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Bari International Gender Film Festival: intervista a Miki Gorizia, il direttore artistico

Bari International Gender film festival
Bari International Gender film festivalBari International Gender film festival
“Arkan”, l’opera di Karin Andersen e Christian Rainer per Dialoghi sul BIG ff “Naturae”

Il Bari International Gender Film Festival giunge alla sua seconda edizione e la due giorni prevista per il 29 novembre e il 6 dicembre 2016 proverà a allenare gli intrecci tra fermento culturale e spinosi snodi socio-teorici attorno alle questioni del genere/i, sessualità, sesso/i e natura. Abbiamo pensato di approfondire la conoscenza del festival dando la parola a Miki Gorizia, direttore artistico del BIG!ff assieme a Tita Tummillo.


Com’è nata l’idea del BIG!ff? A quale forma di evento artistico e culturale vi siete ispirat*? L’idea del BIG!ff è maturata col tempo raccogliendo e mettendo in campo e in rete diverse esperienze formative e professionali e intrecciandole, non so quanto in maniera fortuita o ricercata, con i percorsi di altre personalità. Un master nella Progettazione dell’Arte dei Nuovi Media presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, un po’ di anni fa: un amico nel mondo della comunicazione mi regala i pass per il Festival del cinema gay lesbico di Milano, il MIX, poiché impossibilitato ad utilizzarli.
Da amatore del cinema li accetto volentieri e mi faccio scorpacciate di film dalla mattina alla sera. In sala conosco Cosimo Santoro, allora capo distributore per Queerframe.tv, progetto pioniere in Italia per la distribuzione di film d’autore a tematica sul genere in VoD (Video on Demand) in streaming e download, assolutamente innovativo per un paese cinematograficamente complesso come l’Italia nel campo della distribuzione (ora Open/Reel).
Commentando e conversando sui film, parte l’ipotesi di svolgere il mio stage di fine master presso la sede di Queerframe a Torino. E così mi sono trasferito. Tornato in Puglia dopo qualche mese, vedo in giro il logo del Bari Queer Festival, in preparazione, progetto finanziato con Principi Attivi e, fresco fresco di stage, mi propongo di dare una mano, credendo utile e lineare spendere l’esperienza acquisita per il mio territorio. E infatti credo, senza presunzione, che il mio ingresso, volontario, nel BqF sia stato cruciale per la realizzazione del festival, mettendo in comunicazione Bari con Torino e la distribuzione di Santoro, che pure ha origini pugliesi, motivo per cui prese molto a cuore collaborare con il festival barese. Purtroppo il BqF non ebbe la continuità sperata, il gruppo si sciolse e ci sono voluti anni perché si ripresentassero le condizioni per rimettere in piedi una diversa squadra di lavoro. E l’occasione è arrivata con la manifestazione d’interesse dell’Apulia Film Commission dell’anno scorso, l’ultima nel suo genere, segnalatami dalla mia collega e compagna d’avventura Tita Tummillo con la quale già collaboravamo nei Laboratori Urbani della Regione Puglia e in altri progetti. Radicare un Festival del Cinema LGBTQI in una grande città del sud come Bari, ci sembrava colmare una grande assenza e portare un beneficio alla città in termini di sviluppo, emancipazione, rispetto delle diversità.

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“Les Biches” – Le Cerbiatte, di Claude Chabrol (Fr/It, 1968)

Come si differenziano le due edizioni del Festival (2015-2016)? Quale funzione rivestiranno i Dialoghi previsti prima delle proiezioni quest’anno? La prima edizione ha svolto un ruolo di start up con la sperimentazione di collaborazioni, alleanze, relazioni fra diversi partner, che con la seconda edizione (ancora incerta a dir la verità) vorremmo consolidare e ampliare per renderla più grande (d’altronde la scelta dell’acronimo BIG conteneva questa speranza). La nostra volontà sarebbe quella di sconfinare dal cinema e lambire altri campi artistici come la musica, il teatro e la danza, le arti visive, luoghi di libertà espressiva in cui i temi dell’identità sono stati storicamente sviluppati e interpretati, spesso anticipando la politica e fornendo chiavi di lettura e spunti di riflessioni molto più efficaci nella comprensione e nel cambiamento della condizione dell’essere umano, dei suoi rapporti con gli altri e con la società. Nella seconda edizione inoltre vorremmo introdurre altre sezioni da affiancare ai lungometraggi, documentari e corti, e prevederne altre per le prime opere. Per esempio, penso ai classici del cinema, formati Off, approfondimenti sugli ospiti e focus su paesi extraeuropei. Insomma, abbiamo in mente un festival che sia un grande laboratorio di ricerca, luogo di incontro, scambio, coinvolgimento. E, per rispondere ad un quesito della domanda precedente, il modello a cui facciamo riferimento è Gender Bender Bologna, grande manifestazione in Italia, giunta alla sua 14^ edizione. Abbiamo tanto lavoro da fare.

I DIALOGHI, realizzati in collaborazione con il mondo universitario e studentesco, nell’idea originaria volevano creare un ambiente di discussione sulle tematiche del genere da più punti di vista del sapere, per offrire più strumenti di comprensione e lettura in vista della proiezione dei film. Dal momento che la seconda edizione del BIG è ancora in lavorazione e trattazione con la Regione Puglia affinchè compia un salto di qualità, pensavamo di non perdere continuità nel 2016, lanciando i DIALOGHI II^ (che comunque hanno una propria autonoma compiutezza di evento), quale motore propulsivo di un’iniziativa di valore che non deve, come nella tendenza tutta italiana, disperdersi e cadere nell’oblio per poi magari ricominciare da zero. Si deve provare in tutti i modi di raccoglierla, sostenerla e farla crescere! È un appello che rivolgo sia alle Istituzioni che al mondo associativo.

