Mani di innamorati che si intrecciano dolcemente, anziane signore che sfoggiano buffi cappellini, gonne che si alzano al vento, businessman che si recano a lavoro, una donna armena che discute animatamente con un poliziotto e poi bambini, tanti bambini. Capricciosi, imbronciati, curiosi, sorridenti. C’è tutto il palcoscenico della vita delle strade di New York e Chicago nelle foto di Vivian Maier, in mostra al Museo di Roma in Trastevere dal 17 marzo al 18 giugno 2017.
L’esposizione presenta 120 fotografie in bianco e nero realizzate tra gli anni Cinquanta e Sessanta insieme a una selezione di immagini a colori scattate negli anni Settanta, oltre ad alcuni filmati in super 8. Materiale proveniente da un archivio enorme, di oltre 100 mila fotografie che la Maier, tata di mestiere e fotografa per vocazione, realizzò nel corso della sua vita senza mai mostrarle a nessuno. La maggior parte senza averle nemmeno sviluppate. La storia del fortuito ritrovamento di tutto questo materiale è ormai nota a tutti e ha contribuito a rendere la tata fotografa, una sorta di figura cult della street photography.
Siamo nel 2007. Un giovane, John Maloof, immobiliarista di professione, ha bisogno di alcune foto e documenti per un libro che intende scrivere sulla storia degli abitanti di un quartiere di Chicago. In una casa d’aste compra una scatola piena di negativi per 380 dollari, espropriati alla Maier che non aveva pagato l’affitto del box dove erano rimasti per anni. Ne sviluppa alcuni. Sono particolari, intensi. Ne condivide qualcuno tramite internet e riscuotono un grande successo. Capisce che ha tra le mani del materiale prezioso e nel 2009 decide di ricostruire l’identità della misteriosa autrice e di contattarla. Una storia beffarda. La Maier è morta poco tempo prima in ospedale per un banale incidente. Decide dunque di andare alla ricerca di altro materiale della donna presso le famiglie per le quali aveva lavorato come bambinaia. Scatoloni dove la Maier conservava non solo negativi, ma anche filmati, registrazioni audio, spille, ritagli di giornale.
Il resto è noto. Maloof riesce a ricostruire un corpus di immagini che rappresentano un eccezionale documento storico, tra i più importanti nella storia della street photography. La rocambolesca storia del ritrovamento delle opere della tata fotografa contribuisce in modo determinante all’interesse manifestato dal grande pubblico. Maloof, dopo un lavoro di ricerca durato anni, è bravo a promuoverla e ne esce fuori anche un documentario, Finding Vivian Maier dove la storia personale di questa donna, che non aveva mai voluto mostrare a nessuno il suo talento, contribuisce ad aumentare il mistero intorno alla sua figura.
Insomma, la storia personale e l’opera artistica sono indissolubilmente legate. Del resto non potrebbe essere altrimenti. Il suo sguardo è quello di una testimone preziosa proprio perché all’epoca non era una fotografa di professione. Questo rende tutto il suo lavoro genuino e a tratti struggente. Scevro da qualsiasi contaminazione. Fotografava solo per se stessa. Eppure aveva tutte le carte in regola per diventare una protagonista nel campo della fotografia e i suoi lavori rivelano la piena consapevolezza del suo grande talento. L’uso di linee diagonali, i giochi di luce , i contrasti di chiaro e scuro evidenziano una notevole padronanza della sua Rolleyflex. Quello che colpisce di più dell’artista è la capacità di sviluppare molteplici narrazioni fotografiche, passando da una all’altra con estrema disinvoltura e con richiami ai grandi maestri della street photography dell’epoca.
Era una donna colta Vivian e passava tutto il tempo che aveva a scattare fotografie. Pare avesse scelto di fare la bambinaia proprio per lavorare spesso all’aperto e avere del tempo libero da dedicare alla sua grande passione o meglio, ossessione. Scattava compulsivamente fotografie su qualunque particolare la colpisse. A volte portava i bambini che le erano stati affidati, nei sobborghi di New York , attratta com’era, dalla vita di strada. La comunità afroamericana, le nuove architetture che prendevano il posto delle vecchie. Era consapevole dell’enorme cambiamento in atto nella società americana di quel tempo.
Uno sguardo particolare sembra dedicarlo agli emarginati, gli homeless. In fondo anche lei non aveva radici. Viveva nelle famiglie che la ospitavano per fare la bambinaia, senza una casa o una famiglia propria. Quello che più le interessava però era l’intensità dell’attimo fuggente. Amava cristallizzare momenti significativi dimostrando un perfetto tempismo e una grande capacità narrativa. A volte il suo sguardo era discreto, a volte dissacrante. Un’altra particolarità era la sua passione per gli autoscatti. Qualche critico l’ha frettolosamente definita come un’antesignana del moderno selfie ma in realtà era una pratica per sperimentare nuove tecniche come del resto usavano fare anche i grandi maestri del passato. La particolarità sta nella notevole quantità dei suoi autoritratti. Nella mostra ce ne sono diversi ma solo in uno di essi sembra sorridere. Il suo sguardo austero riflesso nelle pozzanghere, negli specchi, nelle vetrine, non guarda mai nell’obiettivo. Come se fino all’ultimo volesse prendere le distanze. Essere contemporaneamente dentro e fuori le storie che narrava.
Nei filmati presenti alla mostra il suo sguardo indaga un anziano signore che dopo aver letto un giornale, sembra volutamente tardare il rientro a casa. Sembra spaesato, come se nessuno si accorgesse nemmeno di lui. Come se cercasse il suo posto nel mondo. Vivian , con il suo carattere schivo e spigoloso, quel posto l’ha trovato solo attraverso le sue fotografie.
INFORMAZIONI UTILI
Dove : Museo di Roma in Trastevere Piazza di Sant’Egidio, 1/b Roma
Quando : 17 marzo – 18 giugno 2017
Orari : da martedì a domenica ore 10-20, chiuso lunedì e 1 maggio La biglietteria chiude alle ore 19.00 Promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali Prodotta da diChroma Photography – Realizzata da Fondazione FORMA per la Fotografia in collaborazione con Zètema Progetto Cultura
A cura di Anne Morin e Alessandra Mauro
Biglietti : Tariffe non residenti: Intero € 9,50 – Ridotto € 8,50 gratuito per le categorie previste dalla tariffazione vigente
Accompagna la mostra il libro Vivian Maier. Fotografa pubblicato da Contrasto a cura di John Maloof.
Info : www.museodiromaintrastevere.it – tel 060608
La storia raccontata da Maloof, lo “scopritore” degli scatti di Vivian Maier, ha dei lati oscuri, lo si evince dalla narrazione fatta da lui stesso nel sito e nel documentario: nonostante l’indiscusso merito di aver salvato il prezioso archivio di negativi, credo che non abbia agito in perfetta correttezza nei confronti della Maier (che era ancora in vita all’epoca della scoperta) e dei suoi legittimi eredi. Ai posteri (e agli avvocati) l’ardua sentenza…