Installazioni, opere, progetti, performance. Chiamatele come volete, l’importante è che siano “grandi”. Di più: enormi. O comunque, basta che non siano adattabili, inseribili e circoscrivibili nei limitati stand tradizionali della fiera. Macro (capo)lavori per sconfinati spazi. In una parola: Unlimited. L’imperdibile (e impagabile) sezione di Art Basel che quest’anno vanta 72 monumentali progetti, e la sempiterna ormai curatela (settimo anno consecutivo) di Gianni Jetzer (curator-at-Large presso il Museo Hirshhorn e il Giardino delle Sculture a Washington D.C.).
Daniel Buren, Una cosa tira l’altra (2015-2018)
Correva l’anno 2007. Daniel Buren (Francia, 1938) aveva trasformato le scale mobili che portano al piano superiore della Hall 1 in una scultura cinetica intitolata Passage de la Coleur, 26 secondes et 14 centièmes. Ora l’opera è stata acquistata ed è parte integrante della sala espositiva.
Ed è proprio Daniel Buren, presentato dalla galleria Continua, ad aprire la sezione di Unlimited 2018 con Una cosa tira l’altra, una passerella aerea decorata con strisce che richiamano quelle utilizzate nel 2007 per la scala mobile. Grazie a questa piattaforma è possibile navigare nello spazio e osservare dall’alto le opere circostanti da punti di vista totalmente inattesi.
Sam Gilliam, Untitled (2018)
Trenta teli dipinti che invadono un’intera stanza e dividono lo spazio in una serie di volumi simili a labirinti. Impossibile non rimanere incantati dall’opera di Sam Gilliam (U.S.A. 1933) portata da David Kordansky. All’artista è anche dedicata una retrospettiva al Kunstmuseum di Basilea dal titolo The music of color.
Lara Favaretto, Birdman or (The Unexpected Virtue of Ignorance) (2018)
L’effimero e la transitorietà dei coriandoli compressi nella purezza e nella compostezza della forma cubica. Cubi, forme perfette ed imperiture rese vulnerabili dall’estrema volatilità del materiale. Lara Favaretto (Treviso, 1973), portata in fiera dalla Galleria Franco Noero, ci immerge in un trionfo di colori ispirati al film Birdman (2014) di Alejandro González Iñárritu che agli Oscar del 2014 ne ha vinti ben quattro.
Robert Longo, Death Star II (2017-2018)
Una stella morta, trafitta da 40.000 proiettili è l’opera di Robert Longo (New York, 1953) che vuole denunciare la proliferazione di massa delle sparatorie negli Stati Uniti. Può essere considerata come il sequel dell’opera del 1993 Death Star ma rispetto a quest’ultima è più del doppio sia per dimensioni che per numero di proiettili, volendo enfatizzare un aumento degli incidenti negli ultimi 25 anni. Per questo motivo il 20% del ricavato della vendita verrà devoluto ad un’associazione che si occupa di questo problema.
Ai Weiwei, Tiger, Tiger, Tiger (2015)
Tremilaventi frammenti di porcellane provenienti dalla dinastia dei Ming (1368-1644) posti a terra come reperti archeologici appena emersi in superficie. É questa l’opera che ti fa bloccare in mezzo ai padiglioni per ammirarla. L’opera di Ai Weiwei (Pechino, 1957) presentata da Lisson Gallery che parla di iconoclastia e di memoria. Un mare di storia visivamente unificato sotto il segno della tigre, simbolo di coraggio nella tradizione cinese, che diventa metafora della resistenza e della fragilità della memoria storica.
Camille Henrot, Saturday (2017)
König Galerie, kamel mennour e Metro Pictures hanno presentato un film 3D di 20 minuti di Camille Henrot (Parigi, 1978) che proietta gli spettatori nei rituali della chiesa avventista del settimo giorno (SDA) nota per aver battezzato i suoi membri immergendoli completamente nell’acqua per adorare il sabato come giorno sacro.
Rodolfo Aricò, Scena di Mantova (1980)
Sei tele sospese ispirate alla facciata della Chiesa di Sant’Andrea (Mantova) progettata da Leon Battista Alberti. L’installazione di Rodolfo Aricò (Milano, 1930-Milano, 2002) esposta da A arte invernizzi dove l’architettura viene privata della sua funzionalità e riportata alla perfezione originaria della forma.
Jose Yaque, Tumba Abierta III (2018)
Piante, semi, frutti e foglie. Passando per lo spazio di Galleria Continua dedicato all’opera di Jose Yaque (Cuba, 1985) ci si immerge in un archivio trasformato fatto di bottigliette di vetro contenenti elementi naturali, quasi come in un mondo fiabesco. Gli elementi trasmutati dal tempo non perdono né acquisiscono nuove qualità, semplicemente cambiano. L’intrinseca bellezza delle cose, come di noi stessi cambia forma ma non muore.
Georges Mathieu, Hommage au Connétable de Bourbon (1959)
Era il 2 aprile 1959 quando l’artista francese Georges Mathieu salì sul palco del Fleischmarkt Theatre di Vienna e per quaranta minuti dipinse sulla tela accompagnato dai battiti elettroacustici del nonno della techno Pierre Henry. Questa opera è stata riproposta ad Unlimited da Applicat-Prazan.
Alfredo Jaar, A Hundred Times Nguyen (1994)
Una bambina come simbolo dei rifugiati. Una bambina, forse l’unica ancora in grado di smuovere il cinismo del nostro tempo. L’opera di Alfredo Jaar (Santiago del Cile, 1956) è formata da 24 stampe che raffigurano una bambina fotografata durante la visita dell’artista ai campi di detenzione per profughi vietnamiti a Hong Kong. A Hundred Times Nguyen è stata presentata da Goodman Gallery, Lelong, kamel mennour e Thomas Schulte.
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