiamo fatto un convegno sulle professioni dell’arte. Sono intervenute personalità come il direttore della Reggia di Caserta, Claudia Dwek di Sotheby’s e Andrea Cancellato, direttore generale della Triennale di Milano, che hanno parlato dell’aspetto pratico della loro professione.

Quali sono le figure professionali del mondo dell’arte a cui il progetto formativo fa riferimento?

Si parte dai mediatori culturali, assolutamente imprescindibili, a coloro che studiano le strategie comunicative di un prodotto artistico culturale. Sono prese in considerazione anche le forme della divulgazione artistica soprattutto legata all’arte contemporanea e tutte le mansioni legate alle case d’asta. C’è una gamma davvero ampia sulla quale noi proviamo a lavorare.

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Qual è il cuore innovativo di questa proposta?

Il percorso di laurea Triennale è pensato sostanzialmente come un DAMS (Discipline delle Arti della Musica e dello Spettacolo) in chiave contemporanea. Qualcosa d’innovativo che a Milano non è ancora presente. L’idea è di costituire un percorso che possa offrire uno spaccato sulle diverse discipline legate al mondo dell’arte, quindi sui sistemi dei linguaggi artistici contemporanei, in cui si va dalla storia dell’arte al rapporto fra l’arte e il cinema, la fotografia, la televisione, il teatro e il video. Importante è anche l’aspetto economico manageriale: quindi marketing, management e le nuove piattaforme digitali in rapporto col patrimonio artistico.

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Qual è il rapporto tra il momento formativo e quello operativo?

La nostra idea è quella di provare a saldare il momento formativo con quello operativo. Nel corso di laurea Triennale, intendiamo offrire più esperienze pratiche ai ragazzi, grazie alla rete di rapporti con MIA e MIART che consente loro di misurarsi con realtà internazionali concrete. L’altro aspetto innovativo è quello di integrare ciascuna annualità con un nuovo progetto, che si chiama JOB LAB: ogni semestre i ragazzi realizzano con dei professionisti un prodotto culturale. Per esempio ho chiesto a Lara Facco della fondazione Trussardi di curare un workshop in cui gli studenti hanno un tema e un direttore che segue un progetto. Il risultato è che alla fine di questo percorso i ragazzi hanno realizzato materialmente qualcosa.

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Che tipo di partnership il corso di laurea offre affinché il concetto di operatività non vada disperso?

Si tratta di partnerships con istituzioni rilevanti, che consentano ai nostri ragazzi di andare immediatamente -in base al merito – a fare esperienze presso diverse società. Abbiamo un rapporto con la Triennale di Milano, che offre la possibilità al secondo anno di fare dei lavori, da cui nascono dei progetti di mostra veri e propri come questo della XXI Triennale che si chiama Videogame Art sui videogame come opera d’arte (presente nello spazio espositivo dello IULM).
Da quest’anno poi abbiamo nuovi partner: la RAI (RAIcom) che consentirà ai ragazzi di elaborare dei progetti per format legati a programmi sull’arte contemporanea; la fondazione Sandretto che consentirà a cinque dei nostri studenti più bravi di lavorare come collaboratori di staff; così come per la fondazione Pistoletto ed il centro Pecci, in cui i ragazzi seguiranno la fase di startup.

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L’università promuove iniziative come ad esempio il progetto Erasmus. Per questa nuova proposta quanto conta trasmettere una formazione legata al panorama internazionale per facilitare gli studenti ad assumere un atteggiamento e un profilo professionale europeo?

Questa è una delle cose a cui stiamo lavorando di più. Quest’anno per la prima volta tutti gli insegnamenti di area economica della facoltà per la maggior parte verranno svolti in inglese. Abbiamo immesso per la prima volta un Visiting professor – probabilmente della New York University – che verrà in IULM a tenere sei mesi di corso. Vi saranno poi una serie di accordi con dei musei affinché i nostri studenti del triennio possano andare a fare delle esperienze all’estero. Per la Magistrale abbiamo oramai un rapporto consolidato con l’Israel Museum, che consentirà a due ragazzi all’anno di conseguire due borse di studio interamente pagate per lavorare a Gerusalemme. Attuiamo anche dei cicli di lecture. Uno di questi verrà sicuramente tenuto da Carlos Basualdo, mentre un altro ciclo di lezioni sarà tenuto da Francesco Gasetti, che insegna media a Yale. La modalità è quella di fare tre lezioni intensive di docenti internazionali.

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Leggendo i curricula del corpo docenti della facoltà si avverte un cambiamento nella figura tradizionale del professore universitario. Vi sono tra i docenti persone del settore che esercitano la materia insegnata come professione. Quanto crede che sia importante questo aspetto ai fini formativi?

Ci sono delle cose delle quali l’università deve detenere la centralità: l’insegnamento dei fondamenti dell’arte è imprescindibile che sia fatto da un docente. L’università ha poi bisogno anche di professionisti e deve guardare fuori. Ho cercato di coinvolgere solo professionisti di cui abbiamo effettivamente bisogno. Patrizia Sandretto è oramai al terzo anno da noi ed è una miniera di relazioni e di occasioni anche per i nostri studenti. Antonio Troiano, che è caporedattore della cultura e della Lettura del Corriere della Sera, insegna al triennio e sta consentendo ai migliori allievi di fare pubblicazioni. Tutte queste materie le abbino sempre ad un professionista ed ad un teorico. L’università è una rivoluzione e sembra quasi che nessuno se ne sia accorto.

