“La felicità è un angelo dal volto serio”. E Jeanne Hébuterne era un angelo silenzioso, una compagna devota e una musa irreprensibile. Galeotta fu l’arte, “Questa ragazza ha delle ossa bellissime… va ritratta”.
Il principio del loro amore fu un quadro, uno dei tanti che Amedeo Modigliani dipinse intrappolando per sempre la bellezza della donna con la quale visse fino alla morte.
Accadde tutto in una Parigi bohèmien mentre un pittore che cerca di affermarsi come artista e spopola come italiano dandy dannato, Modì come maudit. Dall’altra parte una giovane di buona famiglia introdotta alla comunità artistica di Montparnasse dal fratello André, una ragazza disposta a mettere in discussione i rapporti con la sua famiglia per inseguire i suoi sogni artistici e sentimentali.
Jeanne incontra Modì nel 1917 all’Accademia Colarossi (anche se il primo ritratto a matita della donna fatto da Modigliani è datato dicembre 1916) dove la promettente studentessa diviene la sua modella e la sua amante, rinunciando agli agi famigliari per vivere a Montparnasse in un appartamento umido e fatiscente in rue de la Grande-Chaumière.
La sua è una fedeltà che non si piega alla fame, alle convenzioni sociali, alle dipendenze che rendono tumultuoso il loro rapporto. Il pittore ha scatti d’ira, spesso torna a casa ubriaco fino ad ammalarsi di tubercolosi. Molti dei testimoni dell’epoca la ritenevano inadeguata, troppo magra e perfino debole di carattere, invece col suo fare delicato e silenzioso si era opposta ai diktat dei genitori e aveva conquistato l’ultimo dei romantici.
Quando le condizioni di Modigliani peggiorano lei non ha neppure 22 anni ed è al nono mese di gravidanza.
Un amore consumato fino all’ultimo respiro, quello del pittore esalato all’ospedale Charité il 24 gennaio del 1920 e quello della donna che il giorno dopo si gettò dalla finestra di casa sua. Al vuoto di una vita senza Modì Jeanne preferì quello del quinto piano di rue Amyot.