Spenderemo di più in tutto l’ambito culturale, dall’archeologia alla musica al teatro: le prime idee del nuovo inquilino del Mibact. Che senza dirlo chiaro prende le distanze da Franceschini
Fa sfoggio di diplomazia, il nuovo ministro dei Beni e le Attività Culturali e del Turismo, Alberto Bonisoli (si chiama ancora così: ma il turismo non era stato accasato all’Agricoltura?), che alla sua prima uscita pubblica, a Pompei per l’apertura alla stampa del cantiere dei nuovi ritrovamenti nella Regio V degli Scavi, riserva un pensiero al suo predecessore Dario Franceschini. “È un signore, mi ha chiamato venti minuti dopo l’annuncio del mio nome, mi è piaciuta molto quella sua signorilità ed è un modo che mi piace di far politica”. Eppure nel tratteggiare sommariamente le linee guida che informeranno la sua azione di governo pare voler prendere recisamente le distanze da alcuni dei capisaldi dell’ex ministro: “Fare profitto con la cultura non è il mio obiettivo”, afferma infatti, con una mozione che si pone in controtendenza rispetto a quello che forse è stato il più controverso e contestato obbiettivo della riforma Franceschini. Non perché sia sbagliato in termini di principio, aggiungiamo noi, i grandi musei internazionali – Metropolitan, MoMA, Guggenheim – sono vere aziende che producono molti utili: ma perché la tentata riforma pretendeva di gestire questi passaggi con modalità brutali, assegnando ai direttori obbiettivi finanziari che non tenevano conto del contesto, delle strutture in cui si trovano ad operare e della “cultura museale” italiana che non è ancora preparata per queste possibili – e potenzialmente virtuose, ripetiamo – rivoluzioni. “Quello che vedo”, ha precisato Bonisoli, “è che con la cultura si può creare e del buon lavoro. Cerco delle competenze dei ragazzi, professionisti che sappiano fare un mestiere, che lo facciano sul territorio, e che deve essere strutturato nel modo giusto e quindi sto parlando di assunzioni a tempo indeterminato”.
Certo, chi si aspettava di avere spalancate le porte del Bonisoli-pensiero resterà un po’ deluso: “Le mie linee programmatiche le racconterò prima di tutto alle commissioni parlamentari che sono i miei interlocutori diretti e fanno da tramite con tutti i cittadini”, ha tenuto a precisare. Eppure non sono mancati spunti interessanti che lasciano presagire le direzioni sulle quali ci si muoverà: a cominciare dall’unica – confortante – già trapelata nei giorni scorsi, ovvero la ferma decisione nell’impegno ad aumentare il budget complessivo dedicato alla cultura in Italia. Lui aveva “sparato” l’obbiettivo dell’1%, che se si pensa che oggi siamo attorno allo 0,2% appare decisamente irrealistico e sostenerlo alquanto incauto: però una ferma posizione in questo senso potrebbe significare arrivare a quote che già sullo 0,3% sarebbero un grande successo. “Il mondo dei beni e delle attività culturali ha bisogno di più soldi, perdonate se sono diretto”, ha anticipato il ministro. “In passato ci sono stati tagli per trovare risorse economiche. Vogliamo invertire questa tendenza, spenderemo di più in tutto l’ambito culturale, dall’archeologia alla musica al teatro”. Prossimi programmi? “Ho scelto Pompei per la prima uscita pubblica perché questa è una delle eccellenze che abbiamo in Italia, sia per il patrimonio che conserviamo qui, sia per il lavoro fatto in questi anni in termini di fruibilità e valorizzazione. Nelle prossime settimane mi recherò nelle regioni che sono state vittime del terremoto, nelle Marche, in Abruzzo, Umbria e Lazio per visitare questi siti che necessitano di un pochino di attenzione in più e cura particolare in questo momento che per loro è così complicato”.