La Fundação de Serralves, ospita Robert Mapplethorpe: Pictures la prima retrospettiva in Portogallo dedicata al fotografo newyorkese. Fino al 6 gennaio 2019.
Dai ritratti erotici alle nature morte, compresi i pressoché inediti readymade degli esordi. Oporto. Fra gli anni Sessanta e Settanta il corpo e, più ancora, il sesso, conoscono una fase di profonda liberazione, e con la sua opera fotografica Robert Mapplethorpe (1946-1989) ne racconta la definitiva consacrazione all’interno di una società senza più limiti, nell’ultimo quarto del Novecento. Dopo l’umiliante sconfitta militare subita in Vietnam, gli Stati Uniti cercavano a ogni costo una strada per ripartire, per ritrovare quella fiducia che resisteva dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Sulla scia degli anni Sessanta, continuavano gli eccessi, New York in quegli anni si guadagnò la fama di “città che non dorme mai”, e il giovane Mapplethorpe vi trovò l’ispirazione per raccontare una società che non era più quella idealista di dieci anni prima -quando aveva mosso i primi passi al college-, bensì violenta, conflittuale, fondamentalmente confusa.
L’edonismo, di cui l’Amministrazione Reagan farà di lì a poco un vero e proprio programma governativo, nacque in quegli anni difficili, prese le mosse dalla cocaina e dalla liberazione dei costumi. La sessualità, o meglio la sua ostentazione, caratterizzano l’approccio fotografico di Mapplethorpe, il suo bianco e nero possiede una forza espressiva pari a un romanzo di Bret Easton Ellis; come lo scrittore losangelino, anche lui unisce sesso, atmosfere patinate, trasgressione, ostentazione quasi rabbiosa.
La sessualità è il fondamento della personalità umana, è attraverso di essa che si raggiunge la conoscenza di sé, delle proprie potenzialità, e il piacere che deriva dal sesso rappresenta un mezzo non solo di edonismo, ma anche di superamento della distanza fra esseri umani. Nell’America degli anni Settanta e Ottanta, la cosiddetta X Generation annega nella solitudine, cerca se stessa trascinandosi da un locale all’altro, mentre le minoranze etniche, in particolare quella afroamericana, ancora subiscono gli effetti del razzismo.
A differenza di Nan Goldin, che documenta gli eccessi newyorkesi fra coca-party e orge improvvisate in squallidi appartamenti di Queens o del Bronx, Mapplethorpe utilizza un approccio assai più distante e raffinato, costruendo in studio ogni singola fotografia, studiandone i migliori effetti di luce, i contrasti, le proporzioni prospettiche.
Così facendo, suggerisce un mondo e le sue problematiche, e per farlo sceglie il bianco e nero, evitando scene di vita reale o foto di gruppo, al contrario preferendo ritratti singoli, realizzati con un’estetica che ricorda la statuaria greco-romana, così come quella rinascimentale di Michelangelo, ma solo a livello estetico; perché se il David è il simbolo della forza dell’ingegno (di cui i muscoli sono metafora), i robusti soggetti di Mapplethorpe richiamano sì l’armonia estetica classica e rinascimentale, ma non ne possiedono quella concettuale. Quelli non furono gli anni del pensiero, bensì della superficialità, nulla di più lontano da quanto l’epicureo Michelangelo infondeva nei suoi marmi.
C’è però, anche nei ritratti erotici di Mapplethorpe, qualcosa che va oltre l’ostentazione del corpo come prova di forza; ritraendo per primo uomini di colore in fotografie patinate, rimarca la questione razziale e rompe la barriera del pregiudizio. Il bianco e nero di Mapplethorpe è più espressivo di un arcobaleno, definisce il corpo e la sua armonia geometrica, e insieme ne esalta certe caratteristiche anatomiche, le quali perdono qualsiasi elemento di volgarità, mostrandosi al pubblico in una forma di mediata accettabilità. La composizione di Mapplethorpe è costantemente geometrica, rivelatrice della profonda influenza che lo studio delle avanguardie artistiche del Novecento ebbero su di lui, negli anni del college, una fase che la mostra della Serralves permette di conoscere e apprezzare grazie alla presenza di alcuni readymade dai quali si comprende lo studio di Duchamp, ma anche dei collage cubisti di Braque e Picasso.
Ma il lavoro di Mapplethorpe possiede una forte originalità nell’approccio: l’individuo è prima di tutto il suo corpo, che a sua volta è il principale veicolo di edonismo; è questo l’aspetto principale degli USA degli anni Ottanta, che ben presto assunse carattere di drammatica decadenza. Persino la natura morta, incentrata sui fiori, diviene metafora degli organi sessuali maschili e femminili (un po’ come per i gelsomini di Giovanni Pascoli), e ognuno dei 179 scatti in mostra (che includono persone comuni, ma anche celebrità quali Richard Gere, Patti Smith, Susan Sarandon, Arnold Schwarzenegger), sono altrettante icone di un periodo storico controverso.
Appena al di là delle immagini patinate di Mapplethorpe si stende un mondo desolato fatto di eccessi, incoscienza, alcolismo, AIDS, prostituzione, e il desiderio di consumare l’esistenza “ad alta velocità”. Molti dei protagonisti di quegli anni sono scomparsi prematuramente, così come lo stesso Mapplethorpe, ad appena 43 anni. Sono stati anni controversi, che hanno mostrati i limiti di tante cose: da quelli di uno stile di vita troppo disinvolto, a quelli di un’economia troppo legata al mercato azionario e alla speculazione. Per un attimo, è parso che tutto fosse facile, che sempre ci fosse un’ancora di salvezza per qualsiasi impresa spregiudicata.
Così non è, tuttavia il meccanismo avviato in quegli anni è ancora in movimento, e se all’epoca Mapplethorpe poteva apparire scandaloso, oggi è consegnato alla storia, sopravanzato da esibizioni di sessualità assai più estreme di quelle da lui fotografate, anche se non necessariamente più intelligenti. Come Warhol e Basquiat, anche Mapplethorpe ha raccontata una società problematica, in un certo senso in crisi di identità, fondamentalmente annoiata, conflittuale, che trova nell’estetica un effimero conforto.
Informazioni utili
MAPPLETHORPE: PICTURES
Fundação de Serralves, rua D. João de Castro, 210 4150-417 Porto, Portugal
Fino al 6 gennaio 2019
Curata da João Ribas e Paula Fernandes
In collaborazione con la Mapplethorpe Foundation di New York
*Robert Mapplethorpe, Self Portrait, 1980. © Robert Mapplethorpe Foundation.jpg