The Eyes of My Mother: il nuovo indie horror guarda al gotico americano.
L’immaginario gotico americano è fatto di luoghi liminali, nascosti, mostrati solo in parte. Case perfettamente imbiancate, fienili, sentieri che s’inerpicano fra le fronde di boschi immobili, sono luoghi d’elezione per la manifestazione del male, dell’orrore più sanguinoso, della cieca follia.
Attirati dal sussurrio delle fronde, dallo sciabordare di fiumi che, come una ferita, attraversano vasti territori e dallo scricchiolio delle assi di legno degli edifici in stile Carpenter Gothic, una nuova generazione di autori e cineasti ha raggiunto questi luoghi per raccontare le proprie storie, seduttive e agghiaccianti: Gillian Flynn (Nei Luoghi Oscuri, L’Amore Bugiardo), Park Chan-Wook (Stoker), Robert Eggers (The VVitch), solo per fare qualche nome.
Lo ha fatto anche Nicolas Pesce che patrocinato dai tre ragazzacci della Borderline Films – Antonio Campos, Sean Durkin (regista di La fuga di Martha) e Josh Mond – ha portato sul grande schermo The Eyes Of My Mother, disturbante e claustrofobico lungometraggio presentato al Sundance Film Festival nel 2016 e purtroppo ancora privo di una data d’uscita italiana.La piccola Francisca cresce solitaria, in una di quelle grandi case ai confini del bosco che sembrano uscite da una tela di Andrew Wyeth, con la sola compagnia della madre, un ex chirurgo dal volto scavato e dai profondi occhi neri (Diana Agostini).
Madre che, oltre al giardinaggio e alla cura della casa, le insegnerà a dissezionare tessuti, in particolare quelli oculari delle vacche che il padre macella nella fattoria di famiglia.
La solitudine ha un effetto degenerante sulla piccola ma sarà il fortuito arrivo in casa di un efferato serial killer dall’aspetto innocuo e mellifluo -da commesso viaggiatore- a segnare la sua esistenza per sempre. L’ometto truciderà la madre, salvo poi essere sorpreso dal silenzioso padre di Francisca che lo incatenerà nel fienile senza dire una parola.L’accaduto non farà solo da trigger per la mente già provata dalla solitudine di Francisca ma – e qui sta la bellezza claustrofobica di The Eyes Of My Mother – si coniugherà alla silente e mortifica routine della fattoria. La piccola Francisca non si è mai mossa dalla magione di famiglia, sa solo pulire meticolosamente come faceva la madre e accudire con degenerata passione il suo nuovo “compagno di giochi” nel fienile, cui caverà gli occhi e reciderà le corde vocali con un kit tenuto in un delizioso porta pranzo di metallo.
Le giornate trascorrono silenziose – mai uno scambio di parola col padre e fattore (che sembra venuto fuori da uno schizzo preparatorio di Grant Wood) – e a noi non resta che osservare il coming of age di Francisca nel bianco e nero scelto da Nicolas Pesce per la sua pellicola. Fra corpi imbalsamati, classici horror in tv (Vincent Price, of course), pulsioni sessuali venute a galla improvvisamente (come da tradizione slasher, il sesso è vissuto come colpa e al piacere segue sempre una certa dose di schizzi di sangue sul muro), nasce in lei un personalissimo desiderio di maternità, l’unica forma di contatto umano completo mai conosciuto da Francisca.
Il principale punto di forza di The Eyes of My Mother rimane la sua meravigliosa protagonista, interpretata dalla stupenda attrice portoghese Kika Magalhães. È lei a donare a Francisca quel peculiare mix di esotismo ed eccentricità che ne fa una final lethal girl indimenticabile e rende The Eyes of My Mother una perla del nuovo cinema horror indipendente.