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Chi esce da una università tradizionale spesso per rispondere alla domanda di mercato deve colmare lacune e si ritrova a dover pagare master costosissimi. Ma questa proposta formativa sembra aver creato un’alternativa.

Io sono diffidente nei confronti dei master. Noi cerchiamo di salvaguardare un’anima umanistica, che è fondamentale per chi si occupa d’arte. Si deve anche riconoscere però che c’è un risvolto economico nello studio e nella conoscenza di un quadro. Vorremmo provare a creare delle figure che, nel momento in cui entrano in un ambito lavorativo dell’arte, sappiano da che parte muoversi.

Nel panorama internazionale c’è qualche altra università che si avvicina alla vostra proposta formativa? Come si è arrivati a questa offerta didattica?

A livello europeo ed americano sì. In America di più, in Europa meno. Ogni anno al nostri Corsi si aggiungono degli accorgimenti. La cosa a cui tengo tantissimo è il coinvolgimento degli studenti anche per quanto riguarda la proposta. Come preside ho fatto in modo che in ogni aula vi sia un rappresentate che mensilmente incontro, per sapere cosa non va e cosa cambierebbe.

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Anche questo aspetto di applicare le materie umanistiche nell’ambito della comunicazione significa andare oltre la teoria dell’arte. A cosa deve questa intuizione? L’arte si avvicina ad un mondo contemporaneo, uscendo dal suo impianto tradizionale, uscendo quindi dai musei e dalle biblioteche?

Se incontrassi un ragazzo che esce da un liceo e che vuole studiare arte, gli direi che esiste un mondo in cui le sue conoscenze possono essere rilocate attraverso altri dispositivi: comunicazione, economia e divulgazione. Sono quelli i canali sui quali c’è bisogno di professionalità e io devo provare a formarle. Ci sono tante persone che decidono di fare i ricercatori. Sarà anche una nicchia ma deve essere difesa. Da quest’anno abbiamo quasi l’ultimo anello di questo percorso: un dottorato di ricerca in Visual Studies, proprio per tutelare questa categoria.

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Quanto il suo percorso ha condizionato questo tipo di offerta formativa? È nata forse proprio dalla necessità?

La nascita di questa offerta è legata ad un percorso abbastanza diverso rispetto a quello di chi ha studiato storia dell’arte. Io sono un contemporaneista e spesso chi ha fatto questo cammino è rimasto in quel contesto. Io invece ho fatto un percorso che prima mi ha portato a fare il dottorato in teoria dell’arte della critica, poi da ricercatore ad associato sono andato in una facoltà di architettura. Quindi la mia esperienza mi ha messo in contatto con un altro mondo, come ad esempio quello degli architetti e dei designer o con gli studenti di cinema e media. Dunque la proposta tiene conto alla fine di un mio percorso, che è stato poco ortodosso e in fondo la proposta formativa ne è influenzata.

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Lo studente diviene già professionista, lo stage non è un apparato aggiunto in seguito alla teoria ma la pratica è inserita nel tessuto formativo.

In tutto quello che ho fatto ho coinvolto gli studenti. Alla scorsa Biennale ad esempio mi sono fatto sempre accompagnare dai ragazzi dei corsi. Mi ha sempre fatto piacere coinvolgerli per mostrare loro come funziona la macchina. Inoltre hanno la fortuna di seguire ogni anno la realizzazione di una mostra dall’inizio alla fine. Il risultato è che i ragazzi realizzano effettivamente qualcosa, cosa che nelle altre università non succede. Sono tutti lavori che fanno in prima persona, io ho la funzione di vigile.

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Ha visto delle differenze tra Napoli e Milano in questo ambito? Anche per quanto riguarda il contemporaneo, che a Napoli è una realtà ancora molto marginale chiusa in istituzioni come quella del Madre?

Napoli ha una vitalità creativa che Milano non ha. Paradossalmente nei momenti di crisi Napoli reagisce creativamente, come nel periodo successivo terremoto. Napoli è una palestra incredibile. Quando vieni a Milano ti sembra tutto un regalo. Si deve andare fuori per capire. I ragazzi che vengono soprattutto dal sud, proprio forse perché vengono da realtà con strumenti minimi, sono quelli che hanno più fame. Se hai fame vinci.

Com’è il suo rapporto con il MADRE?

Ho un rapporto stretto con il Museo. Dirigo il Dipartimento di ricerca. Col MADRE abbiamo realizzato un progetto importante sull’arte contemporanea a Napoli dagli anni Sessanta (Amalfi ’68) fino ad oggi, con la pubblicazione di un volume di duemila pagine risultato di un lavoro di quattro anni che ho curato per l’istituzione.

Vincenzo Trione
Vincenzo Trione, Preside della Facoltà di Arti, turismo e mercati dell’Università IULM di Milano

Per quanto riguarda la sua pubblicazione Effetto Città è interessante notare che non c’è una distanza tra la lettura del mondo reale e il concetto di arte.

Questo dialogo è una cosa che mi appartiene. Questo libro nasce proprio dalla convergenza di tre saperi contigui ma autonomi: l’arte, il cinema e l’architettura. Un concetto che si riflette su tutto. È un libro che nasce inevitabilmente anche da un confronto tra gli studenti.

PER TUTTE LE INFORMAZIONI: www.iulm.it

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