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Utopia e attualità: la terza edizione della Biennale di Coimbra

Julius von Bismarck, Landscape Painting, 2015 Bienal de Coimbra 2019 © Jorge das Neves
Erika Verzutti, Mineral, 2019. Bienale de Coimbra 2019 © Jorge das Neves

Nella capitale culturale del Portogallo è in corso fino al 29 dicembre 2019 A Terceira Margem, terza edizione della Biennale di Coimbra diretta da Carlos Antunes, con la curatela di Agnaldo Farias con Lígia Afonso e Nuno de Brito Rocha

All’ombra di antichi conventi e imponenti cattedrali, una Biennale dinamica, impegnata, aperta la confronto e alla sperimentazione, fortemente voluta e sostenuta dalla Camara Minicipal de Coimbra. Tutte le mostre a ingresso gratuito, per un appuntamento culturale che coinvolge l’intera città.

“Tutto è imperfetto, non c’è tramonto così bello da non poterlo essere di più”. È in questa frase di Ferdinando Pessoa che si può ritrovare lo spirito di ricerca, la curiosità per il nuovo e la determinazione al confronto di una Biennale che, pur essendo giunta appena alla terza edizione, già dimostra una sua forte identità. Puntando su un numero relativamente basso di artisti, 39, la maggioranza dei quali non supera i quarant’anni, Carlos Antunes e Agnaldo Farias, rispettivamente direttore curatore principale, hanno costruita una Biennale che spazia fra differenti discipline, suggerisce riflessioni in retrospettiva e insieme guarda al futuro, è sospesa fra metafora e realtà, intrisa di quel “realismo magico” che è la forza della letteratura lusitana e brasiliana. E cospicua è la presenza di artisti da oltreoceano.

João Gabriel, Untitled, 2019, Bienal de Coimbra 2019, courtesy of Lehmann + Silva Gallery, Porto © Jorge das Neves

Il titolo scelto dal curatore Farias, A Terceira Mergem (la terza riva, in portoghese, mutuato da una frase dello scrittore João Guimarães Rosa) sta a indicare la metaforica apertura di un nuovo punto d’approdo in città, oltre alle due rive del Mondego; la Biennale stessa, appunto, che ha saputo stabilire con la città e la comunità una stretta relazione, utilizzando spazi cittadini istituzionali e monumentali, dall’ex convento di Santa Clara all’Università. O ancora, una terza dimensione oltre lo spazio e il tempo, alla ricerca dell’essenza dell’anima.

Da sottolineare come gli allestimenti di ogni singola mostra siano pertinenti e funzionali ai differenti spazi, creando una profonda interazione fra le opere e l’ambiente. Una Biennale decisamente site specific, profondamente legata alla città cui porta un indiscusso contributo di crescita civile e intellettuale.

Meriç Algün, The Library of Unborrowed Book, 2019. Colégio da Artes, Bienale de Coimbra 2019

Arte contemporanea, architettura, emergenza climatica, poesia, filosofia, letteratura, ma anche storia. A quarantacinque anni dalla Rivoluzione dei Garofani che pose fine al regime di Salazar, la Biblioteca Generale Universitaria ospita Dialogo del silenzio, curata da Filipa Alfaro, Ines Teles Carvalhal e Miguel Mesquita: una mostra documentaria e istallativa di riflessione sui corsi e ricorsi storici, sulla possibilità che le tensioni del passato tornino di tragica attualità; le divisioni che attraversano l’Europa del III Millennio, i rigurgiti di nazionalismo, possono far temere una deriva autoritaria, e restaurare un clima simile a quello del Portogallo della dittatura. Da un altro punto di vista, ricorrendo anche i cinquant’anni dalle prime manifestazioni di universitari contro il regime, la mostra celebra anche la forza della cultura e dell’arte come fucine del pensiero critico e della democrazia, ricordando come dopo appena cinque anni il Portogallo divenne un Paese libero. Con documenti d’epoca quali fotografie, riviste, giornali, manifesti, oltre a istallazioni site specific, la mostra s’incastona con eleganza in questo tempio della cultura cittadina.

L’esposizione principale, A Terceira Mergem, si sviluppa su molteplici sedi, a cominciare dall’ex convento di Santa Clara, successivamente convertito in istallazione militare e infine abbandonato. Recuperato con la Biennale, è uno spazio suggestivo dalle molteplici atmosfere, sacre e profane, in cui trovano posto artisti dai differenti linguaggi, ma accomunati dalla ricerca formale. Combinando acciaio, polistirene, cera, fibra di vetro, polistirene e cartapesta, la brasiliana Erika Verzutti costruisce in Mineral (2019) un mondo che è vegetale e spirituale insieme, suggerendo forme biomorfe così come primitive steli funerarie, dove è implicito il richiamo alla stretta relazione fra umanità e natura.

