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Manifesta. Qualche buon motivo per andare a Palermo (e altri per non andarci)

Una scheletrica tettoia in un cortile di via Maqueda, a Palermo Una scheletrica tettoia in un cortile di via Maqueda, a Palermo
Una scheletrica tettoia in un cortile di via Maqueda, a Palermo
Una scheletrica tettoia in un cortile di via Maqueda, a Palermo

Vince la città ospite, vince la capacità dell’arte contemporanea di mobilitare una società, vince qualche artista (italiano). Ma il vero centro dell’attenzione, l’offerta artistica, promette molte delusioni

PERCHÉ ANDARE

Per Palermo. Non servono certo spunti particolari per giustificare il piacere di perdersi per questa sensuale città, per lasciarsi sedurre dalla sua temperatura (non solo climatica), per scoprire a ogni angolo un nuovo unico incrocio stilistico, un lembo di storia che cresce di fascino nell’incuria, nella stratificazione disordinata, nella casualità compositiva. Serve semmai l’occasione, visto che a Palermo ci si deve andare appositamente: e questa occasione Manifesta la fornisce, arricchendola di opportunità straordinarie, aprendo palazzi normalmente celati alla vista, costringendo il visitatore a cercare quell’oratorio appartato, sguinzagliandolo forzosamente per un tessuto che gli mette davanti scorci mozzafiato (come la scheletrica tettoia che vedete nella foto sopra, in un qualunque cortile di via Maqueda).

MASBEDO, Archivio di Stato, Manifesta 12, Palermo
MASBEDO, Archivio di Stato, Manifesta 12, Palermo

Per l’arte contemporanea. Senza entrare nel merito, con Manifesta – e non scordiamolo, con Palermo Capitale Italiana della Cultura – si riesce a sperimentare quanto l’arte contemporanea riesca a penetrare nei diversi strati della società, su diversi livelli. Una mobilitazione generalizzata, e per niente diffusa su questi livelli, che coinvolge le istituzioni pubbliche e private, ma coinvolge anche gli operatori turistici e commerciali, fino ai tantissimi giovani che hanno l’opportunità di lavorare in un contesto culturale. Immaginate in tutte le sedi ufficiali e nella miriade di Collateral quanti ragazzi lavorano solo come guardiani?

Sacrosanctum, Oratorio di San Mercurio, Palermo
Sacrosanctum, Oratorio di San Mercurio, Palermo

Per alcuni (non troppi) progetti espositivi. Soprattutto italiani, aggiungiamo con orgoglio. In un panorama di “offerta artistica” non propriamente esaltante (ne abbiamo già parlato, torniamo a farlo qui sotto) brillano – inseriti negli eventi collaterali – per una volta gli artisti connazionali, pur se ampiamente proiettati su scenari globali: da Alterazioni Video, che forse proprio in questa occasione danno compiutezza ad un progetto come “Incompiuto” a cui lavorano da molti anni e che qui si “laurea” come uno dei migliori prodotti in anni recenti dall’arte italiana, ai Masbedo, con il doppio intervento a Palazzo Costantino e nei fascinosi ed evocativi spazi dell’Archivio di Stato. Fino ad Adalberto Abbate, che cura – assieme a Maria Luisa Montaperto – Sacrosanctum, coinvolgendo tanti artisti in un progetto espositivo con forte connotazione etica declinata alla salvaguardia e al recupero del bellissimo Oratorio di San Mercurio.

PERCHÉ NON ANDARE

Manifesta 12, Tania Bruguera
Manifesta 12, Tania Bruguera

Per l’arte contemporanea. E qui invece entriamo nel merito, anzi ci torniamo dai giorni scorsi: se immaginate di correre a Manifesta per scovarvi nuovi fermenti creativi, nuove modalità di approccio a tematiche che obbligatoriamente lambiscono molto da vicino le urgenze sociali, o anche per scoprire qualche singolo genio fino ad ora confinato nei disordini sudamericani, o nelle contraddizioni orientali, sarete invariabilmente delusi. Quando l’arte come troppo spesso a Palermo diventa prevedibile, perde una delle sue nodali ragion d’essere: e qui il clima di déjà-vu è pervasivo, il politicamente corretto diventa regola insormontabile, l’ingaggio sociologico usa termini tanto stantii da sfociare spesso nel comico.

Berlinde de Bruyckere, Chiesa di Santa Venera, Palermo
Berlinde de Bruyckere, Chiesa di Santa Venera, Palermo

Per alcuni progetti espositivi decisamente deludenti. Molti attendevano di vedere l’arte dentro la perla di Palazzo Costantino, ai Quattro Canti, ma in realtà l’edificio pesantemente diroccato presta a manifesta soltanto il cortile, un pezzo di scalone e qualche localetto a pianoterra. Anche l’Orto Botanico offriva alla Biennale uno scenario che chiedeva solo di far da cassa di risonanza di ciò che ci sarebbe entrato: ma Manifesta anche qui ha toppato, con ideuzze gracili che spariscono del tutto davanti alle magnificenze naturali. Riesce a deludere – fra i Collateral – anche una grande come Berlinde de Bruyckere, che in omaggio alla location della Chiesa di Santa Venera sperimenta nuovissime composizioni post-poveriste abbastanza fuori tempo e del tutto avulse dal suo straordinario ed originalissimo percorso scultoreo.

Per la (dis)organizzazione disarmante. Va bene la complessità di gestire un meccanismo articolatissimo come Manifesta, va bene la concitazione dei giorni di vernissage (quando noi l’abbiamo visitata): ma non sfugge l’approssimazione che spesso porta al visitatore problemi anche pesanti. Come inviarlo per un’inaugurazione all’indirizzo di un certo “Palazzo Oneto”, quando in realtà in quel momento si sta brindando presso tutt’altro “Palazzo Oneto” e in tutt’altra zona della città. E questo è soltanto un esempio…

http://m12.manifesta.org/

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