La classifica di ArtsLife dei migliori film del 2017. Tempo di classifiche e resoconti anche per gli amanti del cinema.
Come di tradizione anche quest’anno la prestigiosa rivista di critica cinematografica francese Cahiers du Cinéma ha pubblicato la classifica dei migliori film del 2017: in cima a questa classifica Twin Peaks di David Lynch.
Anche noi di ArtsLife dopo quelle musicali abbiamo chiamato a raccolta i nostri redattori e chiesto loro di stilare le loro personali classifiche dei migliori film di questo 2017 che sta per concludersi.
Ecco di seguito tutte le nostre classifiche.
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Classifica di Lorenzo Peroni
Classifica di Stefano Monti
10. Okja (Bon Joon-ho) A guadagnarsi il decimo posto fra i film imperdibili di questo intenso (ma forse non troppo interessante) anno cinematografico è il dramma animalista firmato da Netflix. Presentato a Cannes e in competizione per la Palma d’Oro, Okja è un buon film, ma non solo: è un film buono, nel senso più emotivo del termine. Buono, ma non buonista; sentimentale, ma non sentimentalista. Tilda Swinton (il post-umano per eccellenza) si sdoppia, ma la vera star è il supermaiale, simbolo – non troppo arzigogolato – di una denuncia al consumismo multinazionale che ci conduce senza esitazione al “risveglio della forza”… vegana.
9. Ammore e malavita (Manetti Bros) But nothing can compare like to be robbed in Scampia! Presentato all’ultima Mostra d’arte cinematografica di Venezia, il musical napoletano dei Manetti Bros. non ha risvegliato l’interesse della stampa internazionale, al contrario dell’entusiasmo di quella italiana. Ma poco importa, perché il prodotto è autoctono e anzi, vive con orgoglio della sua italianità mediterranea. Ancora più importante: è sincero. È un incredibile La La Land in versione partenopea, si ride, si canta e si balla. Ma che si vuole di più dalla vita?
8. ARRIVAL (Denis Villeneuve) Il 2017 è stato un anno importante per Denis Villeneuve, il regista canadese che si è guadagnato un trono fra gli autori d’eccellenza del panorama internazionale. Tuttavia, contro ogni aspettativa, non è Blade Runner 2049 a valergli un posto in classifica, bensì Arrival, lo sci-fi con Jeremy Renner e Amy Adams (sempre sia lodata), in cui la razza umana va a scuola di lingua dell’invasore alieno. In un orizzonte culturale dominato dallo spirito den Natale passato e dal ritorno in auge del film di genere, Denis dimostra di sapere quello che fa. L’immancabile punta d’intellettualismo autoriale, infine, rende perfetto un film altrimenti già visto e stravisto.
3. La tartaruga rossa (Michaël Dudok de Wit) Premio speciale Un Certain Regard alla 69ª Edizione del Festival di Cannes, nonché candidato agli Oscar per il miglior film d’animazione. La Tartaruga Rossa è bello, bello, bello e segna la prima operazione dell’iconico Studio Ghibli (lo studio d’animazione giapponese, noto principalmente per le opere di Hayao Miyazaki) sul mercato europeo, in co-produzione con la Francia. È un viaggio concettuale che non pecca mai di presunzione, un collettivo d’immagini incredibili e di empatia con lo spettatore che – uomo avvisato – potrebbe addirittura portare a una lacrima. Da vedere, subito.
1. Jackie (Pablo Larraín) “I know it sounds a bit bizarre!”, canta Richard Curtis nell’omonimo brano del musical Camelot, lo stesso brano che l’elegantissima silhouette di Jackie Kennedy ascolta nel biopic di Pablo Larraín. Sì, può sembrare bizzarro, perché se l’anno scorso il primo posto della mia classifica premiò l’ipnosi incantatrice di Neruda (2016), quest’anno è ancora il regista cileno a guadagnarsi la vetta del podio grazie alla sua nuova, incredibile perla preziosa per la cinematografia internazionale: Jackie. Presentato alla 73. edizione della Mostra di Venezia, il film racconta i pochi giorni che seguirono l’assassinio del Presidente Kennedy, ma la protagonista (come, d’altronde, nel caso di Neruda) non è la storia, sfondo affascinante e rigoroso, bensì l’iconica moglie, interpretata da Natalie Portman che come sempre è, che altro dire?, straordinaria. Pablo Larraín non è da meno: il suo occhio è incredibile e il film ne è la prova inconfutabile, nero su bianco.
