Take Me (I’m Yours), allestita per la prima volta nel 1995 alla Serpentine Gallery di Londra, è la mostra collettiva che reinventa le regole con cui si fa esperienza di un’opera d’arte. Rompendo ogni canone, i visitatori sono invitati a compiere tutto quanto è di norma vietato fare in un museo: le opere di oltre 50 artisti si possono toccare, modificare, comprare e perfino prendere gratuitamente. La mostra è anche un progetto che si evolve e si rigenera nel tempo. Accanto alla possibilità di prendere una delle migliaia di copie di ciascuna opera prodotta – e quindi concorrere a svuotare fisicamente lo spazio – il pubblico di “Take Me (I’m Yours)” ne modifica l’aspetto partecipando a performance in cui lo scambio non è necessariamente legato a un oggetto ma piuttosto a un’esperienza, assecondando un’idea di immaterialità che è sempre più presente tanto nell’arte quanto nella vita reale.
Felix Gonzalez-Torres “Untitle (revenge)”, 1991:
Una distesa di caramelle è posta sul pavimento e i visitatori sono invitati a prenderne una, destibilizzando l’installazione. Evidenziando il carattere mutevole e transitorio dell’opera, l’artista riflette sul significato dell’oggetto artistico e sulla possibilità che un’opera trovi la sua modalità di esistenza nella dispersione.
Yona Friedman “Street Museum” 2017:
Il progetto assegna il controllo dell’ambiente urbano alle persone che ci abitano, offrendo ai visitatori uno spazio in cui lasciare oggetti a cui attribuiscono un particolare significato, che diventano a pieno titolo opere d’arte e che altri possono prelevare, trasformando la struttura originale di Friedman.
Chistian Boltanski “Dispersion” 1991/2017:
Dispersion è un’istallazione composta da cumuli di abiti usati che i visitatori possono portare via in borse create dall’artista. Con questo lavoro Boltanski riflette sul concetto stesso di arte e sull’idea di transitorietà, creando un’opera effimera destinata a disperdersi nel corso della mostra.