Il pittore Luca Gastaldo torna a casa, e lo fa con una personale che inaugurerà nei prossimi giorni presso la Galleria Rubin di Milano: “Comunque a casa” dal 30 novembre al 23 dicembre 2017.
Intervista al pittore Luca Gastaldo che torna a Milano con la personale che sarà inaugurata a breve alla Galleria Rubin. Non potevamo farci sfuggire l’occasione per intervistarlo.
Come nasce “l’artista” Luca Gastaldo?
«Da una passione. Dopo un anno di liceo scientifico ho fatto il liceo artistico e poi l’Accademia di Belle Arti.
Da alcuni incontri e suggerimenti iniziali e dalla morte di mio padre dopo la quale ho iniziato a prendere seriamente la mia passione e l’essere artista come una possibilità anche lavorativa.
I temi e i soggetti sono nati dal desiderio di esprimermi ed esprimere emozioni nel mio lavoro, sono un assemblaggio fra realtà, ricordo e desiderio. Esperienze personali che attraverso il filtro della memoria vorrei suscitassero emozioni universali.»
Giovedì 30 novembre inaugura presso la Galleria Rubin di Milano la tua personale “Comunque a casa”…vuoi parlarci di questo progetto?
«Presento quattro recenti lavori di grandi dimensioni, ognuno dei quali ha caratteristiche diverse sia come tecnica che come ricerca personale. Per me è una mostra importante perché segna un assestamento del mio lavoro e l’apparire di qualcosa di nuovo con diverse possibilità tecniche che sto cercando di approfondire.
La Rubin è una galleria che seguo con interesse da tempo perché ha una lunga tradizione di mostre di pittura figurativa. Mi ritrovo con piacere a far parte di un gruppo di artisti, alcuni dei quali, seguo con interesse ed ammirazione da molto tempo».
Molte le influenze romantiche e letterarie nel tuo lavoro…
«Poche influenze sono per me evidenti o ricercate. Solitamente artisti o scrittori mi influenzano quando ritrovo in essi alcuni tratti di quello che anche io cerco di esprimere con il mio lavoro.
Sicuramente Friedrich, Turner, Hopper e Van Gogh sono fra i miei artisti preferiti; Pavese, Pascoli e alcuni autori americani ma anche musicisti. Mi piace ascoltare determinate musiche mentre lavoro e spesso poi un brano si lega ad un opera completandola».
Che fine fa l’uomo nelle tue opere?
«Per me l’uomo è il protagonista delle mie opere, protagonista anche quando assente. L’uomo dà un significato tutto nuovo al mio lavoro, perché, come nella vita, è l’unico in grado di percepire, di vivere, di commuoversi davanti ad un paesaggio e a percepire certe emozioni. Quando è presente non è mai determinante rispetto al paesaggio ma è ciò che da il valore allo stesso. Quando non è presente lo è per me nello spettatore.
Il paesaggio è perciò solo il tramite, l’espressione che rende evidente l’istante, il segno».
A cosa pensi ti porterà il tuo lavoro in futuro?
«Non ricerco mai forzatamente il soggetto dei miei lavori, aspetto che cresca e venga fuori da solo. È un percorso che prosegue anche involontariamente. Non mi sento legato ad una tecnica o ad un soggetto in modo vincolante e quindi non escludo potermi accostare in futuro a cose nuove e differenti rimanendo, credo, nell’ambito del figurativo.
Cerco di esprimere quello che provo in alcune situazioni, finché un soggetto o un istante mi colpiscono cerco di indagarlo il più possibile».
Descrivi Luca Gastaldo e il suo lavoro in una frase.
«Una citazione di pavese che è alla base del mio lavoro: “Le cose si scoprono attraverso i ricordi che se ne hanno. Ricordare una cosa significa vederla, ora soltanto, per la prima volta».