Venezia, presentazione alla stampa di Christine Macel, direttrice della prossima Biennale, la 57ma.
Se il buongiorno si vede dal mattino, ho l’impressione che non sarà una gran giornata. Viva Arte Viva è il titolo scelto, intendendo con questa espressione porre l’attenzione, in questo mondo attraversato da conflitti e sussulti (ma davvero?), sulle pratiche, sul modo di fare arte, tra ozio e azione, tra otium e negotium e bla bla bla… “partendo dai pensieri vagabondi dell’artista, dal suo atelier, dai suoi nutrimenti terrestri e spirituali (…) La mostra si sviluppa secondo una linea organica piuttosto che tematica, in una sequenza di padiglioni o trans-padiglioni (ahi ahi) che riuniscono artisti di ogni generazione e provenienza, susseguendosi come capitoli di un libro”. Insomma, i soliti contenitori della qualunque. Pare di sentire la descrizione della nuova collezione primavera/estate per una donna aggressiva e manageriale, che non rinuncia però alla sua femminilità.
L’intento di Viva Arte Viva è dunque riportare l’attenzione sul fare, sulle pratiche dell’arte, per un artista moderno, cioè consapevole del suo ruolo in questa soscietà. Infatti ogni settimana, durante i sei mesi della mostra, un artista terrà una Tavola Aperta in cui pranzerà con il pubblico, creando così un occasione di dialogo. Friture de Paris. Ahi che dolor! Gli incontri con gli artisti nooo, come con gli scrittori, al defunto salone del libro… Piuttosto suggerirei un link con lo scarico della Tazza d’Oro così da chiudere il ciclo, eat and schit, face to face, hart to hart! Ah, sorry, don’t forget Toilet Paper. Vabbè, lo ammetto, mi è scappata un po’ la frizione. In effetti la curatrice ci prova a smarcarsi dalle più banali retoriche del contemporary, dal genderismo all’engagement politico tout court, ma si ha la petit sensation che sia più un salottiero slittamento di significati piuttosto che un cazzuto ribaltamento del tavolo, vedarèm.
Detto questo Christine Macel è una giovine di bell’aspetto, con un bel sorriso che cela la snobistica sfrontata disinvoltura di una burocrate francese. Pur conoscendo benino il nostro idioma, essendo fidanzatissima con un artista italiano, Michele Ciacciofera, ha preferito non sforzarsi troppo e condurre lo speech in inglese quando anche il Santo Padre si rivolse ai fedeli sperando che lo corigessero… Più bon ton, meno bonbon! Rassicurante invece la presenza del padrone di casa, il presidente Paolo Baratta, che con garbo e stile è riuscito a dare sostanza con i suoi interventi ad argomenti oggettivamente deboli.
Ah, last but not least, essendosi svolto tutto a partire dalle 13.30, è stato approntato un malinconico buffet dei poveri, buono giusto per una festicciola all’asilo, di cui vi allego la triste foto. Un buon motivo per scappare e rifugiarsi al vicino Harry’s.
PS: Annunciata la partecipazione di artisti da tutto l’universo mondo: russi, cinesi, mongoli… Italiani? dispersi.