Johan & Levi Editore pubblica la biografia di Richard Rogers “Un posto per tutti. Vita, architettura e società giusta”.
Questa sera, mercoledì 20 giugno, alle ore 18.00 lo stesso autore sarà all’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti – Palazzo Franchetti di Venezia per una conversazione con Mario Cucinella, titolare dello studio Mario Cucinella Architects e curatore del padiglione Italia alla 16. Mostra Internazionale di Architettura. Modera Manuel Orazi. Book signing a seguire.
Uno dei più innovativi e visionari architetti della sua generazione, Richard Rogers ripercorre la propria vita e carriera, dal Centre Pompidou di Parigi al Lloyd’s Building di Londra, dal progetto del Palazzo di Giustizia di Bordeaux all’ampliamento dell’aeroporto di Marsiglia. E propone una visione di come le nostre città potrebbero essere più creative, belle e sostenibili.
Richard Rogers nasce nel 1933 a Firenze in una famiglia colta e cosmopolita: il padre Nino è un medico cresciuto a Venezia e la madre Dada, triestina, un’amante dell’arte, allieva di James Joyce che le ha insegnato l’inglese. Nel 1938, con la guerra alle porte, la famiglia si trasferisce in Inghilterra e abbandona l’appartamento fiorentino con i suoi arredi eleganti – disegnati dal cugino Ernesto Nathan Rogers – e la vista sulla cupola del Brunelleschi per una camera in una pensione a Bayswater, con il contatore a monete per il riscaldamento e la vasca dentro un armadio. C’è il razionamento e Londra è fredda e grigia, avvolta dal fumo di migliaia di stufe a carbone. E così la vita passa al bianco e nero: per fortuna la madre veste abiti in tinte vivaci, che gli rimarranno impressi per sempre nella memoria.
All’età di diciassette anni Rogers inizia a viaggiare da solo. «Ero piuttosto avventuroso», scrive. «Ho corso insieme ai tori a Pamplona, ho schivato i controllori aggrappandomi fuori dai vagoni e ho passato una notte nelle celle di San Sebastián dopo essere stato arrestato dalla Guardia Civil franchista per aver nuotato nudo in mare». Concluso il college e senza alcuna idea sul suo futuro, Rogers si arruola nell’esercito per il servizio di leva e grazie alla sua conoscenza dell’italiano viene trasferito a Trieste, all’epoca sotto il controllo militare inglese e americano. Il nonno Riccardo, dirigente delle Assicurazioni Generali, gli regala un abbonamento al teatro lirico – inaugurando una passione per l’opera che dura ancora oggi – e nei fine settimana Rogers può andare a trovare la famiglia a Villa Geiringer. Ma stare a Trieste significa anche vedere molto più spesso Ernesto Nathan Rogers e cominciare a lavorare nel suo studio bbpr a Milano durante qualche licenza, con incarichi modesti.
Fresco di laurea alla Architectural Association School di Londra, Rogers vola negli Stati Uniti per completare la propria formazione a Yale. È qui che incontra Norman Foster con cui darà vita – insieme alla prima moglie Su e a Wendy Foster – a Team 4, al quale si deve il progetto della Reliance Control Factory a Swindon, una fabbrica ispirata alla “leggerezza” tipica delle costruzioni americane in acciaio, paradigmatica del nascente filone high-tech. Yale apre la porta a nuove influenze, sia dentro quell’incubatrice che era l’Arts Building, sede temporanea della scuola di architettura e capolavoro brutalista di Paul Rudolph, sia fuori. Girando per gli Stati Uniti e il Messico Rogers partecipa alle lezioni di Louis Kahn, che parla con afflato lirico della natura dei materiali e del rispetto che gli architetti gli dovevano, del rapporto tra architettura e musica, tra spazio e silenzio; studia le linee orizzontali e la struttura organica degli edifici progettati da Frank Lloyd Wright; contempla l’architettura aperta della Eames House a Los Angeles; si lascia influenzare dalla sensibilità progettuale di Rudolph Schindler e Raphael Soriano.
