Marina Abramovic e Ulay ancora insieme. Si aggiunge un nuovo -e riepilogativo- capitolo dei due amanti e artisti della performance. Un libro racconterà le memorie di una delle coppie più celebri del mondo dell’arte.
Insieme, ancora una volta. Passioni intense, emozioni al limite, una storia d’amore e di vita che diventa poesia. E dopo una lunga collaborazione artistica, una separazione meditata, repentini rientri, cause legali e scontri verbali, siamo ad un nuovo capitolo. Marina Abramovic e Ulay si ritrovano e collaboreranno insieme alla stesura di un libro che ripercorrerà la vita dei due artisti.
«Ci sono così tanti aneddoti incredibili che la maggior parte delle persone non conoscono. Penso che meritino di leggerle: saranno come fiabe»
Parole e musica di Ulay, che all’inaugurazione della sua ultima mostra alla Boers-Li Gallery di New York ha raccontato come questa decisione sia maturata:
«Marina era ad un’inaugurazione due settimane fa al museo di Bonn. Ero lì anche io e ho anche tenuto un discorso pubblico. Durante il discorso, mi sono reso conto di una cosa: “Ehi, c’è qualcosa che non abbiamo fatto: scrivere le nostre memorie”»
Le storie da raccontare di certo non mancano. I Performers and lovers, come spesso vengono chiamati, hanno alle spalle 12 anni di vita, arte e lavoro condiviso. Pionieri della Performance Art, hanno portato all’estremo le capacità dell’individuo, mettendosi in gioco in prima persona, spesso rischiando la propria salute. Come in Death Self, quando i due sigillarono le loro bocche in un bacio soffocante, che li ha costretti a respirare l’aria emessa dall’altro fino al collasso, giunto dopo 17 minuti. In Rest Energy i due sono in piedi, con i copri tesi e inclinati. Ulay stringe una freccia caricata su un arco che Marina sorregge. La freccia è puntata sul petto di Marina, in un’estrema e pericolosa metafora della forza e del rischio che ognuno di noi investe in una relazione d’amore. Un amore erotico, intenso e dalla duplice lama quello tra i due artisti: in grado di ispirare la loro arte, di provocare il pubblico invitandolo a riflettere, ma anche a consumare le loro stesse esistenze.
Per questo nel 1988 mettono in scena The Great Wall Walk. Una performance di 90 giorni in cui i due, dopo aver percorso l’imponente muraglia cinese partendo dagli estremi opposti, avrebbero dovuto incontrarsi a metà e congiungersi in matrimonio. In realtà all’incontro arrivarono stanchi, per lo sforzo e di una relazione così piena da aver oscurato la loro individualità. Non si vedranno per 22 anni.
Si rivedranno al MoMA di New York, nel 2010, in occasione di The Artist Is Present. Qui Marina Abramovic sedeva ad un tavolo, sfidando il visitatore a mettersi di fronte a lei e perdersi nel suo sguardo. L’artista è imperturbabile: uno specchio, un’occasione per sondare le potenzialità del silenzio e degli occhi. A farla crollare è Ulay, che come un visitatore qualsiasi si siede al tavolo e fissa l’amore della sua vita che cede ogni resistenza, scivolando nel pianto.
Un fugace momento d’amore di una relazione ormai consumata. Ulay denuncerà Marina per delle opere che lei avrebbe venduto come esclusivamente sue, senza versargli la sua parte. La causa è stata vinta da Ulay, che in un mare di tensioni e incomprensioni sembrava essersi staccato definitivamente dalla sua controparte artistica.
E invece li ritroviamo di nuovo, stretti in un progetto letterario che forse non sarà altro che l’ennesima eco di quell’amore straordinario che, sublimato dall’arte, ancora resiste agli anni e al dolore. Per ora non ci sono ulteriori dettagli, ma le parole di Ulay non possono che lasciare ben sperare i sostenitori della coppia:
«Perciò ci incontreremo forse in agosto per stare insieme per 10 giorni o due settimane e lavoreremo su questo manoscritto»