Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) é universalmente considerato il padre fondatore della moderna archeologia. La sua storia – perfino la sua morte – è strettamente legata alla Roma del Settecento e alla nascita del Museo Capitolino, il primo museo pubblico d’Europa. Non poteva dunque che celebrarsi ai Musei Capitolini il doppio anniversario dei 300 anni dalla nascita e dei 250 anni dalla morte dello storico dell’arte tedesco attraverso la mostra “Il Tesoro di Antichità. Winckelmann e il Museo Capitolino nella Roma del Settecento” (fino al 22 aprile 2018). Come del resto si può intuire dal titolo, l’esposizione – a cura di Eloisa Dodero e Claudio Parisi Presicce – attraverso le geniali intuizioni di Winckelmann passa in rassegna anche le varie fasi che portarono alla costituzione e all’evoluzione del Museo Capitolino, un evento fondamentale non solo per Roma ma per tutta la storia dell’arte. Una storia affascinante che, come spiega la curatrice della mostra, ruota attorno a due parole chiave: LIBERTA’ E DESTINO.
Libertà. Il concetto di libertà lo ritroviamo in due momenti molto importanti della vicenda. Il primo momento è legato alla volontà di un giovane Winckelmann di superare quei limiti che la società del tempo imponeva alle sue ambizioni. Nato a Stendal il 9 dicembre del 1717 in una famiglia molto modesta, per realizzare il suo sogno di occuparsi d’arte e venire a Roma deve farsi strada in un ambiente molto classista. Studia molto, stringe amicizie, si converte perfino al cattolicesimo. Poi entra in gioco il destino. Del resto ‘la fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’occasione’ (cit. Seneca). L’occasione deriva da una serie di eventi non collegati tra loro ma che in una visione d’insieme legano per sempre Winckelmann, il Museo Capitolino e lo stesso destino della Storia dell’Arte.
Destino. Dopo una serie di studi e vicissitudini varie, segnate sempre da una situazione economica che non gli permetteva di seguire la sua insaziabile sete di conoscenza, Winckelmann trova posto come bibliotecario presso un conte, nei pressi di Dresda, dove ha la possibilità di visitare una delle più grandi collezioni di arte antica del tempo. Facevano parte della collezione anche alcune splendide sculture della collezione Albani provenienti da Roma, vendute dal cardinale per far fronte ad alcuni debiti di gioco ma erano tutte impacchettate in un deposito. La frustrazione di Winckelmann è massima anche perché a quei tempi per uno studioso, l’unica possibilità di studiare “dal vivo” le opere d’arte classica, era intraprendere un viaggio in Italia e in particolare a Roma.
Un viaggio che diventerà il suo chiodo fisso, il suo principale obiettivo. C’è però un altro episodio della storia che lega per sempre i destini di Johann e del Museo Capitolino. Spostiamoci a Roma, nella primavera del 1733. Il cardinale Albani si trova di nuovo a far fronte a ingenti debiti di gioco. Sta per vendere all’estero altre sculture della sua preziosa collezione quando il Papa Clemente XII, su consiglio del marchese Gregorio Capponi, decide di acquistarle per evitare un’altra perdita del patrimonio (anche se appartenente a un privato) della città eterna. La fase successiva, che rappresenta una svolta epocale – siamo nel Settecento, nulla è scontato- è quella di “musealizzare” le sculture, renderle pubbliche e allestirle in modo adeguato perché siano fruibili dal pubblico. Vengono sistemate negli spazi del Palazzo Nuovo ‘per promuover la magnificenza e splendor di Roma’. Nasce il Museo Capitolino. Il primo museo pubblico d’Europa.
Come spiega Eloisa Dodero, «C’è consapevolezza, siamo per entrare nella fase moderna del Tesoro di Antichità». Il passaggio dal privato al pubblico nella fruizione dell’antico favorisce non solo la crescita culturale di Roma e dei giovani artisti che potevano ispirarsi ai modelli della scultura antica ma anche la nascita della moderna archeologia attraverso gli studi di Winckelmann. Infatti, quando finalmente si trasferisce a Roma, visita e studia tutte le collezioni di antichità presenti in quel momento ma solo al Museo Capitolino trova la sistematicità e la razionalità degli allestimenti. Continua la curatrice: «Ritorna la parola libertà. Per la prima volta lo studioso vede allestita- secondo un criterio innovativo razionale- una collezione. Può studiare le statue in tutta libertà. Deve pagare una mancia qualche volta ai custodi per entrare al museo (l’ingresso al piano terra era gratuito mentre era necessario dare una piccola mancia per farsi aprire al primo piano) ma può trattenersi quando vuole. Sembra scontato, non lo è affatto».
Per questo motivo l’immagine della mostra è una piccola sanguigna di Hubert Robert che rappresenta benissimo questa sensazione di libertà con la figura di un disegnatore seduto a terra nella Galleria Capitolina.