Classifica di Salvatore Piombino
9. L’Inganno (Sofia Coppola). Getta uno sguardo sul legame tra infanzia e male. Come cogliere ogni sfumatura sul volto delle "signorine" che abitano questa scuola di buone maniere durante la Guerra di Secessione americana? È questa la sfida di bellezza e tensione che Sofia Coppola lancia al suo pubblico fino all’ultimo fotogramma, con quel cancello chiuso sulla compostezza di queste giovani donne per le quali «il coraggio è fare quel che si deve quando occorre».
8. Personal Shopper (Olivier Assayas). Ricorda il cinema del primo Cronenberg, psichico e trasversale, soprattutto nei confronti dei generi e delle tematiche. È un film di assenze che si rincorrono. È misterioso ma non è un mistery, ci sono i fantasmi ma non è un horror, c’è un omicidio ma non è un thriller. Un saggio del miglior cinema alla deriva narrativa, con Kristen Stewart.
7. Atomica Bionda (David Leitch). Rutilante, patinato, sanguinolento, un labirinto di specchi pervaso da luci al neon, corpi statuari anni Ottanta (primo fra tutti quello della protagonista Charlize Theron) e una colonna sonora pazzesca. Il cinecomic (è tratto dalla graphic novel The Coldest City) come dovrebbe essere.
6. Arrival (Denis Villeneuve). Memorabile confronto del regista di Enemy e Sicario con il genere sci-fi. Riflessioni sulla lingua, rompicapi spazio-temporali (molto prima dell’avvento di Dark), echi lovecraftiani e un’altra tormentata e capace figura femminile come protagonista per raccontare la gioia di riuscire a comunicare, in questo caso con una specie aliena venuta sulla terra con motivazioni ancora sconosciute.
5. Elle (Paul Verhoeven). Consuma le sue vicende in un contesto natalizio, fra luci che addobbano la città – una Parigi gelida e distaccata – interni borghesi e posti di lavoro à la page, in cui albergano segreti altrettanto borghesi e si consumano violentissimi appetiti sessuali in grado di esplodere finestre e aggredire fin nell’intimo della propria abitazione.
4. 120 battiti al minuto (Robin Campillo). Necessario, (pro)positivo, un caleidoscopio di emozioni per raccontare gli anni Novanta, periodo in cui l’informazione sulla sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) era confusa, ambigua e spaventevole. A Parigi nella sede francese di ACT UP (movimento raccontato anche in When We Rise) la lotta personale incontra il momento storico. Queer Palm a Cannes e rappresentante la Francia agli Oscar 2018.
3. Madre! (Darren Aronofsky). Una delle visioni più bizzarre e sopra le righe del cinema contemporaneo, in grado di scuotere profondamente lo spettatore. Un film-mondo, un'allegoria claustrofobica e micidiale, l'atto dell'amore e della creatività consumato al cospetto della natura umana, meschina, melliflua, violenta ed egoista. Con Jennier Lawrence, Javier Bardem e una magnifica Michelle Pfeiffer.
2. Moonlight (Barry Jenkins). Tre premi Oscar per una storia di formazione altra, sommessa, assai poetica. Chirion cresce a Liberty City (Miami) all’ombra di una madre egoista, drogata e manipolatrice. Saranno Juan (Mahershala Ali) e Teresa (Janelle Monáe,che così ha indovinato due ruoli su due) a curarne le ferite e seguirne la crescita e la formazione come individuo, verso un finale al chiaro di luna che ha commosso le platee.
Classifica di Cristian Pandolfino
10. The Square (Ruben Östlund). Premiatissimo e molto furbo, critica la mancanza di empatia della società di oggi attraverso un’impietosa indagine sul mondo dell’arte contemporanea e su tutto ciò che le ruota intorno. Il sospetto è che soffra degli stessi mali di cui lamenta la diffusione.
