Stranger Things, il serial TV che rinfrescherà la vostra estate [NO SPOILER].
Should I stay or should I go, The Clash, 1982. Questa la colonna sonora della nuova serie televisiva firmata Netflix dal sapore squisitamente anni ’80.
Stranger Things creata dai Duffer Brothers è un vecchio giocattolo fatto per non deludere. Con una prima stagione da 8 puntate è per 2/3 nostalgia di un’infanzia fatta di Nike Cortez, walkie-talkie e BMX, ragazzini di provincia che affrontano avventure più grandi di loro tramite le quali diventeranno prematuramente responsabili ed adulti.
Fin dal primo minuto infatti appare lampante il richiamo ai grandi classici come I Goonies, Stand by Me ed ET, solo per citarne alcuni. Quel font lì poi, è già una chiara dichiarazione di intenti.
>> E infatti anche in Stranger Things ci sono ragazzetti di provincia che incappano come da copione in grattacapi sovrannaturali: c’è l’amico scomparso, c’è una ragazzina misteriosa che viaggia con il protagonista in sella alla sua BMX e fa volare le cose al loro passaggio, c’è tutto Spielberg e tutto Stephen King.
Con i fratelli Duffer ci troviamo ad Hawkins, una piccola cittadina dell’Indiana. La storia ha come protagonisti Mike, Will, Lucas e Dustin, i classici weirdo della high school americana che giocano a Dungeon and Dragons e che trovano pace solo in un mondo fatto di maghi, dragoni e stregonerie.
I quattro amici combattono il mondo reale dai loro rifugi fino a quando Will Byers scompare, un’ombra nel buio lo cattura. Gli amici, la polizia e la famiglia si mettono così sulle sue tracce mentre strani fenomeni paranormali iniziano a sconvolgere la vita di tutti gli abitanti. Tra questi compare dal nulla una spaventata ragazzina di nome Eleven, El per abbreviare.
I veri protagonisti sono anche in questo caso i bambini. A cominciare dalla bravissima Millie Brown, che interpreta Eleven, seguita a ruota dalla gang di ragazzini Mike Wheeler (Finn Wolfhard), Dustin (Gaten Matarazzo) e Lucas (Caleb McLaughlin) totalmente convincenti.Ma poi ci sono gli adulti: Winona Ryder che, dopo gli anni in libertà vigilata, torna sulle scene per interpretare Joyce, la mamma del bambino scomparso catapultata in un incubo a occhi aperti e David Harbour, qui nei panni dello sceriffo, tormentato come chi conosce il dolore della perdita.
Stranger Things è fatto di nostalgia e citazioni. Nessuna scena è completamente nuova, ma è qualcosa che già conosci e che hai già amato.
Forse si potrebbe pensare che Stranger Things sia una serie che non sta in piedi da sola. Un pensiero fomentato anche dal fatto che in rete e fuori si stia parlando non tanto di quale idea fascinante che ci sia dietro, ma (ancora) di Spielberg e Stephen King, Alien e Aliens facendo a gara a chi conta più omaggi e citazioni. Ma Stranger Thing trae forza proprio da quel tanto spudorato citazionismo rimanendo estremamente godibile.L’intreccio, le atmosfere dell’altro mondo, quelle placide e soffocanti della provincia americana e i personaggi ti tengono lì, ancorato.
C’è qualche buco di sceneggiatura qua e là, ma il quadro generale è ben inteso, spiegato e rivelato nella giusta quantità. La storia fila rapida tra tre generazioni, diverse ma consequenziali e che creano piccole sotto-trame funzionali al racconto. Non mancano le scene di sangue e di violenza da guardare tra lo spazio di due dita, trovate spiritose e un finale equilibrato che non dimentica di lasciare aperto un piccolo spiraglio a un futuro rinnovo. La seconda stagione tra l’altro è già stata confermata.
Ancora una volta un serial TV che è di fatto un film in otto episodi e che dimostra, come se ce ne fosse ancora bisogno, la superiorità delle produzioni firmate Netflix (non tutte eh). Perché diciamolo Stranger Things è più o meno è tutto quello che avrebbe voluto essere Super8.
>> Ah, ma poi vogliamo davvero parlare della colonna sonora? Stranger Things, a playlist by Netflix on Spotify (spotify.com)