«Avevo visto i colori vivaci della California e delle Case Study Houses; avevo visto come veniva usato il colore nell’architettura industriale: per indicarne l’utilizzo, per distinguere gli elementi o segnalare i pericoli.» È l’inizio di una lunga carriera dedita allo studio dei fenomeni sociali, alle ricerche sulle tecnologie ambientali, all’impiego di soluzioni strutturali ed energetiche flessibili, che consentono sia la sostituzione di singoli elementi sia la variazione di destinazione d’uso degli edifici, in continuità con alcuni princìpi del Modernismo.
Scienziato e artista, Rogers sostiene che i migliori progetti non nascono semplicemente dalle richieste del committente, ma da un lavoro di squadra che cerca di rispondere a problematiche culturali più ampie: il Centre Pompidou realizzato con Renzo Piano, una delle opere più iconiche della storia museale contemporanea, è un grande contenitore culturale aperto verso la città, «un posto per tutti, giovani e vecchi, poveri e ricchi, di ogni religione e nazionalità, un incrocio tra la vitalità di Times Square e la ricchezza culturale del British Museum». Il Lloyd’s Building è una macchina destinata a ospitare operazioni finanziarie, ma anche una precisa espressione di tale attività. La sede del Parlamento del Galles contiene una piazza pubblica coperta con caffè, sale congressi e una galleria che permette ai cittadini di osservare dall’alto la sala assembleare dove i loro rappresentanti prendono le decisioni. Il Palazzo di Giustizia di Bordeaux ripensa l’intera funzione dell’architettura giudiziaria e illustra il ruolo della giustizia all’interno della società, come una scuola di giurisprudenza e non come una cittadella da delitto e castigo.
In parte memoir e in parte manifesto, il libro abbraccia una lunga esistenza creativa, integrando il racconto dei più grandi progetti di Rogers, le battaglie contro funzionari pubblici, politici e persino contro il principe Carlo con il ricordo delle persone, dei luoghi e dei momenti che hanno influenzato il suo modo di essere e di pensare, e include un ricco apparato iconografico con trecento fra disegni, fotografie a colori e case studies.
Scritto a quattro mani con Richard Brown, direttore di ricerca presso The Centre for London, un think tank indipendente dedicato allo sviluppo di soluzioni innovative per la capitale inglese, il libro prende spunto dalla grande retrospettiva del 2013 alla Royal Academy of Arts “Inside Out”, che ripercorreva la carriera di Rogers dagli esordi ai progetti su vasta scala dello studio Rogers Stirk Harbour + Partners.
Mario Cucinella è il curatore del Padiglione Italia alla 16. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia dal titolo “ARCIPELAGO ITALIA. Progetti per il futuro dei territori interni del Paese”. L’iniziativa, promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, concentra la sua attenzione sullo spazio urbano che corre lungo la dorsale italiana, dall’Arco Alpino, lungo l’Appennino, sino nel Mediterraneo, proponendosi come un manifesto che indica possibili strade da percorrere per il rilancio dei territori interni. Un viaggio verso il futuro indagando lo stato di fatto attraverso una riflessione su temi di attualità come le periferie, il post terremoto, gli scali ferroviari e la mobilità, la sostenibilità e la creatività contemporanea, in linea con il lavoro svolto dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del MiBACT.
Manuel Orazi lavora per la casa editrice Quodlibet ed è docente presso l’Università degli Studi di Ferrara. Ha pubblicato, insieme con Yona Friedman, The Dilution of Architecture, a cura di N. Seraj. Scrive su Il Foglio, Rivista Studio, Icon Design e Domus.
Giovedì 21 giugno Richard Rogers sarà ospite dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze per una lectio magistralis al termine della quale firmerà per il pubblico copie dell’edizione italiana del libro.