Julius von Bismarck, Landscape Painting, 2015 Bienal de Coimbra 2019 © Jorge das Neves

Parte dalla natura anche Landscape Painting, la video istallazione di Julius von Bismarck, in cui un’area di deserto e una di foresta, in Messico, vengono prima verniciate di bianco e poi riverniciate con i colori “originali”. Un lavoro di iperrealismo che fa riflettere sull’impatto dell’uomo sulla natura, ma anche sulla problematica di cosa sia reale e cosa invece lo sembra soltanto. In epoca di fake news, la provocazione è assai interessante.

L’approccio della Biennale 2019 è votato anche alla ricerca e all’attualità geo-antropologica, per merito dell’attenta curatela generale di Farias, che ha scelto artiste dall’indubbia forza espressiva e concettuale. ABC of Life (2019) l’istallazione site specific di Anna Boghiguian, esposta presso il Círculo de Artes Plásticas, è una sorta di fondale teatrale intriso di coscienza civile e ambientale, suddivisa in più capitoli narrativi,che a tratti ricorda Guernica per l’impostazione scenica e la sofferenza delle forme antropomorfe e zoomorfe, e affronta questioni urgenti come le migrazioni e il neocolonialismo, lo sfruttamento ambientale e il razzismo. Susan Hiller propone invece The Last Silent Movie, un documentario concettuale del 2017, costruito con frammenti di lingue e dialetti del mondo scomparsi o comunque destinato a esserlo in pochi anni. Voci e parole destinate al silenzio, un patrimonio da salvare per salvare l’identità della stirpe umana.

O dialogo do Silencio. Biblioteca Geral da Universidade de Coimbra, Bienal de Coimbra 2019

La parola ancora al centro della riflessione, in ShipShape, mostra collaterale curata da Tomás Cunha Ferreira nella sede distaccata del Círculo, e dedicata alla poesia visiva. Né parola né pittura, ma appunto una “terza via”, metaforica architettura dell’anima. Una collettiva in cui artisti differenti fra cui John Cage, Giovanna Sandri, Paul de Vree, Muriel Leray, lo stesso Ferreira, si confrontano sulla concretezza della parola, sulle sue possibilità strutturali e comunicative.

Al Colégio da Artes, altra sede distaccata, spiccano The Library of Unborrowed Book, di Meriç Algün e la serie Senza titolo di João Gabriel. La prima è un’istallazione composta da una grande libreria piena di quei libri che, alla Biblioteca Universitaria non sono mai stati chiesti in prestito. Sorprende trovarvi i nomi di Oscar Wilde, Virginia Woolf, e persino Ferdinando Pessoa. Un invito a riflettere su un pericoloso sintomo di allontanamento dalla cultura che potrebbe poi causare quegli scenari autoritari paventati da Dialogo del silenzio. Perché la cultura è innanzitutto libertà. Invece, João Gabriel, la cui pittura trae ispirazione del primitivismo di Gauguin, indaga gli aspetti ancestrali della sessualità umana e del rapporto primigenio con la natura. Una pittura espressiva e carnale, che scava nell’essenza dell’anima umana.

Anna Boghiguian, ABC of Life, 2019 Bienal de Coimbra 2019 © Jose Cruzio

La Biennale di Antunes e Farias ha però anche un volto utopista e umanista, come si addice a una città intellettuale quale è Coimbra. Il già citato convento di Santa Clara ospita le maquette in grande scala di due progetti che un team di architetti ha realizzato per un possibile crematorio da realizzare in città, stante l’alto tasso annuale di cremazioni in Portogallo. Una dinamica della società che deve essere affrontata nel miglior modo possibile, in armonia con la città e la sua storia. Il convento di Santa Clara è uno dei luoghi proposti per integrarvi il crematorio, ipotesi affascinante ma poco praticabile. Ma non è questo che conta, l’essenziale è aprire il dibattito.

Legate invece alla tradizione dei chiostro religiosi e dei giardini chiusi, le due istallazioni Hortus Conclusus, che riproducono due spazi naturali, geometricamente ordinati, luoghi d’armonia dove si tengono incontri e workshop a margine della Biennale. La partecipazione del pubblico è infatti costante e su grandi numeri, cosa che premia il lavoro della direzione e della municipalità su un progetto che unisce il Portogallo all’Europa e al Sud America.

 

anozero-bienaldecoimbra.pt

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