Alla Fondazione Carriero di Milano, a dieci anni dalla scomparsa, si celebra con un’importante retrospettiva Sol LeWitt (Hartford, 1928 – New York, 2007).
“Sol LeWitt. Between the Lines” si presenta come una mostra fondata sulle relazioni tra arte e architettura e ripercorre l’intera carriera dell’artista -che per primo nel 1967 coniò il termine di arte “concettuale”, sancendo così il primato dell’idea sull’esecuzione- attraverso un nutrito corpus di opere tra cui i celebri Wall Drawings, le sculture e anche una serie fotografica.
Organizzata in stretta collaborazione con l’Estate of Sol LeWitt e curata da Francesco Stocchi e dall’architetto Rem Koolhaas, la mostra esplora l’attività dell’artista in un contesto spaziale del tutto particolare. La quattrocentesca Fondazione Carriero è, infatti, un edificio privato di Milano interamente costruito in mattoni di cotto, i cui interni sono stati riadattati nel 1991 da Gae Aulenti. È in questo spazio che le opere di LeWitt si adattano, creando un percorso che si fa esperienza e dialogo, perché la forza dell’esposizione sta nella volontà di superare quella frattura che tradizionalmente separa l’arte dall’architettura.
Le opere d’arte, principalmente structures e wall drawings seppur diversificate, si rapportano tra di loro e con il contesto: la peculiarità degli spazi della Fondazione è il punto di partenza per la resa visiva. L’architettura quattrocentesca sembra infatti piegarsi alle esigenze allestitive dei wall drawings, mettendo in crisi il concetto di site-specific: incuranti dell’ambiente e delle sue caratteristiche, attraversano porte e pareti senza essere condizionati dalla specificità del luogo in cui si sviluppano.
Nella realtà le opere di LeWitt non possono essere considerate né sculture, né opere pittoriche né strutture architettoniche, ma sono piuttosto delle forme inserite nello spazio, disseminate lungo un percorso irregolare che crea un dialogo tra pattern bidimensionali e installazioni tridimensionali. Il percorso espositivo si fa così paradigmatico nell’esplorazione della relazione tra il lavoro dell’artista e l’architettura, rivelando la pluralità degli interessi di LeWitt, che ha saputo spaziare, nel corso della sua attività artistica, dal concettualismo al minimalismo, tra geometrie rigorose e libere interpretazioni delle regole dei suoi moduli.
Le protagoniste di quest’esposizione sono dunque le forme, nella loro essenza primaria: cubi, piramidi, colonne e linee che nella loro regolarità geometrica si rendono trasformabili in pattern e replicabili in un numero infinito di forme bianche, nere o colorate. Nasce così una nuova armonia tra la superficie bidimensionale e la figura tridimensionale, in un percorso che mira alla ridefinizione del rapporto tra opera d’arte e architettura, cercando di ribaltare il concetto di site specific. L’opera viene ad inserirsi così in un luogo senza essere necessariamente pensata per esso.
Le piccole e grandi stanze del quattrocentesco Palazzo Parravicini, sviluppato su tre piani, accolgono sette Wall Drawings, sedici sculture e la serie fotografica “Autobiography” e compongono un mosaico dinamico che il visitatore fruisce in una sorta di promenade architectural dove la potenza dell’allestimento si scopre pian piano. Tutto è pensato attraverso la ridefinizione dello spazio nel quale il palazzo stesso e le opere, sia bidimensionali che tridimensionali, si costituiscono parte unitaria di un’esperienza artistica, dove, grazie a punti di vista prospettici studiati, l’insieme degli elementi viene percepito come un’opera d’arte totale.
Da questa mostra non emerge un LeWitt ideatore di sole griglie; ogni stanza conserva, in un’atmosfera neutra, opere diversificate: si possono ammirare le strutture modulari bianche degli anni Sessanta e Settanta, quelle dei primi anni Sessanta focalizzate sul rapporto tra scultura e piedistallo, un doppio wall drawing in dialogo, quello sulla parete e quello sulle superfici di un enorme scultura poligonale. Ogni stanza crea un particolare e unico rapporto con l’opera o le opere che ospita, in un dialogo presente, ma silenzioso.
Arte e architettura mai così vicine dunque: il percorso espositivo sottolinea l’idea di LeWitt per cui il ruolo dell’artista non è poi molto diverso da quello dell’architetto: entrambi hanno, infatti, il compito di formulare un progetto, la cui esecuzione sarà poi affidata a chiunque, purché si rispettino le istruzioni stabilite. È seguendo questa direzione che viene attribuito maggior rilievo al concetto e al processo rispetto all’oggetto. Artista e architetto sono, pertanto, legati non solo dall’affinità nella progettualità delle idee, ma anche dalla capacità che hanno di rimodellare lo spazio.
Camminando tra le varie stanze della Fondazione Carriero emerge la personalità di un artista, seppure da sempre interessato a strutture seriali e forme geometriche pure, in grado di ideare opere profondamente emozionanti, su tutte quella ospitata nell’ultima stanza: uno spettacolare wall drawing su specchio a pennarello, che inquadra il riflesso degli affreschi della sala e dell’ultima struttura stalagmitica, 8x8x1, speculare a quella del piano terra.
Un dialogo fuori dal tempo, che immortala una visione assoluta e al tempo stesso affronta l’idea stessa di opera contemporanea, nella decisiva relazione con lo spazio.
Informazioni utili
Sol LeWitt. Between the Lines
Fondazione Carriero, via Cino del Duca, 4, 20122 Milano
Dal 17 novembre 2017 al 24 giugno 2018