Perché “Naturae”? L’anno scorso ci siamo inseriti in un contesto sociale avvelenato dall’invenzione della teoria gender, presentando un festival che smontava, con film di profonda umanità, le minacce di una dissolutezza di condotta e di a-moralità nelle persone dall’identità sessuale non propriamente definita. Quest’anno, invece, volevamo indagare il concetto di Natura, che molto spesso, con violenza verbale, viene adoperato da chi crede di essere e agire “secondo natura”, puntando invece il dito a chi va “contro natura”. Che cos’è dunque questa Natura a cui ci si appella come elemento discriminante, di inclusione o esclusione? È per caso un ordine rigido precostituito? Un insieme di relazioni armoniche? Una serie di leggi inviolabili o al contrario la sede della teoria del caos? Un ciclo virtuoso o vizioso? Ma soprattutto cosa proiettiamo noi umani nell’idea di Natura? Il luogo perfetto degli esseri matematicamente funzionanti e infallibili o quello delle possibilità e delle meraviglie, dove ognuno ha diritto di esistere in quanto essere vivente in una infinita varietà di specie e di forme? La Natura è vista sempre come benevola e pusillanime o è anche come forza oscura e distruttrice? Dietro quale comodo schermo ci si nasconde oggi quando vivendo in questa società iper-tecnologica e mediata si accusa di non agire in accordo con la Natura? Cosa ancora riteniamo naturale quando tutto intorno, nell’eccesso della cultura dei consumi e del capitalismo fuori controllo, ci presenta l’evidenza del contrario? Qual è la Natura profonda di ciascuno che muove i nostri comportamenti di esseri, umani e/o bestiali, e che determina la qualità delle nostre relazioni con gli altri? La bontà, la malvagità, l’empatia, il rifiuto, l’aggressività, la solidarietà. Riconciliarsi con la propria Natura, non significa forse liberarsi dalle costrizioni fisiche, comportamentali e culturali a cui si è sottoposti per esprimere il meglio di se ed essere felici? Ecco tutte queste domande ci hanno fatto pensare di riportare al centro della seconda edizioni del BIG! ff e dei DIALOGHI, il tema Naturae.Bari International Gender film festivalEsiste una particolare filmografia, un regista, a cui avete fatto riferimento per l’edizione di quest’anno? Come selezionate il materiale da proiettare? Siamo incuriositi dalla filmografia del sud-est europeo ultimamente, del Nord Africa e del mondo arabo, forse perchè l’urgenza di esprimersi in paesi in cui ancora esistono violazioni dei diritti umani produce opere molto toccanti e di forte impatto, oltre che presentare mondi altri, paesaggi e dinamiche sociali e relazionali a cui non siamo abituati. La Germania, la Francia, il Regno Unito e i Paesi del Nord Europa invece producono opere che presentano una più consolidata integrazione sociale delle persone lgbtqi e sono quindi di grande esempio e speranza. Quindi direi che la diversificazione della provenienza geografica dei film allarghi la comprensione del mondo in tutte le sue divisioni e sfaccettature.

Sono comunque diversi i criteri di scelta intorno ai film. Operiamo delle ricerche visionando tutti i film in concorso e vincitori nei festival internazionali del mondo, le partecipazioni in sezioni particolari, la provenienza, l’autorialità. Poi accogliamo suggerimenti da alcune distribuzioni partner che ci sottopongono le proprie novità e segnalazioni da parte di conoscenti, artisti, istituzioni di prestigio, festival con cui abbiamo stretto collaborazioni. Aprire più sezioni in futuro ci consentirà di accogliere proposte più sperimentali e low budget proprio per offrire spazi di visibilità a talenti emergenti. In ogni caso materiale innovativo, che non ricalchi clichè e stereotipi, libero da censure, che apra a riflessioni e denunce, a visioni estetiche ed emotive che mai ci hanno sfiorato prima.
Come vi posizionate rispetto alle “questioni di genere”: c’è un problema di invisibilità, mancanza di consapevolezza politica, vuoto artistico? Bari non è una città facile. Ci sarebbero tante possibilità ma poche opportunità. Non ci sono molti luoghi di ritrovo e condivisione di cultura queer. Neanche molti spazi di aggregazione, che non siano esclusivamente ludici, e che faciliterebbero l’incontro e lo scambio di informazioni, sapere, conoscenza. La comunità lgbtqi non agisce con intenti comuni, è abbastanza divisa e poco coesa. Forse sì, c’è ancora un problema di invisibilità poiché l’esposizione è ancora abbastanza temuta, seppure molti passi in avanti sono stati compiuti. La consapevolezza politica arranca forse perché manca una memoria storica ed un approfondimento culturale. Ma questa è una tendenza del vuoto politico ed artistico generale, non sicuramente della sola comunità lgbtqi. La presenza di un festival del cinema potrebbe colmare questo vuoto.
Non a caso, città italiane come Torino, Milano, Bologna, dove persistono da un ventennio i festival del cinema gay e lesbico, sono per larghezza di vedute e ricchezza culturale, le destinazioni prescelte per chi dalla Puglia decide di emigrare in cerca di miglior vita.


>> Informazioni utili sul Bari International Gender Film Festival  sulla pagina Facebook ufficiale e sul sito dell’Università degli studi Aldo Moro

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