Una mostra monografica dedicata a Francis Picabia approfondisce la produzione multiforme dell’artista francese, che all’appartenenza a vita ad un singolo movimento artistico preferì la possibilità di sperimentare in autonomia
“La nostra testa è rotonda cosicché il pensiero possa cambiare direzione”: con un aforisma di Francis Picabia (Parigi 1879-1953) che tradisce un temperamento irrequieto e mutevole, la Kunsthaus di Zurigo titola l’ampia retrospettiva che – dallo scorso 3 giugno sino al 25 settembre – celebra l’artista francese e il centenario dell’avanguardia storica a cui il suo lavoro è tradizionalmente ricondotto: il Dadaismo. Nonostante – come l’esposizione mette ben in evidenza – Picabia fu sempre restio a lasciarsi inquadrare in uno solo dei tanti movimenti e circoli artistici che frequentò durante la sua esistenza.
Pochi sanno che Picabia esordì come pittore di stile impressionista. Erano gli anni dei suoi studi all’École des Arts Décoratifs di Parigi; i suoi quadri vendevano bene, ma Picabia si stancò presto di quella pittura che, ormai svuotata della sua carica sovversiva originaria, rasentava la decorazione. Così iniziò a familiarizzare con il Cubismo e nel 1913 decise di partire per New York, dove partecipò all’Armory Show e incontrò il fotografo e gallerista Alfred Stieglitz, che nello stesso anno gli dedica una mostra personale nella sua 291 Gallery. In Europa fa ritorno dopo la fine della Grande Guerra, nel 1916. Fu allora che divenne parte del movimento dada: ma anche questa fase della sua vita non durò a lungo, perché già nel 1921 Picabia lascia il Dadaismo per divergenze con gli altri esponenti.
Negli anni Venti, come molti suoi colleghi, tra cui Picasso, Picabia attraversa quel periodo che è generalmente indicato come “ritorno all’ordine”, che si traduce in una pittura figurativa d’impianto classicista. In questi anni lavora anche come sceneggiatore, scenografo e costumista per la produzione del balletto Relâche e per il film Entr’acte, nel quale erano coinvolti anche Man Ray e Marcel Duchamp. Dagli anni Trenta sino alla sua morte, Picabia prosegue con le sperimentazioni, reinventa instancabile il suo linguaggio figurativo, ribadendo la sua indipendenza e la prerogativa di “cambiare direzione”.
Con la curatela di Cathérine Hug del museo svizzero e della curatrice del MoMA di New York Anne Umland, la retrospettiva alla Kunstahaus ripercorre ogni singola fase della carriera di Picabia, presentando, secondo un ordine prevalentemente cronologico, circa 200 opere, tra dipinti – dalle tele di stile impressionista ai noti quadri meccanomorfi – riviste d’avanguardia, esempi delle sue opere cinematografiche e teatrali e altri documenti che raccontano la poliedrica produzione di una delle più significative personalità artistiche della prima metà del Novecento.
Tra le opere in esposizione, anche una serie di tele che furono presentate in mostra nella galleria Dalmau, a Barcellona nel 1922, e per il cui catalogo André Breton scrisse la prefazione. La retrospettiva alla Kunsthaus è anche un’occasione per vedere riuniti, dopo quasi 70 anni, i tre Edtaonisl (ecclésiastique) dell’Art Institute of Chicago e Udnie, della collezione del Musée national d’art moderne di Parigi, realizzati poco dopo la visita dell’artista all’Armory Show ed esposti insieme al Salon d’Automne parigino nel 1913.
Dopo Zurigo, la mostra farà tappa al MoMA di New York, dal 20 novembre 2016 al 19 marzo 2017.
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Informazioni utili
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Francis Picabia. A retrospective
3 giugno – 25 settembre 2016
Kunsthaus Zürich
Heimplatz 1, CH-8001 Zurigo
www.kunsthaus.ch