Dopo due anni di ristrutturazioni, la Hayward Gallery di Londra festeggia il suo mezzo secolo con la più grande retrospettiva mai dedicata nel Regno Unito al fotografo tedesco Andreas Gursky (Lipsia, 1955). Tra il grigio delle scale di cemento e il bianco delle pareti dell’edificio brutalista costruito alla fine degli anni Sessanta, 68 fotografie di Gursky ripercorrono la sua carriera artistica, dai primi scatti degli anni Ottanta alle ultimissime opere, mai esposte prima d’ora al pubblico.
Curata dal direttore della Hayward Gallery Ralph Rugoff, prossimo curatore della Biennale Arte di Venezia, in diretta collaborazione con l’artista, la mostra segue un percorso approssimativamente cronologico che va a toccare tutti i temi cardine del pensiero fotografico, e artistico, di Gursky. Secondo Rugoff, Gursky “ha cambiato non solo il vocabolario della fotografia, ma quello della creazione di immaginiin toto (…). Acutamente meditate e composte, le sue fotografie ci portano a riflettere in modo nuovo sul paesaggio sociale contemporaneo.”
Il paesaggio, inteso in senso ampio, è certamente uno dei temi più ricorrenti nella fotografia di Gursky. Paesaggio naturale, paesaggio industriale, paesaggio umano. Nei primi lavori degli anni Ottanta, Gursky indaga il rapporto tra uomo e ambiente, e il modo in cui il paesaggio viene alterato o strutturato dai suoi abitanti. Spesso, nei primi lavori del fotografo tedesco, le figure appaiono in contrasto con l’ambiente circostante, sovrastate da strutture accanto alle quali esse diventano una “perfetta costellazione” di individui de-individualizzati.
Il momento cardine in cui Gursky diventa il Gursky che tutti conosciamo è rappresentato daSalerno del 1990. Contravvenendo i consigli dei suoi maestri – i coniugi Bernd e Hilla Becker – di non fotografare in piena luce solare, Gursky immortala in uno scatto la città Salerno in un pomeriggio inondato di sole. Il risultato è per Gursky totalmente inaspettato e sorprendente: di fronte a lui si rivelava un’immagine complessa, composta da un’accumulazione di automobili e container, dove grande scala e dettaglio minuzioso convivono in perfetto equilibrio. “Allontanandomi dal soggetto utilizzando una luce e un teleobiettivo,” racconta il fotografo, “la composizione dell’immagine diventa piatta, e il primo e il secondo piano si uniscono in un’entità unica.” Per Gursky, questa prospettiva sulla fotografia la rende “democratica”: ad ogni elemento dell’immagine viene conferita la stessa importanza.
Dopo Salerno, la scala delle fotografie di Gursky aumenta fino a sfidare i limiti stessi della stampa fotografica. Gursky inizia ad indagare come la società attuale cerchi di ordinare e strutturare il mondo esterno, e a fare in modo che la fotografia riesca a mostrare questo fenomeno. Durante gli anni Novanta, Gursky fotografa enormi strutture artificiali e luoghi di concentrazione umana, dalla borsa di Tokyo (Tokyo, Stock Exchange, 1990) a edifici popolari di stampo modernista (Montparnasse, 1994), da fabbriche ad altissimo numero di lavoratori e stock di merci (Karlsruhe, Siemens, 1991 e Amazon, 2016) agli spettatori di un famoso festival techno in Germania (May Day IV, 2000/2014). Il risultato non è però una riproduzione fedele della realtà, come potrebbe sembrare ad un primo sguardo distratto. Per Gursky, questa “può essere mostrata solamente costruendola.” Attraverso tecniche di post-produzione, il fotografo di Lipsia crea opere composte da immagini scattate sullo stesso soggetto da punti di vista differenti. Nella celebre 99 Cent (1999), Gursky combina immagini multiple per offrire una visione claustrofobica di un 99 Cent shop, in cui i dettagli di ogni singolo prodotto colpiscono per la loro incredibile, e inquietante, nitidezza di forma e di colore.
Spesso scattate utilizzando una prospettiva aerea, molte delle opere esposte alla Hayward Gallery dimostrano l’approccio pittorico di Gursky alla fotografia. In lavori quali Chicago Board of Trade III (2009), l’uso del colore è funzionale alla creazione di un ordine visivo all’interno di una scena che, senza di esso, apparirebbe completamente confusionaria. In altre opere, in una sorta di moderno paragone delle arti, Gursky crea immagini fortemente pittoriche ed esteticamente paragonabili ai dipinti astratti e minimalisti degli anni Sessanta. Untitled XIX (2015), in cui ettari di terra olandese coperti da tulipani rossi vengono fotografati dall’alto, ricorda più una composizione pittorica astratta che una fotografia vera e propria.
In quello che sembra l’anno della consacrazione di una delle voci più risonanti della cosiddetta “scuola di Düsseldorf” – Andreas Gursky è attualmente in mostra a Gagosian Gallery a Roma e, con un’opera, alla White Cube Gallery di Londra – non resta che attraversare il Tamigi e godersi alcune delle creazioni più belle di uno dei più celebrati fotografi di sempre.
Tutte le informazioni: https://www.southbankcentre.co.uk/venues/hayward-gallery