Sino al 18 giugno, Palazzo Sarcinelli ospita capolavori della pittura rinascimentale veneta, da Bellini a Jacopo Palma il Vecchio, sino a Tintoretto.
A una sessantina di chilometri da Venezia, in direzione delle Dolomiti bellunesi, Conegliano coglie l’occasione del quinto centenario della morte di Giovanni Bellini (Venezia, 1430 ca – 1516) per riprendere il ciclo di mostre dedicato alla pittura veneta del XV e XVI secolo, iniziato nel 2014 con l’esposizione Un Cinquecento Inquieto, proseguito con Carpaccio, Vittore e Benedetto nel 2015 e con I Vivarini nel 2016.
Stavolta Palazzo Sarcinelli mette in secondo piano i suoi stucchi e i bassorilievi per fare spazio alla mostra Bellini e i Belliniani:una selezione di circa trenta opere tutte provenienti dalla collezione della storica Accademia dei Concordi di Rovigo, fatta eccezione per un olio su tavola che è stato invece concesso in prestito da una collezione privata di Treviso.
Sino al 18 giugno, le sale dell’edificio cinquecentesco nel centro di Conegliano sono sede di un percorso che fa luce sul ruolo centrale di Bellini nell’evoluzione del linguaggio pittorico veneto, dal tardogotico del Quattrocento inoltrato, alla maturità del Rinascimento italiano della seconda metà del XVI secolo. Non solo, la mostra rende chiara l’ascendenza del maestro veneziano sugli artisti del tempo. Bellini fece scuola. La sua bottega era molto frequentata e in tanti – allievi, collaboratori, seguaci – si servirono dei suoi modelli e cartoni, contribuendo alla diffusione di specifiche tipologie iconografiche religiose da lui elaborate e facendosi eredi del suo modo di dipingere, di trattare il colore, di definire la figura umana.
Promossa dal Comune di Conegliano e da Civita Tre Venezie, la mostra può contare su un allestimento raccolto ed equilibrato, che si adatta al carattere devozionale di molte delle opere esposte. L’illuminazione orienta lo sguardo del visitatore, consentendogli di apprezzare nel dettaglio ogni singola tavola, di ammirare i preziosi ori ancora memori delle icone bizantine nella Santa Lucia e storie della sua vita (1462) di Quirizio da Murano; i brillanti colori a tempera del trevigiano Jacopo da Valenza; i paesaggi narrativi di Girolamo da Santacroce; l’eleganza della posa, la grazia dei lineamenti, l’umanità composta della Madonna con il Bambino (1470 ca)di Bellini, una delle due opere del pittore in esposizione (l’altra è un Cristo portacroce autografo della maturità).
Confronti e rimandi sono una costante lungo il percorso espositivo. Non sempre espliciti, sono invece evidenti nelle opere che appartengono allo stesso gruppo iconografico, dalle Madonne con il Bambino alle cosiddette “devote meditazioni”, composizioni corali caratterizzate dalla presenza di santi e donatori. Tra queste, la Circoncisione di Marco Bello dell’ultimo decennio del XV secolo, esposta accanto a una replica quasi identica, probabilmente sempre dello stesso artista, entrambe citazioni dell’omonima opera del Bellini custodita alla National Gallery di Londra.
I riferimenti non si fermano al maestro veneziano ma si allargano a includere altri protagonisti della scena artistica del tempo, come i fiamminghi ai quali è dedicato un piccolo capitolo della mostra con una copia cinquecentesca dell’Adamo ed Eva di Albrecht Dürer e la Vanitas (1520-1525) di Mabuse; o Tiziano e Giorgione con la loro pittura tonale che si innesta sulla lezione belliniana nella Madonna con il Bambino tra i santi Gerolamo ed Elena e nella Flagellazione di Cristo di Jacopo Palma il Vecchio.
In chiusura della mostra, Quattro teste virili di Tintoretto, o perlomeno di qualcuno della sua cerchia, a dirci che il Rinascimento è ormai alla fine. L’armonia cromatica, gli equilibri compositivi, le prospettive esatte e la compostezza della pittura di Giovanni Bellini sono già un ricordo. L’epoca barocca è alle porte.
INFORMAZIONI UTILI
Bellini e i Belliniani. Dall’Accademia dei Concordi di Rovigo
sino al 18 giugno
Palazzo Sarcinelli
Via XX Settembre 132, Conegliano (TV)