Del resto è lo stesso Winckelmann a scrivere a un amico: «Vivo come un artista e come tale sono accolto nei luoghi dove ai giovani è permesso di studiare, come nel Campidoglio. Qui è il Tesoro delle antichità di Roma e qui ci si può trattenere in tutta libertà dalla mattina alla sera».
Dunque, lo sviluppo delle teorie del padre del neoclassicismo – che identificava nell’arte greca la perfezione dell’armonia – e quello del Museo Capitolino sono strettamente legati tra loro.
Come spiega il sovrintendente Claudio Presicce «Winckelmann ha lasciato, nei suoi appunti, delle informazioni importantissime sulla storia di queste collezioni. Nei 13 anni in cui restò a Roma sviluppò attraverso i suoi studi una impostazione che è ancora alla base del nostro metodo di lavorare nella storia dell’arte». Ovviamente alcune delle sue teorie sono state superate ma rimane il primo ad aver elaborato un approccio scientifico alla storia dell’arte e , insieme al restauratore Cavaceppi, un metodo di restauro filologicamente corretto.
Un legame voluto dal destino: «Winckelmann vede le sculture Albani impacchettate a Dresda poi arriva a Roma, diventa domesticus del cardinale Albani, vive nello stesso palazzo Albani dove sono le sculture che poi sono andate a Dresda, arriva al Museo Capitolino che si sostanzia proprio delle sculture Albani che sono state vendute a Clemente XII e quindi salvate dal loro destino che sarebbe stato probabilmente quello della dispersione» afferma Eloisa Dodero. Un legame così forte che durante un viaggio a Vienna, pur di rientrare al più presto nella sua amata Roma, Winckelmann si fiderà delle persone sbagliate, finendo la sua esistenza in modo tragico.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
Arricchita da una selezione di 124 opere, il Tesoro di Antichità si sviluppa in tre sedi diverse: le Sale Espositive di Palazzo Caffarelli, le Stanze Terrene di Sinistra del Palazzo Nuovo e le Sale del Palazzo Nuovo. E’ prevista una sala immersiva per ricostruire virtualmente tutti i luoghi visitati a Roma da Winckelmann con riprese esclusive realizzate a Villa Albani Torlonia.
E’ proprio questo il motivo della mostra: celebrare la brillante realtà settecentesca del museo e il ‘novello Colombo’ come lo definì Goethe, attraverso le opere oggetto dei suoi studi. Il tutto grazie a un percorso di visita speciale (a Palazzo Nuovo) dove 30 sculture sono lette attraverso gli occhi dello studioso per mezzo delle didascalie che in modo chiaro ed esauriente, accompagnano il visitatore.
Impossibile elencare tutte le numerose opere che fanno parte dell’allestimento – documenti originali, rari volumi , disegni, incisioni, dipinti, sculture antiche e moderne – che vi accoglie con i 3 tondi che decoravano l’Istituto Germanico sul Campidoglio e dove al centro troneggia il volto del teorico del bello ideale.
Ricordiamo solo alcune ‘chicche’ imperdibili come i preziosi volumi scritti da Winckelmann, il primo catalogo illustrato del Museo, il busto di Adriano, le sculture egizie dei due splendidi leoni accovacciati che facevano parte della collezione Albani, il gigantesco calco dell’Antinoo del Museo Gregoriano Egizio (incredibile come un calco sia in grado di restituire tanta bellezza) e, tornato dal Louvre, il tripode in marmo trasferito in Francia ai tempi di Napoleone. Senza dimenticare le splendide vedute del Campidoglio dell’artista francese Hubert Robert e del nostro Piranesi. Inoltre, durante il percorso espositivo ragionato, troverete alcune meraviglie che fanno parte della collezione permanente come la Statua del Galata Capitolino e il monumentale Sarcofago con episodi dell’Iliade.
La rassegna, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali – con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura si inserisce nel contesto delle manifestazioni europee coordinate dalla Winckelmann Gesellschaft di Stendal, dall’Istituto Archeologico Germanico di Roma e dai Musei Vaticani.
Il Tesoro di Antichità
Winckelmann e il Museo Capitolino nella Roma del Settecento
Musei Capitolini – Piazza del Campidoglio – Roma
Sale Espositive di Palazzo Caffarelli, le Stanze Terrene di Sinistra del Palazzo Nuovo e le Sale del Palazzo Nuovo
Fino al 22 aprile 2018
Orari
Tutti i giorni 9.30 – 19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima)
Biglietti
Intero: € 15 biglietto integrato Mostra + Museo (comprensivo della tassa del turismo per i non residenti a Roma)
Ridotto: € 13 biglietto integrato Mostra + Museo (comprensivo della tassa del turismo per i non residenti a Roma)
Gratuito per le categorie previste dalla tariffazione vigente
Info
Tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 21.00)
#Winckelmann300
www.museiincomune.it
www.museicapitolini.org