Nella sua opera emergeva la formazione in geologia e storia naturale, un approccio paesaggistico che sintetizzava verso una lirica astrazione. Fu presente a 5 Biennali di Venezia
All’Università di Copenhagen aveva studiato geologia e storia naturale, e questa sua formazione emergeva variamente nella sua opera, tanto che Klaus Ottmann nel presentare la sua mostra alla Phillips Collection di Washington nel 2012 parlava espressamente di “pittura di storia naturale”. In realtà l’opera di Per Kirkeby, pittore, scultore, scrittore e regista danese scomparso ieri a Copenhagen all’età di 79 anni, era decisamente più strutturata, tanto da farne un protagonista assoluto della scena artistica degli ultimi decenni, seguito da grandi gallerie – a dare la notizia della sua morte è stato Michael Werner – e da inanellare una serie forse da record di partecipazioni alla Biennale di Venezia, la prima nel 1976 e poi ancora nel 1980, 1993, 1997 e 2005).
Nato nella capitale danese nel 1938, Kirkeby aveva studiato alla scuola d’arte sperimentale di Copenaghen, formandosi sulla pittura a olio, la grafica, la cinematografia e sulla performance, frequentando negli anni ’60 l’ambiente di Fluxus e poi stabilendo stretti legami con Joseph Beuys. Ma mantenendo uno stretto legame con la sua vocazione naturalistica, alimentata fra l’altro da diverse spedizioni effettuate nell’Artico. Vocazione che tornava nella pittura, mezzo sul quale finì per concentrare gli sviluppi della sua esigenza espressiva, con un approccio paesaggistico che sintetizzava verso una lirica astrazione. Centrale, nella sua etica sociale, è sempre stata l’attività didattica, che l’ha visto docente prima all’Accademia Artistica di Karlsruhe e poi alla prestigiosa Städelschule di Francoforte. Nel 2009 il suo percorso era stato canonizzato dall’importante Per Kirkeby Retrospective, allestita alla Tate Modern di Londra.