Da Pirandello a Brecht, da Debord a Kantor, la spettacolarizzazione della società è una tematica che da oltre un secolo attanaglia i più importanti spettatori, con esiti nella letteratura, nella filosofia e nel teatro. Tali riflessioni confluiscono nel lavoro di Nina Carini che, attraverso il suo personale contesto performativo, ne conferma gli esiti all’interno della realtà contemporanea.
J’ai Peur nasce da una situazione circoscritta, l’atto dell’artista, in data 26 febbraio 2017, di legarsi ad una sedia con delle funi, per più di un’ora, davanti al palazzo della Permanente di Milano, immobile, totalmente indifferente allo sguardo dei passanti.
Nella seconda parte del lavoro, svoltasi al Teatro Verdi dal 14 al 17 settembre, una doppia proiezione ha mostrato su un lato, le riprese dell’azione pubblica, e sull’altro un set in cui, immerso in un’atmosfera bianca e onirica, un manichino, alter ego dell’artista, è mosso alla cieca da una bambina.L’ossessione ricorrente di Nina Carini per la maschera sovverte la tradizionale gerarchia attore-pubblico, invadendo lo spazio durante la proiezione e posizionando manichini sul palco, tra le poltrone, per un effetto di straniamento.
La rappresentazione fittizia di una realtà i cui confini con la finzione sono già sfumati, un ragionamento tautologico. Non resta che una liquida mescolanza tra commedianti e spettatori, che recitano, senza palcoscenico né copione, la vita di tutti i giorni: le profezie sulla società dello spettacolo si sono esaudite nella spettacolarizzazione della società.L’immobilità a cui si sottopone l’artista e l’indifferenza dei passanti sono la prova del nove di un cerchio che si chiude, in cui anche la presenza, il frangente dell’esistenza – seduta, legata, ancorata all’asfalto – vacilla.
L’art pour l’art, da quest’opera dal corso inesorabilmente segnato solo un monito si alza (una preghiera?).
Le parole sono prese in prestito da Bertold Brecht: << E-vi preghiamo-quello che succede ogni giorno non trovatelo naturale. Di nulla sia detto: è naturale in questo tempo di anarchia e di sangue, di ordinato disordine di meditato arbitrio, di umanità disumanata, così che nulla valga come cosa immutabile.>>
(Brecht B., L’eccezione e la regola)