9. Song to song (Terrence Malick). Malick accoppia sentimenti e musica dal vivo, portando avanti una indagine verbosa e poetica di entrambi. Gli scorci dei festival e il dialogo con gli artisti che vi si esibiscono sono la cosa migliore di una pellicola altrimenti in balia delle scialbe riflessioni filosofiche di una groupie.
8. Vittoria e Abdul (Stephen Frears). Judy Dench torna a indossare dei panni regali, ma con una irriverenza e una verve invidiabili. Il medesimo tono con cui si affronta il tema dello scontro tra civiltà, in un film che riconsegna alla storia della corona inglese un capitolo imperdibile ma che ha fatto di tutto per dimenticare.
7. Adorabile nemica (Mark Pellington). Chi ha vissuto per anni nella comunicazione non può mica morirne senza. Shirley MacLaine è deliziosa anche quando interpreta una donna come Harriet Lauler, la cui mania di controllo è tale da volersi assicurare che persino il suo necrologio sia scritto come lei desidera. Amanda Seyfried si conferma ottima attrice e una gioia per gli occhi.
06. La tenerezza (Gianni Amelio). Gianni Amelio mette in scena il più delicato dei sentimenti attraverso una storia di solitudini, vicinanza e attraversamento del dolore. Splendidi dialoghi e magnifiche interpretazioni rappresentano un’autentica boccata d’aria per il cinema italiano.
5. L’inganno (Sofia Coppola). Remake firmato da Sofia Coppola de La notte brava del soldato Jonathan, si rivela come un’indagine sul femminile attraverso i diversi gradi di attrazione di tre donne di diversa età nei confronti dello stesso uomo. Le strategie che da essa ne scaturiranno saranno rivelatrici di quel mistero che è ogni donna.
4. Kingsman – Il cerchio d’oro (Matthew Vaughn). Spassosissimo film di spionaggio che fa genialmente il verso a tanti altri blasonatissimi colleghi grazie a un cast stellare e incredibilmente ben assortito: Julianne Moore è una cattiva tanto sadica quanto pop, Elton John un ostaggio assolutamente ingestibile e il personaggio interpretato Taron Egerton ha per fortuna ancora molto da imparare.
3. Quando un padre (Mark Williams). Ritratto di famiglia firmato da Mark Williams, con come protagonista Gerard Butler, che narra di come un padre ritrovi se stesso e le proprie priorità attraverso la malattia di un figlio amato ma relativamente poco conosciuto. Passare più tempo insieme guarirà entrambi.
2. Elle (Paul Verhoeven). Solo Paul Verhoeven, con il suo stile tagliente e senza paura di ingraziarsi il pubblico, poteva tradurre credibilmente su schermo la vicenda di una vittima di violenza sessuale che non accetta di esserlo fino a divenire carnefice. Solo Isabelle Huppert poteva incarnarne ogni ambivalente sfumatura, incantando.
1. 120 battiti al minuto (Robin Campillo). Robin Campillo riunisce intorno al tema della lotta all’ignoranza e al pregiudizio circa l’Aids nei primi anni ’90 un coro di attori assolutamente eccezionale. Il risultato è un film estremamente realistico e altrettanto commovente, il cui messaggio è un inno alla vita che nemmeno la malattia dovrebbe mai oscurare.
Tutti dovrebbero interagire con artisti reali e di valore e supportare i loro sviluppi. Al momento stiamo lavorando su un progetto incredibile e presto tutti avranno la possibilità di contribuire al progetto tramite le pagine di crowdfunding. „L’arte di Wajda” è una collezione di due libri ed un film, che include le ispirazioni, le storie, le illustrazioni e le bozze dell’artista. Ciò consentiranno ai fan di conoscere le creazioni meno popolari ma comunque meravigliose di Wajda, e comprendere profondamente e meglio il suo lavoro d’arte. Speriamo nella generosità dei finanziatori, poichè molto probabilmente si tratterà del progetto d’arte più prominente del 2018.
http://www.multiartprojects.com/