Il nome di Dio, in libreria una raccolta di poesie dell’artista Paolo Maggis.
Dalla prefazione: “Nel tempo alla poesia sono state date molte e diverse definizioni. Tanto da arrivare a scrivere addirittura poesie sulla poesia. Producendo come è inevitabile non di rado un sentire opposto, un non voler definizioni a prescindere. Perché in fondo la parola poetica è sempre esistita e sempre esisterà come possibilità, opzione del linguaggio. Una caratteristica intrinseca e privilegiata, basti pensare alle prime narrazioni orali e scritte prodotte in versi. Ogni epoca ha così tentato un suo significato in linea con la sua cultura, la sua storia, fino agli eccessi di accelerazione che viviamo nel contemporaneo dove tutto dura, anche le definizioni, non più di un anno. Poi deve essere aggiornato come fosse uno smartphone.
E allora inevitabilmente ricordiamo Bauman quando parla di amore liquido e di rapporti che sono trattati alla stregua di prodotti da supermercato. Prodotti usa e getta. Perché l’accelerazione che abbiamo vissuto in questi ultimi decenni e che in qualche modo ha fagocitato millenni di storia umana deriva indiscutibilmente dal significato che diamo alle cose. Un qualcosa che sappiamo finirà, che dovrà essere cambiato, e così facendo gli diamo le caratteristiche della transitorietà legata al nostro bisogno di utilizzo immediato per una soddisfazione facile e superficiale.
Ma la vita necessita di una lentezza che abbiamo dimenticato. Ed ecco allora che la poesia può diventare, o ritornare ad essere, semplice quanto luminoso racconto di un vissuto. In questa direzione Paolo Maggis consegna con la pulizia di un racconto in versi una parte della sua biografia dove la riflessione incontra la memoria alla ricerca di un senso, un punto fermo. Le due direttive di questo percorso non privo di paure, dolore, precarietà, attese e ripensamenti, sono un dramma e una nascita in una dimensione talmente interconnessa (anche se nella vita quotidiana non sempre è percepibile) da rendere in qualche modo l’una conditio sine qua non dell’altra.Ed è questa la cifra maggiore della poesia di un autore che di mestiere (se di mestiere si può parlare) non fa il poeta ma l’artista. Una serie di quadri dove apparentemente ci sono soluzioni di continuità e riferimenti abbastanza precisi ma, a uno sguardo più attento, tutto è posto sul piano onirico e sfuggente di un significato più alto. E non ci si lasci ingannare dal titolo Il nome di Dio perché il significato più alto non è spirituale ma più ampiamente umano, che parte dall’io e abbraccia il tutto. In questo si inserisce la riflessione sul termine Dio apparentemente ingenua ma che in realtà segna il raggiunto e maturato legame con l’esistenza: Dio come d’io, di me stesso. Un legame che è atto d’amore composto sia di perdita sia di nascita.
Di fronte a queste pagine, da leggersi come un racconto in versi, Bauman torna come eco a ricordarci quanto ogni cosa sia importante, fondamentale, insostituibile. Perfino la perdita, sia essa di un altro o di una parte di noi stessi. Come una delle metafore più riuscite del libro dove l’autore va a trovare un amico il quale gli mostra le formiche della compagna (uno strano vezzo femminile che echeggia in qualche modo la visione dantesca del mondo nel 22° Canto del Paradiso, pur ribaltandone gli esiti). E l’autore vede nelle formiche tanti punti neri che, pur rimanendo solo dei punti, hanno la grandezza delle stelle. Sono quei punti / che misteriosamente fanno scattare una scintilla / che istantaneamente ti collega a tutto l’universo / e ti fa essere parte armonica./ Io questi punti li chiamo miracoli”. Alessandro Canzian
Il nome di Dio
Paolo Maggis
Samuele Editore 2018, collana Scilla
prefazione di Alessandro Canzian
pag. 108
Isbn. 978-88-96526-99-6
12 €